“The master of us hall”. Così lo aveva definito Christian Dior. Così è nella storia della moda e del costume Cristobal Balenciaga Eizaguirre. “Il maestro di tutti noi”, dove per “Noi” s'intende la crema della moda internazionale, da Chanel a Dior, da Givenchy a Courréges.
Cristobal nasce nel 1895, sulle coste basche di Getaria, da una modesta, ma rispettata, famiglia: il padre, pescatore, muore quando lui ha 11 anni e la madre, sarta, diviene colei che lo inizia al taglio e al cucito. “Il solo vero couturier” (così disse di lui Chanel) perché l'unico in grado di disegnare un abito, tagliare il tessuto e cucirlo perfettamente.
Tra i clienti della mamma vi sono i marchesi di Casa Torres e sarà la marchesa Blanca Carrillo de Albornoz y Elio, dopo averlo visto all'opera nel riprodurre perfettamente un suo tailleur di Poiret, che patrocinerà l'arrivo del giovane Cristobal a Madrid presso le sartorie più in voga dell'epoca.
Nel 1907 è già accreditato a San Sebastián nei laboratori artigiani che più respiravano la moda parigina. In questa città, all'età di 22 anni, crea la C. Balenciaga, sua prima “maison de couture”, al n. 2 di via Vergara. Dopo un anno associa all'attività le sorelle Lizaso e ne muta il nome in Balenciaga Cía: società limitata con un tempo determinato di 6 anni. Successivamente si trasferisce al n.2 della Avenida di San Sebastián dove vi resta fino al 1937 anno in cui, a causa della guerra civile spagnola, è costretto a chiudere e a trasferirsi a Parigi al numero 10 di Avenue George V.
Nel marzo del 1927 Cristobal diversifica la sua attività e apre una seconda casa di moda intitolata alla madre, Martina Robes et Manteaux, al 10 di Calle Oquendo. Qualche mese dopo la ribattezza EISA Costura sempre ispirato dal nome materno Eizaguirre. Questa seconda attività verrà delocalizzata nel 1933 a Madrid e poi, nel 1935, sotto il nome di EISA BE, a Barcellona, mantenendo comunque la sua sede nell'Avenida di San Sebastián.
Attraverso il suo atelier incontra due delle donne che più segnano il suo percorso: Madeleine Vionnet e Coco Chanel. Di Vionnet condivide il senso del bello che le donne devono rappresentare in tutte le forme fisiche. Di Chanel la dinamicità di uno stile quotidiano. Di fatto la donna Balenciaga ha una corporeità non necessariamente scarna e non fonda il canone dell'immagine sulla bellezza standardizzata: le forme sono il sostegno delle sue architetture per il corpo.
Il couturier di Getaria sfila per la prima volta a Parigi ispirandosi alla storia del suo paese e in specifico al rinascimento spagnolo. La tradizione della Spagna è fonte di grande ispirazione per Balenciaga. Collezioni come “L'Infanta”, del 1939, dove è chiaro il riferimento all'opera di Diego Velasquez, o la collezione “Jacket of Light”, dell'autunno inverno '46-'47 che pone al centro il bolero del torero, con i suoi ricami e il suo taglio asciutto, sono importanti rimandi a quella stratificazione culturale che appartiene a un popolo.
I temi fondanti la sua rivoluzione sono quelli degli anni '50 dove crea i capi iconici del suo stile. Sono gli anni del New Look di Dior e mentre Christian, nel '47, lancia la linea a corolla, Cristobal propone la linea a botte (tonneau).
Balenciaga sembra non essere interessato a corsetti e crinoline: allarga i volumi di spalle, vita e fianchi e lancia nel 1951 il tailleur semi aderente che annulla il concetto di punto vita per regalare una dimensione espressiva priva di costrizioni. Su questo tema realizza, nel '53, la giacca a palloncino e nel 1955, l'abito tunica. Il 1957 è l'anno dell'abito a sacco, privo di curve e senza collo, ma con otto grandi bottoni neri su fondo nero che per la sua semplicità verrà preso di mira dalla satira dell'epoca. Il principio che il corpo femminile debba essere accolto dal tessuto ed avvolto come in un nido lo porta a creare il cappotto cocoon, senza collo e dal volume ampio e ovoidale e sempre nel '57 l'abito baby doll, ispirato all'infanzia, dalla semplice forma a trapezio, con grande balza finale e fiocco centrale.
Balenciaga amava i tessuti strutturati dai colori pieni e contrastanti che esaltavano la purezza delle sue linee e la forma dei suoi volumi: la giustapposizione del rosso con il nero, unito all'uso del pizzo appartenente alla tradizione del costume spagnolo, il verde bottiglia, il viola e l'avorio. Nel 1960, insieme alla manifattura Abraham realizza un inedito: il tessuto “Gazar” di seta, dalla consistenza croccante che apriva orizzonti importanti alla strutturazione dei volumi delle sue creazioni. Balenciaga selezionava i migliori produttori di stoffe e ricamatori dell'epoca: Bucol e Marescot per i pizzi, Bianchini e Ferier per i tessuti stampati e Lesage per i ricami e le applicazioni.
Maniacale nella cura per i dettagli e forte di un'espressività controcorrente che esaltava le gambe delle donne e le forme appuntite delle calzature, in anni in cui le scarpe avevano la punta tonda e gli abiti si asciugavano sul corpo, ha fatto della forma geometrica architettonica la principale protagonista dell'immagine femminile. Femminilità senza orpelli che dichiara la quasi assenza di gioielli e decori.
Il concetto di volume scostato dal corpo è per lui imprescindibile anche nello scollo degli abiti: “Lo stelo deve avere aria intorno per reggere il fiore” diceva. Creerà capi dal collo a cratere ed altri dal collo piatto o assente.
Maniacalmente preciso in tutto richiedeva sulle passerelle donne non belle, ma dal grande carisma. Le modelle avanzavano ieratiche senza espressione e senza suoni nei saloni di Avenue George V e al termine di ogni défilé si asteneva dal presentarsi al pubblico che era per lo più formato, per sua volontà, da clienti e buyer (poco amava la stampa). Le sue clienti erano donne del calibro della marchesa Llanzoll (la prima ad indossare il Baby Doll Balenciaga), Fabiola del Belgio (si sposa con re Baldovino in Balenciaga), Mona Bismarck, la duchessa di Windsor, Loel Guinnes. Lui affermava: “Nessun sarto può rendere elegante una donna se non lo è naturalmente”.
Balenciaga non verrà mai meno alla Haute Couture. L'avvento del prêt-à-porter, nel '68, lo porterà a ritirarsi dalle scene. L'ultima sua collezione sfila nel 1967 e presenterà tre capi leggendari. Una cappa in gazar di seta formante un'enorme rouche sul volto che poteva essere indossata sulle spalle o come cappuccio scultura, conosciuta come “Le Chou Noir”; il “The Envelope Dress”, abito dalla forma a trapezio capovolto, fermato ai quattro angoli della scollatura per formare altrettante pieghe coniche che ne davano il volume ed una spilla gioiello al centro e l'abito da sposa, dalla linea monacale, indossato da Almudena Elorza Losada, in gazar di seta avorio, con l'acconciatura a forma di secchio da carbone rovesciato.
Discreto e distante dai rumori della folla Balenciaga resterà sempre un passo indietro dal suo operato. Per lui la ribalta era per la couture e non per il couturier e per tale ragione si era dissociato dal protagionismo di Dior. Realizzerà capi per cinema e teatro: dai costumi della Bergman in “Anastasia” al “mantello della morte” dell'“Orphée” di Jean Cocteau.
Ogni volta che concludeva una collezione si sentiva al termine della vita e nella stessa condizione si era sentito quando era venuto a mancare, anni prima, Vladzio Jaworowski d'Attainville, il modista franco russo, suo socio e compagno, al quale rimase sempre fedele. Fu solo la grande passione per la haute couture a mantenerlo attivo.
Cristobal Balenciaga ci ha lasciati il 23 marzo del 1972 con un volume di grandezza e purezza espressiva che non ha eguali nella storia della moda, volume che è comparabile solo a quella che è stata, in vita, la sua ineffabile discrezione.