Nonostante lo Standard Trio sia stato dichiarato ufficialmente sciolto, non sono certamente i concerti, spesso trionfali, che difettano agli archivi di casa Ecm. Lo conferma questo splendido doppio live che documenta il rientro di Jarrett sulle scene insieme ai fidi (e all’epoca ben saldi), Peacock e DeJohnette dopo il chiacchierato ritiro a seguito dello spossamento fisico che lo coinvolse per ben due anni, come sottolineato dal perentorio titolo.
Siamo nell’autunno del 1998 e ci troviamo nel familiare New Jersey, con un programma imperniato sulle pagine dorate del grande canzoniere americano, nell’impervia sfida che questo trio si è sempre posto ogni volta che è salito sul palco: nonostante l’agio, il piano trio è un rebus cui non è mai semplice fornire soluzioni brillanti. Certamente una condizione imprescindibile è l’equilibrio perfetto di tre parti abili nell’usare tutto l’enorme spazio che si trovano a disposizione. Una scaletta di 12 brani per un solo, apollineo tocco, la cui direzione musicale cambia in maniera repentina nel giro di poche battute, come avviene nell’iniziale The masquerade is over, in cui la tranquilla intro di Jarrett viene sollecitata dal turbinoso groviglio ritmico di DeJohnette, rimanendo incastonata su accenti melodici di notevole foggia.
E anche quando le proverbiali introduzioni tendono verso un cromatismo più impervio, il respiro del “canto” concesso alle note possiede qualcosa di prodigioso (Doxy e Moment’s Notice, in cui vengono omaggiati rispettivamente Sonny Rollins e John Coltrane, mentre in Scrapple From The Apple, l’interplay fra i tre raggiunge livelli inusitati. Peacock mette a segno un solo monumentale in Autumn Leaves sfociando in una distensione allusivamente romantica, nella prediletta e conclusiva When i fall in love, ballad di rapinosa bellezza ripreso con grazia infinita.
Registrato in maniera superba, il concerto riflette in pieno l’euforia di un pubblico inesorabilmente avvinto, che plaude non solo un rientro atteso in forma spasmodica, ma anche quel vasto patrimonio attinto dai palchi di Broadway rispetto al quale non si può proprio prescindere quando si suona il jazz con simile, magistrale, superiorità. Sono rimasto stupito nel sentire quanto la musica funzionasse » ribadisce il mercuriale artista nelle note del libretto. "Per me non è soltanto un documento storico, ma un vero gran concerto".
E come se non bastasse Jarrett riceverà il Leone d’Oro alla carriera al 62. Festival Internazionale di Musica Contemporanea della Biennale di Venezia il prossimo 29 settembre. È in questa occasione che sarà protagonista di una delle sue leggendarie improvvisazioni in solo, avvenimenti unici e irripetibili che hanno costellato la sua biografia artistica contribuendo a ridefinire la scrittura pianistica, sempre che le cavillose condizioni ambientali (in primis strumento e platea), lo consentano. “Acclamato unanimemente come uno dei più importanti pianisti nel campo dell’improvvisazione e del jazz – recita la motivazione - Keith Jarrett è un artista che si è cimentato con straordinario talento e creatività in diversi generi musicali, tra i quali la musica classica, componendo partiture raffinate e graffianti al tempo stesso. La sua sterminata discografia è la testimonianza di un’arte senza confini e di una personalità unica nel campo del jazz, il cui approccio e la cifra stilistica così personali ne fanno un maestro universale della storia della musica”.