“E ad un tratto capii che il pensare è per gli stupidi, mentre i cervelluti si affidano all’ispirazione.” La pittura di Giuseppe Veneziano arriva dritta, senza passare troppo da vacui intellettualismi, colpisce, arresta, fa inciampare, ed è stato proprio un interessante inciampo visivo quello che ho avuto vedendo i lavori di Veneziano per la prima volta, quell’inciampo di cui parlava anche un critico come Achille Bonito Oliva in un’intervista. Quell’inciampo che cerco sempre e che auguro alle persone, quell’inciampo che spezza l’ordinario e cattura l’attenzione come si catturano farfalle.
Delicatamente la bellezza viene convogliata. Un inciampo più che positivo, le opere di Veneziano non passano inosservate, fermano lo sguardo, veicolano l’attenzione, sono accattivanti e fanno sorridere. Da abile pescatore, pesca pesca pesca, dall’alto al basso, nell’immaginazione, gli archetipi pop, i personaggi che costellano l’immaginario di tutti, dall’illustre poeta, alla famigerata pornodiva, ai politici, ai cartoon, ai supereroi.
Stay bad whit a smile. That’s the mood. Ed ecco una lunga lista di personaggi indisciplinati e super colorati: un Dante bassista o alle prese con la Virgilio mail, Shrek, Peter Pan, Pinocchio e Pluto i nuovi drughi dell’amato Kubrick, o ancora una sensuale Biancaneve con un lato B da fare invidia a qualsiasi neo starlet televisiva, sostituire la mitica Venere allo specchio di Velazquez, una Pollon senza veli, un Gesù alle prese con il suo McMenù, ed ecco il David di Michelangelo perdere le sue velleità classiciste per accettare la veste di Ronald McDonald; uno Spider Man cocainomane, Cicciolina e Berlusconi nel celebre acrilico su tela, Novecento, un distillato ironico e spumeggiante, un riassunto cabaret, un bagaglino, uno spicchio, una fetta di quer pasticciaccio (brutto) d’Italia, per usare un’espressione gaddiana.
Ma non è finita qua, la pittura di Veneziano rifiuta una tautologia fine a se stessa e sceglie una pittura di narrazione, di rappresentazione. Provocatoria, non provocatoria, blasfema? Non c’è sempre bisogno di etichettare, anche se guardarsi un’opera di Veneziano è come gustarsi un buon vino d’annata, le etichette lasciamole a quest’ultimo. Veneziano colpisce, che si voglia oppure no, diverte l’occhio, e le storie che ci racconta arrivano rapide come dardi di un bravo Cupido.
Inutile dire che il mio è un articolo di piena promozione e stima, perché si, amo decisamente il lavoro di Veneziano, e penso che se mi chiedessero: se fossi un’artista, oggi, cosa faresti? Come lo faresti? Io risponderei: quello che fa Veneziano. E soprattutto come lo fa. Ma non sono un’artista, sono solo un ragazza con un foglio, una penna, un paio d’occhi e una profonda passione per l’arte e la scrittura. Penso inoltre che quando un critico, un esperto, uno scrittore decida di esprimere una valutazione positiva sul lavoro di un’artista, si avvicini in maniera trascendentale all’atto di origine, all’atto di creazione dell’artista stesso.
Due facce di una stessa medaglia, in tempi e modi diversi. Le anime affini si riconoscono, anche da lontano. Come un abile burattinaio, Veneziano inscena mascherate, situazioni calde, piene di rimandi, di giochi tra rappresentazione, oggetto, concetto. Ed ecco che l’iniziatore di quella che oggi è definita arte contemporanea, il papà del ready made, viene decapitato a mò di Giovanni Battista, dallo stesso Veneziano, che posa la testa dello scacchista Marcel sul suo stesso famigerato urinatoio.
Un pittura di colori pastellosi, caramellati, pieni, priva di contorni, le figure si stagliano da sfondi anonimi colorati, da paesaggi senza profondità o dettagli; ricreando paradossi, Veneziano riveste la realtà con un nuovo look, da bravo stilista, si serve di surrealtà per dare nuovi toni, nuove visioni; ed ecco Steve Jobs con la mela conquistatrice del globo alle prese con surrealismi magrittiani, o ancora un Veneziano Gioconda, poi una Cappuccetto rosso insaziabile godere finalmente del perfido lupo, una pietà che vede accasciare Superman, un boxeur d’eccezione, Van Gogh alla prese con chi un orecchio l’ha staccato veramente a morsi, Mike Tyson, ed ecco il rimando, il richiamo, il cocktail di icone tipico di Veneziano, il sorriso spunta.
Il lavoro di Giuseppe Veneziano è un patchwork abile e curioso, un’onda travolgente, una delle più travolgenti, che vede appartenenza nella New Pop italiana e nel gruppo Newbrow, termine coniato dal critico e curatore Ivan Quaroni. La Madonna del Terzo Reich, il ritratto di Cattelan impiccato, rimangono lavori importanti, lavori faro, lavori che fanno parlare di sé, che fanno discutere, che suscitano l’interesse del pubblico, che stuzzicano, che inebriano senza esagerare come due o tre giri piacevoli di spritz. Fa girare la testa Veneziano, e forse ad altri pure qualcos’altro, ma a noi piace ancora di più proprio per questo.
Nativo di Mazzarino, vive e lavora a Milano, dove si dedica alle sue attività di artista e docente, vanta numerosi articoli e testi di critica, e a questo proposito, brillanti le parole di Vittorio Sgarbi: “Le trovate di Veneziano sono provocazioni intellettuali che non ribaltano il rapporto inevitabile e necessario tra bene e male. Non sono minacce all’ordine del mondo e ai valori tradizionali. Neppure dissacrazione, non esaltazione del male, nulla che non sia un gioco. E ancora: “Il mostro di Veneziano è un cartone animato. Ostenta la sua esistenza impossibile, anche rispetto alla storia in cui si è manifestato. Veneziano si diverte a vedere la nostra reazione. Occorrerà interpretarlo in questa luce e chiedere per lui indulgenza. L’inferno può attendere.”
E poi le parole di Luca Beatrice: "La pittura di Veneziano è inconfondibile, la sua cifra cromatica 'flat' e zuccherosa. Lui ha definitivamente digerito il postmoderno e la citazione quando si tratta di fare i conti con l’arte del passato rifuggendo la comoda giustificazione del concettuale perché il suo universo è tutto interno alla pittura come ipotesi di reinvenzione del mondo."
E ancora l’irriverente critica di Andrea G. Pinketts: “In quanto Veneziano ricostruisce personalità disturbate e disturbanti. Per incastrarle, catturarle in un’opera d’arte. Le sue opere devono molto al fumetto ma non ci sono nuvole parlanti. Non gli servono. Preferisce un fotogramma di cinema muto. Veneziano è un cacciatore di taglie. Un baunty Painter che immobilizza persino se stesso con l’autoritratto. Immobilizza ma non neutralizza perché il neutro è il peggior nemico dell’uomo, non gli appartiene. Ogni sua opera è carica. Forse caricata a molla. Perché da un momento all’altro ti aspetti che il protagonista schizzi fuori, balli fuori, salti fuori, come un canguro impazzito o cocainomane.”
Ancora tante altre penne, tante penne importanti, versatrici di inchiostro hanno scritto su questo nostro bravo (bravissimo! Concediamoci pure il superlativo) artista italiano, per chi conosce già, non conosce ancora o conoscerà Giuseppe Veneziano.