La società di oggi è spietata, richiede ritmi bestiali, appuntamenti sequenziali, incontri decisionali, attenzione sempre pronta, allo stesso tempo devi mostrare disinvoltura, sicurezza, determinazione e soprattutto intelligenza, non sono ammessi errori o salti via dal gioco. D’altro lato ci sono persone che per scelta o necessità vivono molte ore al giorno dentro le mura di casa, spesso sole, spesso inascoltate, spesso sofferenti e angosciate. Insomma un mondo di persone con problematiche varie e anche se inapparenti ma pervase di una normalità ormai aliena. Non c’è il tempo per trovarsi a parlare, a raccontare, perché raccontare presuppone avere ore a disposizione e questo non è più possibile, siamo miseri esseri lasciati in balìa del fluire della vita, trasportati dagli affanni, sempre più poveri di sensazioni, emozioni e pulsioni, una povertà che deriva dall’assenza di tempo per riflettere, ascoltarsi e guardarsi dentro. Essere ricchi oggi non è tanto possedere il denaro quanto avere tempo.
Accade che quindi si crei la necessità di fughe, liason, concessioni veloci, quasi impersonali, distaccate al punto giusto, in un condizione in cui tutto può essere lecito o illecito. Quest’area di “porto franco” è il social network, ossia quello per eccellenza, Facebook. Si iscrivono persone reali con i loro nomi o con degli alias, si creano gruppi o pagine di fan, insomma si trova di tutto, dipende dall’intento con cui si entra. All’inizio si crea il proprio profilo, qualche nota informativa, a volte tante bugie, e alcune foto. Per gli edonisti solo fotografie scelte con cura, nelle pose più intriganti, in costume da bagno, abbronzati, con favolosi sorrisi, o adombramenti di occhiali. Altri usano degli avatar che niente fanno intravedere del reale aspetto fisico.
Il passo successivo è l’attesa:-“adesso cosa faccio?”- allora inizia la serie dei giochini alienanti come coltivare campicelli e raccogliere le primizie o mantenere un acquario di pesciolini tropicali, per passare poi alla sopravvivenza su di una isoletta, fino ad arrivare ai giochi di ruolo in ipotetiche città da creare sia del mondo reale che della storia antica, e chi più ne ha più ne metta. Si passa in seguito alle varie cartomanti, sibille, tarocchi oroscopo del giorno e biscottino della fortuna, e poi, ….non ne puoi più!
Inizia a questo punto la fase due, l’amicizia. Ci si scervella a ricordare i nomi dei compagni di scuola per la curiosità di vedere come sono cambiati, si ricercano i vecchi amori, le amicizie estive e così via, fino a cercare persone che potrebbero essere interessanti amici di amici. Ecco che vedi arrivare in bacheca richieste di amicizia di sconosciuti, dei quali leggi qualche nota o guardi qualche foto se non sono protette dalla privacy del –non amico- incerta se quello che dichiarano sia vero o una bufala e provi con quel click a vedere chi si nasconde dietro quel nome. Si rufola nelle vite degli altri, te lo permettono, vedi le fotografie dei loro momenti più belli, condividi i loro pensieri, le loro idee, la musica che preferiscono e ti trovi all’improvviso dentro l’esistenza di un perfetto sconosciuto, ma che tutto ciò te lo ha consentito, e perché questo, proprio nel periodo in cui questa privacy viene sbandierata su tutti i fronti? Ti senti un voyeur, un invitato a osservare il reality di quell’uomo o quella donna. Ma perché, mi chiedo?
Mi viene una sola risposta, la solitudine, il bisogno di comunicare, la necessità di una confidenza che acquisisci col tempo ma di questo benedetto tempo che non c’è e che pertanto fa contrarre il percorso conoscitivo. Con un click diventi amico ed entri nel vissuto di uno sconosciuto, fatto! Rapido vero? La chat è il passo di confidenza successivo e quasi eccessivo perché nasce il dialogo con la persona, si avvicinano le distanze, si fa cadere un ultimo velo tra le due parti. Come in un confessionale dove non vedi l’interlocutore e non puoi capire le espressioni, gli ammiccamenti del viso, non vedi lo sguardo puntato su di te, non ti senti in giudizio, riesci a parlare in libertà (non ricordo dove l’ho ascoltato ma si dice che se hai un segreto o un problema è meglio raccontarlo a uno sconosciuto) e sciolto racconti di te. Ne escono storie vere, interessanti, spesso difficili (di solito chi non ha niente dentro non si racconta e non si aprirà mai in chat a meno di raccontare scemate o sciocche battute), intense, sofferte, di battaglie personali, di impegni sociali, artistici, culturali ma tutte bisognose di consensi o consigli.
Una sorgente di pathos da cui attingere per capire come siamo diventati, di cosa abbiamo bisogno. In questa collocazione, ne estrai le storie più significative ciascuna per la sua caratteristica, le più forti, le più intriganti, le più sofferte. Ma tutte sono degne di essere considerate importanti, perché anche la più breve conversazione è sempre il fanale di uno stato particolare dell’animo di chi ti ha scelto come suo interlocutore.