Qualche anno fa, per la precisione nel 2011, arriva in Italia la traduzione italiana del saggio di Nicholas Carr: The shallows: What the Internet is doing to our brains. Il titolo della versione italiana - Internet ci rende stupidi? Come la rete sta cambiando il nostro cervello – appare un po’ fuorviante, probabilmente per la difficoltà di rendere in italiano l’aggettivo shallow: "basso, poco profondo, di scarso pescaggio". "The Shallows", come si chiarisce leggendo il saggio, indicano l’insieme di ciò che si sviluppa in superficie e che non consente di scendere in profondità.
L’andare in superficie, spiega Carr, è l’attuale modo di leggere e di informarsi navigando in rete, con un procedere in velocità fatto di passaggi continui da un testo all’altro, da un file all’altro, da un frammento all’altro. Carr confessa di aver frequentato giovanissimo un college del New Hampshire e di essere stato assiduo della grande Baker Memorial Library. Racconta che amava immergersi in profondità nella lettura come un palombaro che scende nelle pagine di un libro. Poi, cominciando a frequentare il centro di calcolo di quella università, scoprì le reti e il web e un nuovo modo di leggere rapido e veloce, che lo faceva sentire non più come un lento palombaro, ma come un irrequieto giovane che planava velocemente in acquascooter sulla superficie del mare dell’informazione.
E come lui tanti giovani, e non più tanto giovani, oggi vanno velocissimi in rete. Tutti. Questo tipo di percorso, pur affascinante e coinvolgente – ci avverte Carr - è assai pericoloso perché costantemente esposto al frenetico flusso dell’informazione, che ci getta nel suo inarrestabile magma. Rischiamo così, come ha dichiarato in una recente intervista rilasciata a Francesca De Benedetti di Repubblica, di diventare “criceti sulla ruota”. “Non siate schiavi del cellulare – suggerisce – Staccate un attimo. Prendete il tempo per passeggiare, leggere, ascoltare musica intensamente, parlare con qualcuno senza controllare il telefonino. Datevi modo di prestare attenzione, di concentrarvi, di riflettere: se smettete di farlo perderete la capacità di farlo”.
Il web, insomma, è certamente un’opportunità in più, offrendo più informazioni e più possibilità di interattività, ma rivoluziona modi dell’essere nutriti per secoli, quali: pazienza memoria, attenzione, ascolto, silenzio, lettura. I nuovi mezzi di informazione, sviluppati sulla rete dai giganti del web, pronti ad aggredirci attraverso i computer e gli smartphone, stanno cambiando il nostro modo di informarci, di leggere, di comunicare, di scrivere, impedendoci di riflettere e di pensare, determinando, in questo modo, una nuova pericolosa forma di analfabetismo. Analfabetismo, ci dice un dizionario della lingua italiana, è “il non sapere leggere e scrivere, detto dei singoli o di gruppi sociali”. Ma c’è, oggi, un nuovo analfabetismo più insidioso, di cui si rischia di diventare prigionieri.
“In un mondo mentale - digitale di interazioni continue, nessuna sciagura è più grande dell’analfabetismo di sentimenti, immaginazioni e pensieri”. Ad avvertirci è lo scrittore Giuseppe Montesano nel suo recentissimo Lettori Selvaggi, pubblicato lo scorso anno. Montesano lancia l’allarme: “L’infamia che oggi ci assedia spettrale fin dentro la nostra interiorità violata è il risultato di un analfabetismo del sentire”. E contrappone questo antidoto: “Bisogna rubare il tempo perché è in gioco l’esistenza, leggere per vivere vuol dire attingere quell’energia che fa essere la realtà diversa da una prigione, e dobbiamo diventare lettori selvaggi proprio ora che non abbiamo tempo. In fretta, prima che sia tardi. Lentamente, perché il desiderio brucia a lungo”.
Ed ecco lo straordinario libro di letture di Giuseppe Montesano: letture commentate, con divagazioni avvincenti, con proposte, citazioni e inviti anche a riappropriarci del piacere di ascoltare musica o di goderci la contemplazione un dipinto. È un libro-cosmo nel quale il segno della parola si mescola e si fonde col segno musicale e col segno artistico. È un libro, come direbbe Nicholas Carr, per un lettore-palombaro pronto a immergersi, buttarsi a capofitto nelle pagine, scendendo in profondità, fin nelle più scure e meno frequentate cantine del nostro animo. Un libro, quello di Giuseppe Montesano, ampio come un oceano nel quale navigare a vista nella scrittura, nei segni e nei suoni per seguire un lunghissimo percorso tracciato, come indica il sottotitolo, “dai misteriosi artisti della Preistoria a Saffo a Beethoven a Borges”.
Un nuovo invito a leggere dunque. Perché “leggere – ci spiega l’Autore - vuol dire evocare apparizioni che ci mostrano tutte le vite che potremmo avere, e tutti i mondi che ci sono dentro il mondo”. Un’antologia? No, perché il commento, la divagazione, la fantasia, il racconto di Montesano sono assai più diffusi del brano citato, che è solo piccolo e breve spunto. Piuttosto, come dichiara Montesano stesso, “una mappa”, una diffusa mappa nella lunga storia della scrittura, non solo letteraria. Una mappa per guidarci alla riconquista dell’emozione, della suggestione, della fantasia anche per farcele scoprire, o riscoprire, in Maestri che avevamo incontrato nel corso della nostra vita di lettori superficiali e sui quali non ci eravamo fermati a riflettere a fantasticare a sognare a viverre.
Personalmente ho scoperto Lettori Selvaggi quasi per caso in libreria; l’ho sbirciato quanto basta per naufragarci dentro e l’ho comprato. Milleottocento pagine! Niente paura; Montesano ci consiglia il modo di leggerlo: in assoluta libertà di andare avanti e indietro, interrompendo, saltando da una pagina all’altra, leggendolo un giorno per mezz'ora, un giorno per tre ore, un giorno dimenticandolo. E funziona. Mi ha convinto ancora di più di quanto già non lo fossi: la lettura ci salverà!