L’origine del cacao
Gli alberi di cacao erano già coltivati in Messico da popoli antichissimi come gli Aztechi, i quali lasciavano le fave a essiccare al sole per poi macinarle in mortai di pietra e ottenere così la polvere di cacao. Questa veniva miscelata con farina grezza di mais, miele, spezie e, infine, con l’aggiunta di acqua calda nasceva la bevanda che ad oggi rallegra le nostre giornate invernali: la cioccolata calda.
La coltura
Il cacao è un albero diffuso nei paesi con clima caldo-umido. I principali produttori riconosciuti a livello commerciale sono: Costa d’Avorio, Ghana, Nigeria, Brasile, Venezuela, Ecuador, Repubblica Dominicana e Malesia. La coltura richiede un clima caldo e umido durante tutto l’anno, il che la rende perfetta per i climi tropicali. La cabossa, il frutto, funge da forziere di colore giallo rossastro e protegge al suo interno le fave, a loro volta avvolte in una polpa zuccherina che alcuni popoli utilizzano come dolcificante nei cibi o consumano fresca. In molti pensano che il cioccolato derivi tutto da uno stesso frutto, in realtà quell’inconfondibile aroma nasce da 3 principali varietà combinate tra loro nei secoli:
Criollo: la più antica e delicata, coltivata nell’America Centro-Meridionale.
Forastero: è la varietà più resistente alle infestazioni e con la resa maggiore. Il gusto intenso e astringente lo rende apprezzato dai veri amanti del cacao.
Trinitario: nasce dall’ibridazione delle due varietà sopra citate, l’interessante equilibrio tra gusto e resistenza che ha raggiunto lo rende la specie più coltivata e commercializzata.
Le fave
Il primo step di lavorazione delle fave deve essere effettuato nei Paesi di origine per evitarne il deterioramento. Fermentazione ed essiccazione avvengono direttamente tramite il calore del sole, posizionando i frutti in principio su foglie disposte sul suolo, e poi ricoperti con altre in modo da favorire la fermentazione che può durare 1-3 giorni per il Criollo e 5-7 per il Forastero. Periodicamente le fave vengono girate per favorire l’areazione ed evitare il ristagno dei liquidi. Finita la fermentazione (perdita del 50% dei liquidi) si passa all’essiccazione (per raggiunger un massimo di umidità minore del 7%), distendendo i frutti su graticci o teli traspiranti sotto il calore del sole. Se l’umidità rimane superiore al 7% si potrebbe verificare la nascita di muffe durante lo stoccaggio e quindi il passaggio del gusto da equilibrato ad acido.
Come ottenere il cioccolato
La prima fase cui vengono sottoposte le fave è la mondatura, una sorta di pulitura in macchinari specifici che consentono l’eliminazione di materiali pesanti come rami, pietre, metalli ecc. Si passa quindi alla torrefazione della fava intera, della granella o della pasta di cacao; questo passaggio permette di abbassare ulteriormente l’umidità intorno al 2%. Si passa quindi alla macinazione, da cui si ottiene la pasta di cacao, base di tutte le lavorazioni e produzioni dolciarie.
Il cioccolato che piace mangiare a noi che cos’è?
È definito prodotto “puro” e al suo interno sono presenti numerosi altri prodotti regolamentati dalla legislazione:
Zucchero
Il saccarosio è un elemento principe dell’azienda dolciaria, ottenuto con estrazione fisica dalla barbabietola o dalla canna da zucchero.
Latte
Nell’industria dolciaria viene utilizzato il latte in polvere poiché quello fresco ha una percentuale troppo elevata di acqua, il peggior nemico della lavorazione del cacao.
Nocciole
Uno dei prodotti più presente nelle produzioni dolciarie, provenienza e varietà ne conferiscono caratteristiche diverse. Le più conosciute sono la tonda gentile delle Langhe, le Nocciole Romane, le Nocciole Mortarelle, le Nocciole Giffoni e le Nocciole Turche.
Lecitina di soja
È una sostanza emulsionante indispensabile nella lavorazione del cacao.
E di tanto in tanto... aromi
Altri grassi estranei possono essere aggiunti al burro di cacao, ma in quantità inferiori al 5% e non è consentito definire il prodotto “puro”. Una volta definite le componenti, per ottenere il prodotto conosciuto come “cioccolato” si passa ai 3 step successivi:
Concaggio: è una delle fasi che definisce la qualità finale del prodotto. La miscela ancora liquida viene accarezzata ripetutamente per alcune ore e mira alla stabilizzazione dell’aroma complesso del cioccolato.
Temperaggio: il cioccolato viene raffreddato sotto agitazione per evitare che il burro di cacao si separi, creando quel difetto visivo della tavoletta che assume sfumature biancastre.
Modellaggio: ovvero l’immissione del cioccolato liquido negli appositi stampi.
Qualità e degustazione
Per conoscere la qualità di un prodotto non si procede con l’immediata degustazione, ma in appositi laboratori vengono effettuati numerosi test:
Il cut test è la prima prova a cui viene sottoposta la fava, qui emergono i difetti che si verificano durante la fermentazione. Dopo aver tagliato il frutto si possono distinguere:
- Semi bruni che hanno subito una giusta fermentazione;
- semi color ardesia con struttura compatta non hanno subito una corretta reazione durante la fermentazione.
- semi color porpora indicano che la fermentazione non è stata completata;
- Semi troppo fermentati, difficili da riconoscere, ma hanno un aroma poco gradevole che può alterare il gusto del cioccolato;
- esame visivo per scartare le fave rotte, difettate, corpi estranei, ecc.;
- peso e uniformità delle fave garantiscono una migliore qualità poiché i processi di tostatura, ecc., vengono distribuiti meglio sul prodotto;
- analisi sensoriale delle fave, permette il riconoscimento di difetti olfattivi o al gusto.
Il cioccolato è quindi frutto di passione e sapienza. Il suo gusto inconfondibile, sfumato in migliaia di abbinamenti diversi lo rende costantemente intrigante e appetibile. È un prodotto senza target e senza età, che (chi più, chi meno) amiamo concederci in qualsiasi momento della giornata… cercando di non esagerare con i sensi di colpa!