I pesci rappresentano il gruppo di vertebrati più numeroso al mondo, con più di 30 mila specie descritte dalla scienza e chissà quante altre ancora da scoprire. Probabilmente trattasi anche dei primissimi vertebrati che colonizzarono la Terra milioni di anni fa e che tutt’oggi occupano gli oceani e i mari del pianeta, così come i fiumi, i laghi e i corsi d’acqua.
Le più antiche testimonianze fossili fanno risalire le origini dei pesci odierni a un gruppo di organismi chiamati Ostracodermi, animali molto differenti da qualsiasi altro vertebrato attuale ma dalla forma di pesci rivestiti da una corazza (dal greco ostracon = conchiglia, guscio e derma = pelle). Reperti di tali organismi risalgono all’Ordoviciano (circa 480 milioni di anni fa), sebbene alcuni resti contenenti tessuto mineralizzato siano stati attribuiti addirittura al tardo Cambriano (circa 500 milioni di anni fa).
Gli ostracodermi possedevano una notocorda (dalla quale si è poi originata la colonna vertebrale dei vertebrati), una testa con occhi e bocca, una pinna dorsale e una ventrale, le branchie e le fessure branchiali, uno scudo cefalico e delle scaglie ossee attorno al corpo. Le dimensioni variavano da 10 a 40-50 cm di lunghezza, e probabilmente si trattava di animali lenti e bentonici che trascorrevano la loro esistenza nei pressi del fondale marino. Non disponevano di mascelle ma di bocche circolari utilizzate per mangiare piccole prede dal corpo molle. L’Astraspis è un esempio di ostracoderma originario del Nord America che misurava circa 20 cm in lunghezza e che possedeva un rivestimento corporeo osseo costituito da aspidina, una sostanza chimica simile a quella presente nei denti degli odierni squali.
Il gruppo degli Ostracodermi è spesso associato a quello attuale dei Ciclostomi che comprende missine a lamprede, organismi pisciformi privi di mascella che vivono da parassiti (lamprede) e da saprofagi (missine) e che, tuttavia, non hanno la corazza ossea. Una prima riduzione della diversità degli Ostracodermi avvenne probabilmente al termine del Devoniano (400 milioni di anni fa), al quale si attribuisce una diminuzione del livello dei mari e di conseguenza degli habitat costieri. L’estinzione avvenne nel tardo Devoniano e fu associata a quella di massa di molti invertebrati marini.
Gli Gnatostomi (dal greco gnathos = mascella e stoma = bocca), il gruppo che comprende gli attuali pesci dotati di mascelle, comparvero probabilmente nel Siluriano (438 milioni di anni fa) quando ancora erano presenti gli Ostracodermi, sebbene presero a diffondersi e a differenziarsi ampiamente dopo la scomparsa di questi ultimi. Le caratteristiche principali di questo enorme gruppo di animali riguardano la migliore capacità locomotoria e predatoria rispetto ai loro predecessori, nonché la funzionalità dei sistemi sensoriale e circolatorio.
Pare, tuttavia, che gli antichi Gnatostomi, oggi estinti, appartenessero a un altro gruppo, quello dei Placodermi. Essi erano ricoperti da uno spesso scudo osseo per la metà o il terzo anteriore del corpo e, a differenza di quello degli Ostracodermi, il loro scudo era composto da parti separate per il capo e per il tronco collegate da un’articolazione mobile che consentiva di tenere la testa sollevata durante la nutrizione. Molti placodermi raggiungevano dimensioni enormi, ossia all’incirca 8 metri di lunghezza, probabilmente erano tutti predatori, alcuni vivevano sui fondali e assomigliavano alle torpedini e alle razze attuali. Il Dunkleosteus, originario del Nord America e dell’Europa, è uno dei placodermi più conosciuti attualmente che raggiungeva gli 8 metri di lunghezza, dotato di un morso straordinariamente potente e di un’apertura boccale eccezionale. I placodermi erano un gruppo estremamente diversificato sia per numero di specie che di specializzazioni morfologiche e di dimensioni. Come per gli Ostracodermi anch’essi subirono forti estinzioni, ma a differenza dei primi, questi ultimi resistettero per milioni di anni fino alla fine del Devoniano.
In linea di massima, i pesci, che noi oggi conosciamo e che possiamo osservare sia in mare che in acqua dolce, possiedono strutture anatomiche che li accomunano quasi tutti: una pinna caudale, due pinne pettorali e due ventrali, una o più pinne dorsali, una pinna anale, le branchie, la linea laterale, le scaglie, la vescica natatoria (alcuni, come gli squali ne sono privi). La forma varia a seconda della specie ed è strettamente legata all’habitat in cui il pesce vive e quindi all’attività motoria che svolge. I forti nuotatori, ad esempio, hanno corpo molto idrodinamico e allungato, con pinna caudale falcata che consente un nuoto rapido e il raggiungimento di una velocità notevole, ad esempio i tonni o i marlin. Al contrario, i pesci che preferiscono starsene in prossimità del fondale marino e di muoversi lentamente e senza fretta possiedono una pinna caudale più spessa e non falcata, un corpo più tozzo oppure appiattito. Anche l’apparato boccale è fortemente legato al tipo di alimentazione della specie. Possono essere presenti denti caniniformi cioè appuntiti e seghettati nel caso di predatori in grado di afferrare le prede rapidamente, oppure molariformi nel caso in cui il pesce in questione si nutra di conchiglie e molluschi. La bocca può essere rivolta verso l’alto, verso il basso o di fronte, oppure può trasformarsi in ventosa per aderire al corpo di altri animali (esempio, remora).
La prima documentazione fossile certa relativa ai Condroitti risale al Devoniano iniziale, e tra questi spicca il Doliodus problematicus, uno degli antenati dello squalo, mentre i primi fossili degli Osteitti sono datati al tardo Siluriano. Ai Condroitti attuali appartengono squali, razze, torpedini, trigoni e chimere, queste ultime trattasi di organismi abissali, dotate di corpo morbido, allungato che si cibano di organismi molli. Come dice il nome, i pesci cartilaginei hanno uno scheletro costituito da cartilagine anziché da osso. Presentano inoltre scaglie placoidi, a forma di triangolo, e sono dotati di elettrorecezione, sono in grado cioè di captare i campi elettrici emessi dagli altri animali tramite le cosiddette Ampolle del Lorenzini, situate sul capo e attorno a occhi e bocca. Quasi tutte le specie di squali sono predatrici ma alcune come il noto squalo balena (Rhincodon typus) e lo squalo elefante (Cetorhinus maximus) sono planctivore, si nutrono quindi di plancton.
A differenza dei Condroitti, gli Osteitti invece possiedono uno scheletro osseo e sono rappresentati da tutte le altre specie di pesci sia marine che d’acqua dolce. Le loro scaglie sono cicloidi (circolari) o ctenoidi (dai bordi seghettati), non possiedono le Ampolle del Lorenzini e dispongono di vescica natatoria, l’organo del galleggiamento che consente loro di risalire o di scendere lungo la colonna d’acqua.
Dunque quello dei pesci rappresenta uno dei gruppi di vertebrati più complesso e diversificato che è stato in grado e tutt’oggi lo è di vivere nell’ambiente più vasto del nostro pianeta. Con oltre il 70% di estensione sulla Terra, l’acqua fornisce habitat che vanno dalle profondità oceaniche, perennemente buie e fredde, alle acque superficiali calde e illuminate dal sole, dalle incredibili barriere coralline tropicali alle acque gelide dell’Antartide, dalle baie e dalle lagune interessate dall’escursione di marea alle coste frastagliate, battute dal vento e dalle onde sugli scogli.