Scegli un fiume e segui il suo percorso. Guarda come si muove e comprenderai il suo temperamento, com’è fatta la terra che attraversa e qual è l’indole delle genti abituate a sentire il suo mormorio. Fermati a osservarlo e come un filo conduttore, sottile ma tenace, riallaccerà frammenti di ricordi con silenzi di fiaba, lampi di poesia con parole di fuoco. Sulla riva di un corso d’acqua, come in una frazione di infinito, sentiamo il nostro cuore parlare, riusciamo a vedere con maggiore intensità e toccare con maggiore attenzione. Un fiume insegna molto, cose anche semplici che però a volte si trascurano; nasce limpido e puro ma sovente non rimane tale; fa scorrere continuamente l’acqua, l’oro blu, il bene più prezioso al mondo; può essere lento e tranquillo ma cambiare improvvisamente umore e carattere.
Nella progettazione e costruzione della sua civiltà, l’uomo ha sovente modificato l’ambiente, plasmandolo e organizzandolo secondo le sue esigenze. Questa trasformazione ha portato all’espulsione di alcuni elementi naturali del paesaggio e prodotto cambiamenti climatici inquietanti. In questo senso, il rapporto tra l’uomo e la natura anziché indirizzarsi verso una condizione di nuovo equilibrio si è, troppo spesso, tradotto in una sopraffazione dell’uomo, cui talvolta la natura inevitabilmente ha reagito.
Così è stato, per esempio, nel novembre del 1994 quando il Tanaro ha segnato una fase di piena straordinaria. Gli effetti di quell’evento sono stati distruttivi per tutto il suo bacino idrografico. Come in situazioni analoghe, il dissesto idrogeologico del territorio ha amplificato il fenomeno innescato dalle eccezionali piogge e il fiume è diventato il simbolo di un rapporto tra uomo e ambiente capovolto e diventato, in entrambi i sensi, ostile e drammatico. I nostri vecchi, saggi, sapevano che la natura pone dei limiti: conoscerli è necessario, superarli molto pericoloso. Il fiume, poi, è rientrato nel suo alveo e attende pazientemente di accompagnarci nel nostro viaggio lungo le sue sponde. L’azzurro è la musica lieve e continua del suo racconto.
Il Tanaro non è un fiume da poco. Anzi, grazie ai suoi numerosi affluenti, è il quarto del nostro Paese per ampiezza del bacino idrografico e, con i suoi 276 chilometri, oltre ad essere il secondo fiume del Piemonte, è il sesto in lunghezza a livello nazionale dopo il Po, del quale è il principale affluente di destra, l’Adige, il Tevere, l’Adda e l’Oglio. Nonostante questi importanti numeri, il suo, però, è un regime idrico di tipo torrentizio contraddistinto da una notevole alternanza della portata d’acqua. Infatti, la modesta altezza delle Alpi Marittime, su cui è impostato parte del suo bacino, non consente la formazione di ghiacciai in grado di alimentarlo costantemente e copiosamente.
Nasce dalle Alpi Liguri, al confine tra Liguria e Piemonte, e con un andamento irregolare e insolito attraversa il territorio Sud orientale piemontese compreso nelle province di Cuneo, Asti e Alessandria, per terminare la sua corsa nel Grande Fiume, a pochi chilometri dal territorio lombardo. Durante il suo percorso, a causa di prelievi forzati e dighe, la portata d'acqua subisce notevoli cali, opportunamente compensati dall’apporto dei suoi affluenti. È un fiume faticoso da seguire nelle sue giravolte, nelle sue asprezze, nei suoi inganni. Eppure pur muovendo da un elemento così strutturato, cercando di decifrarne gli umori, si arriva a comprendere la leggerezza delle sue svolte e a intuire i suoi rapidi cambi di direzione.
Con l’ineffabile perfezione di un andamento misterioso, si sviluppa in quattro tratti ben differenziati e lambisce luoghi e città che, sarà il caso o la poesia del fiume, sembrano trasfigurare in un’inquadratura tutta particolare. Il primo tratto è caratterizzato dal paesaggio montuoso dell’Alta Valle e termina nel comune di Ceva; il secondo, segnato da un numero infinito di anse, scorre tra l'Altopiano Monregalese e i rilievi collinari delle Langhe e, dopo una virata a Est, introduce alla città di Alba; il terzo procede tra i declivi del Roero e gli ultimi contrafforti langaroli, incontra le colline astigiane e si conclude pacatamente nella città di Asti; il quarto e ultimo tratto attraversa il Monferrato, si dirige con decisione verso la città di Alessandria e, a breve distanza dal confine con la Lombardia, in un mare pianeggiante di pioppi, termina nel fiume Po.