Le migrazioni degli animali rappresentano un fenomeno evolutivo complesso che spinge milioni di individui di una specie a spostarsi da un luogo a un altro percorrendo anche migliaia di km attraverso il Globo. Da un punto di vista ecologico sono stati individuati diversi tipi di migrazioni: quelle locali e stagionali che consistono nel movimento di organismi in diversi periodi dell’anno e attraverso diverse zone geografiche.
Gli animali in questione possono percorrere distanze più o meno lunghe e generalmente sono legate alla nutrizione, infatti, gli individui di una specie si spostano da un luogo a un altro per cercare cibo e sfruttare le aree con maggiori risorse alimentari possibili abbandonando quelle in cui invece il cibo è scarso. Tali movimenti possono verificarsi in periodi di tempo che vanno da intere stagioni sino a singole giornate (in quest’ultimo caso si parla di movimenti di andata e ritorno, in inglese commuting). Tendenzialmente, i movimenti stagionali possono essere legati anche alla ricerca di un riparo e di un partner e non solo dunque al foraggiamento.
La dispersione implica l’allontanamento da un luogo preferito di riproduzione ma la maggior parte degli individui di quella specie resta nelle vicinanze.
La migrazione in senso stretto, invece, rappresenta a tutti gli effetti gli spostamenti fra aree geografiche ben definite e talora molto distanti le une dalle altre. Sono tanti i vantaggi che gli animali trovano migrando: la possibilità di trovare cibo abbondante, la fuga da condizioni ambientali avverse e il miglioramento del successo riproduttivo.
Ovviamente, se vi sono benefici vi sono anche costi, come il dispendio energetico e l’aumento della predazione. Tuttavia, sembra che i migratori siano spinti da una forza innata, istintiva e impossibile da evitare, cosicché la migrazione diventa un processo vitale indispensabile dove vale la pena rischiare. Nell’ambiente marino sono numerose le specie che migrano. Basti pensare ai grandi cetacei come le megattere (Megaptera novaeangliae), che durante l’estate migrano verso i poli per nutrirsi, per poi tornare nel periodo invernale nelle regioni tropicali. Alcune popolazioni si spostano dalla Norvegia sino all’Africa settentrionale, dove scelgono di partorire, altre lasciano le coste brasiliane per il Madagascar. La balenottera azzurra (Balaenoptera musculus), come la megattera, compie spostamenti di migliaia di km. La popolazione americana, ad esempio, si sposta dal Costa Rica all’Alaska, mentre alcuni gruppi antartici si dirigono verso le coste dell’Atlantico meridionale e occasionalmente in Perù, in Australia occidentale e nell’Oceano Indiano settentrionale.
Non sono ancora del tutto compresi i meccanismi che inducono gli animali a preferire alcune aree di riproduzione rispetto ad altre; c’è infatti una notevole variabilità fra queste e le aree di foraggiamento. I pinnipedi, ad esempio, necessitano di zone di terraferma per far nascere i piccoli alla luce del sole, per questo sono costretti a spostarsi dalle acque oceaniche ricche di cibo per le coste o i ghiacci dei poli. Sembra inoltre che molte specie come le megattere, le balene grigie e quelle comuni ritornino nelle stesse zone di riproduzione per più anni di seguito. L’elefante marino del nord (Mirounga angustirostris), che vive lungo le coste della California, migra sino all’Alaska e alla Columbia Britannica, dove va alla ricerca delle sue prede preferite come polpi e calamari, superando addirittura i 1000 metri di profondità.
Esistono poi delle migrazioni molto particolari che coinvolgono organismi in parte marini in parte di acqua dolce e che permettono agli stessi di trasferirsi dal fiume al mare e viceversa. Classici esempi sono quelli del salmone e dell’anguilla. Il salmone, di cui si conoscono almeno una decina di specie, viene definito un organismo anadromo, che trascorre cioè la sua vita in mare ma che si sposta nei fiumi per riprodursi. Il salmone atlantico (Salmo salar) il cui areale di distribuzione riguarda le acque fredde dell’Oceano Atlantico, dal Circolo Polare Artico al Golfo di Guascogna, introdotto poi nell’emisfero australe, sia in Sudamerica che in Australia, è una specie molto simile alla trota (Salmo trutta) dalla quale si distingue per il peduncolo caudale più sottile, la pinna caudale con una sottile incisione centrale, e la bocca che raggiunge il bordo superiore dell’occhio senza superarlo.
Quando gli individui hanno raggiunto la maturità sessuale, lasciano le acque marine per dirigersi verso la terraferma dove risalgono i fiumi, generalmente il luogo dove sono nati, grazie a un incredibile orientamento olfattivo. Una volta raggiunti i greti dei fiumi, le femmine depongono le uova mentre i maschi le fecondano dopodiché la maggior parte di essi muore e solo pochi ritornano in mare per ricominciare un nuovo ciclo. Quando le larve si schiudono, dopo qualche mese, iniziano a svilupparsi e a crescere nell’ambiente fluviale e, dopo circa un anno, raggiungono il mare dove cresceranno ulteriormente sino a divenire fecondi. La specie atlantica risale i fiumi dell’Europa e del Canada orientale, quella pacifica, di cui si conoscono diverse specie appartenenti al genere Oncorhynchus, si stabilisce invece nei fiumi dell’America settentrionale orientale, dall’Alaska alla California, e nei fiumi giapponesi, così come in Nuova Zelanda, Australia, Argentina e Cile.
Tutte le specie di salmoni subiscono notevoli cambiamenti morfologici e fisiologici al passaggio dalla vita marina a quella fluviale. Il salmone rosso, ad esempio, Oncorhynchus nerka, durante la risalita dei fiumi, assume una colorazione rosso sangue sul dorso, i fianchi, la pinna anale e quella adiposa, con il maschio che sviluppa un corpo gibboso e un incurvamento delle mascelle. L’aspetto marino, invece, è del tutto simile a quello delle altre specie di salmoni, con una colorazione tipica dei pesci pelagici, con il corpo affusolato e appiattito, il dorso più scuro e il ventre chiaro.
Al contrario delle specie anadrome esistono poi quelle catadrome, che si riproducono in mare e che trascorrono il resto della loro esistenza in acqua dolce. È il caso dell’anguilla. Si conoscono circa 20 specie di anguille e tra queste spicca l’anguilla europea (Anguilla anguilla), che vive nei fiumi dell’Europa e che si sposta nell’Atlantico per riprodursi, precisamente nel Mar dei Sargassi. Come per il salmone ma all’opposto, gli esemplari raggiungono il mare nel periodo riproduttivo, compiendo una migrazione che può raggiungere i 5000 km, guidati solo da una forza istintiva incredibile che li spinge a uscire dall’acqua e a raggiungere il mare strisciando come serpenti. Anch’essi subiscono notevoli cambiamenti durante la migrazione riproduttiva, come l’aumento della dimensione degli occhi, la degenerazione dell’apparato digerente, infatti gli organismi smettono di nutrirsi e consumano i grassi accumulati durante il lungo percorso, e lo sviluppo del sistema riproduttivo. Dopo la fecondazione, che avviene come già detto nel Mar dei Sargassi, si verifica la schiusa delle uova quando la temperatura raggiunge e supera i 20 °C e, trasportate dalla Corrente del Golfo, le larve raggiungono le coste europee dopo un viaggio di 1-2 anni.
Durante la traversata, le larve, dette leptocefali, si accrescono subendo successivamente la metamorfosi che le trasforma in cieche e infine in piccole anguille che raggiungono e colonizzano i corsi d’acqua dolce, dopo aver subito diverse fasi di accrescimento. La migrazione rappresenta dunque una fase importantissima per molte specie di vertebrati marini, che la seguono come un processo istintivo e fondamentale per il loro complesso ciclo vitale. Gli studi riguardanti questo evento sono ancora molti e grazie alla tecnologia che ogni anno fa passi da gigante riusciremo ad avere informazioni sempre più dettagliate su uno dei fenomeni più incredibili del mondo animale.