Nel 1750 Carlo di Borbone fece costruire una reggia presso Caserta come simbolo della potenza del regno di Napoli svincolato dalla corona spagnola, e il progetto era tanto ambizioso nel voler competere con i palazzi reali delle monarchie europee che al termine l’opera fu così imponente da essere considerata la residenza reale più grande al mondo.
Furono impiegati oltre cinquanta anni nella costruzione della Reggia di Caserta, che ebbe inizio con la posa della prima pietra il 20 gennaio del 1752 e procedette velocemente sino al 1759, anno in cui Carlo di Borbone, morto il Re di Spagna, lasciò il regno di Napoli per raggiungere Madrid. Dopo la partenza di Carlo i lavori di costruzione del Palazzo nuovo, come veniva denominata all'epoca la Reggia, subirono un notevole rallentamento, e alla morte di Luigi Vanvitelli, ideatore e architetto affidatario, nel 1773, essi erano ancora incompleti. Carlo Vanvitelli, figlio di Luigi, e successivamente altri architetti che si erano formati alla scuola del Vanvitelli portarono a compimento nel secolo successivo questa grandiosa residenza nobiliare.
La Reggia è considerata un'unica entità anche se effettivamente comprende il vero e proprio palazzo e i suoi stupendi giardini; sia nella struttura che esternamente vi sono parti e opere di immenso valore artistico che sono riconosciute come tali a livello internazionale e che nel particolare riescono a suscitare forti emozioni. Lo scalone d’onore, un'invenzione dell’arte scenografica molto in voga nel Settecento, collega il vestibolo inferiore e quello superiore, dal quale poi si accede a quelli che sono gli appartamenti reali. Le sale destinate alla famiglia reale sono state realizzate in momenti diversi e nell’arco di un intero secolo, in parte secondo lo stile che rispecchia la cosiddetta “unità d’interni” caratteristica della concezione architettonica e decorativa settecentesca, e in parte secondo il gusto degli oggetti minuti e degli arredamenti formati da più parti assemblate tipico dell’Ottocento.
Un’altra opera artistica nell’opera architettonica è la Cappella Palatina, inaugurata alla presenza di Ferdinando IV nel Natale del 1784. Essa è quasi uguale come planimetria alla Cappella che si trova nella famosa Reggia di Versailles, ma collocata, diversamente da quest’ultima, al piano nobile. La volta è costituita di materiale ligneo, mentre il pavimento è realizzato in pregiati marmi multicolore. La Cappella ha subito gravi danni a seguito dei bombardamenti del novembre 1943: sono andate irrimediabilmente perdute opere di inestimabile valore, arredi sacri e dipinti, e l’unica tela superstite, fra quelle commissionate per la Cappella, è quella dell’altare maggiore, “l’Immacolata Concezione“ di G. Bonito.
Il teatro di corte, la cui ideazione risale a una fase successiva a quella della progettazione del Palazzo, è uno splendido esempio di architettura teatrale settecentesca. Il teatro fu collocato all'interno del Palazzo e a uso esclusivo del re e della sua corte e dotato di un ingresso riservato che permetteva l’accesso ai reali direttamente al loro palco. Conclusi i lavori nel 1768, il Teatro di Corte fu inaugurato nel gennaio del 1769 dalla giovane coppia reale, Ferdinando e Maria Carolina, alla presenza di tutta l'aristocrazia napoletana al gran completo, per sfoggiare tutto il loro potere. All’esterno invece si trova il parco, parte essenziale del progetto presentato dall’architetto Luigi Vanvitelli ai sovrani, ispirato ai giardini delle grandi residenze europee del tempo, rispettando comunque la tradizione italiana del giardino rinascimentale con le soluzioni introdotte da André Le Nôtre a Versailles. I lavori, con l’individuazione dell'area da utilizzare e il posizionamento delle prime piante nel luogo designato, iniziarono nel 1753, contemporaneamente a quelli per la costruzione dell'Acquedotto Carolino, le cui acque, dalle falde del Monte Taburno, avrebbero alimentato le fontane dei giardini reali e comunque irrigato e rinfrescato l’interno parco.
Il giardino, pur rispecchiando l’iniziale idea del Vanvitelli, fu leggermente modificato dal figlio che rimase fedele alle direttive del padre, morente prima della costruzione delle fontane e della parte finale. Per chi esce dal palazzo i giardini si presentano divisi in due parti: la prima è costituita da vasti parterre, separati da un vialone centrale che conduce fino alla Fontana Margherita, fiancheggiata da boschetti tra loro disposti simmetricamente a formare una scena “teatrale” verde in semi circolo. La seconda parte del parco, realizzata interamente da Carlo Vanvitelli, inizia dalla Fontana Margherita, dalla quale parte la celebre via d'acqua, e sulla quale, in un percorso da sud verso nord, si incontrano la Fontana dei Tre delfini, così chiamata perché l'acqua esce dalle bocche di tre grossi mostri marini scolpiti in pietra, e la Fontana di Eolo, costituita da un'ampia esedra nella quale si aprono numerose piccole caverne che sono a simulare la dimora dei venti, rappresentati da statue di "zefiri", tutto asservito all’occhio dell’osservatore che passeggiando ne avrebbe carpito la bellezza dinamica.
L'asse principale è strutturato su sette vasche che scendono gradualmente e sono a formare altrettante cascate concluse dalla Fontana di Cerere, che rappresenta la fecondità della Sicilia, con le statue della dea e i due fiumi dell'isola. L'ultima fontana è quella in cui è rappresentata la vicenda di Venere e Adone. Una grotta artificiale, costruita con grossi blocchi di tufo, il così detto Torrione, si innalza all’apice della cascata, da cui si può godere la vista di un paesaggio davvero unico.
Si potrebbe parlare per ore dell’incredibile completezza della Reggia di Caserta, e ci siamo soffermati solo su quei particolari che più di tutti fanno risaltare la spettacolare armonia artistica che troviamo in questo luogo, ma per capire e comprendere oltre è evidente la necessità di doverla visitare, specialmente nel periodo estivo in cui l’afa e il calore permettono maggiormente di gradire la perfetta freschezza artificiale trasmessa nella visita dei regali ambienti in primis e degli annessi giardini poi.