Il glutine è una sostanza lipoproteica che in presenza di acqua ed energia meccanica, come avviene al momento dell’impasto, si origina dall'unione di due tipi di proteine, le prolammine e le gluteline, presenti principalmente nell'endosperma delle cariossidi dei cereali, che negli ultimi anni sono diventati un alimento sempre più presente sulle nostre tavole, determinando, in chi se ne ciba, una crescita esponenziale d’intolleranze più o meno gravi, quando non una vera e propria allergia su base autoimmune (celiachia).
Il glutine infatti viene percepito dall’organismo umano come un nemico, perché una sua frazione proteica, la gliadina, legandosi al recettore CXCR3, presente sulla superficie delle cellule dell’intestino, recluta una proteina chiamata MYD88 che a sua volta induce la produzione di un’altra proteine, le zonuline, che agiscono direttamente sulle giunzioni tra cellula e cellula, riducendone la coesione, il che rende maggiormente permeabile la mucosa della barriera intestinale, tanto da consentire il transito nel flusso ematico sia di tossine, che di macromolecole di cibi non correttamente scomposti, in grado di scatenare reazioni immunitarie localizzate in vari distretti del corpo.
Tutto questo accade perché i nostri geni non sono riusciti ad adattarsi a modifiche alimentari relativamente recenti quali il consumo di cereali, introdotto nell’alimentazione umana solamente 10.000 anni fa, un lasso di tempo troppo breve per indurre modificazioni genetiche significative nell’ambito dell’evoluzione. Quanto sin qui enunciato purtroppo, è solo l’aspetto negativo più eclatante e conosciuto legato all’ingestione del glutine, mentre pochissimi sanno che l’effetto più devastante in assoluto è rappresentato dalla sua capacità di pianificare silenziosamente la distruzione del cervello, come ben evidenziato da autorevolissimi studi a livello internazionale, chiaramente descritti dal dr. David Perlmutter, ricercatore di chiara fama, e unico neurologo ad essere allo stesso tempo membro dell’American College of Nutrition.
Il problema del glutine è dato dalla sua capacità d’interferire con le reti neuronali dell’organismo, provocando danni rilevanti dovuti alla sua capacità di produrre citochine infiammatorie che svolgono un ruolo di primaria importanza nell’insorgere delle malattie neurodegenerative, perché nessun organo è più suscettibile del cervello ai loro effetti devastanti. Un solo esempio per tutti: la reazione immunitaria al glutine, tra le altre, produce una molecola infiammatoria chiamata TNF alfa, che è tra i segni caratteristici del morbo di Alzheimer, e di ogni altra grave patologia neurodegenerativa.
Il problema di fondo nel nutrirsi di glutine sta nel fatto che se i cereali fossero un alimento adatto all’intestino umano, non sarebbero necessarie tante trasformazioni per renderli assimilabili. In secondo luogo, se è vero che i nostri progenitori ne consumavano in modeste quantità, è altrettanto vero che a seguito dell’ibridazione, e della tecnologia di modificazione genetica, quelli moderni non denotano quasi nessuna somiglianza strutturale o chimica con quelli di varietà selvatica di cui si nutrivano i nostri antenati. Basti pensare che i cereali odierni contengono fino a quaranta volte più glutine di quelli coltivati solamente qualche decennio fa. Questo sempre in risposta a logiche di natura industriale e commerciale, come aumentarne la resa, facilitare i processi di panificazione ecc. Tutte cose che nulla hanno a che vedere con la salute.
Visto che oggi sappiamo che il cibo è un potente modulatore epigenetico, è da questa prospettiva che dobbiamo valutare le dannose conseguenze derivanti dall’uso dei cereali, siano essi raffinati o integrali. Costringere il corpo a un’alimentazione non rispondente alla propria fisiologia, significa obbligarlo ad avviare vie metaboliche che inevitabilmente lo porteranno a uno squilibrio patologico e quindi alla malattia.
Ulteriore e aggravante particolarità del glutine è data dal fatto che una volta scomposto dal sistema digestivo si trasforma in un mix di polipeptidi in grado, tra le altre cose, di superare la barriera ematoencefalica, e di legarsi ai recettori delle cellule cerebrali deputati a dialogare con gli oppiacei come la morfina, producendo uno stato di euforia sensoriale atto a indurre dipendenza. Non è un caso che questi polipeptidi siano chiamati gluteomorfine e facciano parte della classe delle esorfine, così definite dalla medicina per distinguerle dalle endorfine, che sono sostanze analgesiche prodotte in modo naturale dal cervello.
Ecco spiegato il motivo per cui l’industria alimentare, cosmetica e farmaceutica infarcisce di glutine i propri prodotti. Questa scaltra strategia di marketing, ha però creato una tale dipendenza nei consumatori, da rappresentare una grave piaga sociale, pari solo al tabagismo. Unica terapia possibile per liberarsene, è quella di abolire il glutine dalla propria dieta, nutrendosi di pseudo cereali come amaranto, quinoa e grano saraceno, oltre che di quei cereali come riso, teff e miglio, che non ne contengono.
A questo proposito è opportuno puntare ancora una volta l’attenzione sull’abilità commerciale dell’industria alimentare che prendendo atto di una sempre maggior intolleranza al glutine, ha prontamente reagito creando un mercato parallelo e speculare, riempiendo gli scaffali dei supermercati e dei negozi specializzati di prodotti “gluten- free”. Peccato che come abbiamo visto accadere per quelli “low–fat”, da un punto salutare siano ancora peggio, perché pieni di zuccheri e grassi vegetali idrogenati. Evitare di assumere cereali vi aiuterà a ingerire meno agglutinine, meno saponine, meno prodotti geneticamente modificati, e a preservare la lucidità mentale nel corso di una vita lunga e in salute.