Avete presente il negozio nostalgia di cui parla il protagonista di Midnight in Paris di Woody Allen? Se siete nostalgici sognatori di epoche non vissute, di epoche in cui tutto era lecito e i sogni non erano utopia, se almeno una volta avete pensato che avreste voluto godervi i crazy Sixties, la mostra Blow Up e la fine della Swinging London alla Ono Arte Contemporanea fa per voi.
Appena entrati in galleria si è accolti da un’atmosfera underground con sottofondi musicali e una prima parte dedicata alle cover dei vinili che hanno fatto la storia della musica, dai T-rex ai The Yardbirds, ai Beatles e Rolling Stones, fanno da cornice a una grande fotografia centrale, un bianco e nero che immortala David Hemmings interprete del fotografo inglese protagonista della pellicola Blow Up. La mostra è infatti suddivisa in due parti, una riguardante il backstage delle riprese di Antonioni per il film Blow Up, la seconda concentrata sulla Londra della moda, sull’editoria sulla musica e le gallerie, sul fermento creativo che imperversava nella City.
Perché scegliere proprio Blow Up? Vincitore del premio per Miglior Film e Miglior Regista nel 1966, il film narra la storia dell’apatia di una generazione attraverso il personaggio bizzarro del fotografo scontroso e affascinante Thomas, il quale annoiato dalla vita modaiola e mondana è alla ricerca perenne di ispirazione che verrà risvegliata grazie appunto al blow-up di un cadavere nelle sue fotografie scattate a due amanti in un parco.
Blow-Up film simbolo del Pop, blow-up fotografico in linea con la filosofia della pop art per ingrandimento e straniamento oggettuale. Un dettaglio sfuggito, impressionato dall’obiettivo fotografico in maniera casuale, Thomas era convinto di aver ripreso una coppia di amanti ed ecco invece aprirsi un nuovo mistero, un nuovo mondo, la curiosità si accende. Non è un mistero invece quanto Antonioni fosse affascinato circa i vari funzionamenti del fotografico; dunque macchina fotografica come protesi-estensione sensoriale attraverso la quale vengono catturate tracce e indizi? L’enigma del visibile e dell’invisibile si intrecciano in un unicum vorticoso e morboso.
Indimenticabile la scena di David Hemmings e Veruschka durante un servizio fotografico, fotografo e modella si ritrovano in una metafora di rapporto sessuale osmotico, attraverso il quale l’apparecchio fotografico diventa quasi un fallo, uno strumento invasivo che penetra la bellezza della mannequin in preda quasi a un orgasmo narcisistico. Altra scena chiave, la distruzione della chitarra durante il concerto degli Yardbirds (si ricorda che Antonioni aveva precedentemente scelto gli Who che rifiutarono), Thomas dopo aver faticato e lottato con la folla bramosa era riuscito a fuggire dal locale con il manico tra le mani, quando giunto fuori ecco che la lascia cadere a terra andandosene. Scena simbolo di quel disinteresse che si stava diffondendo a macchia d’olio dalla metà degli anni Sessanta contro il consumismo frenetico creatosi con la cultura pop di massa. Non a caso i giovani nel periodo successivo si rivolgeranno a religioni orientali, droghe e musiche psichedeliche; Voodo Child e il gipsy di Hendrix sono in the air. Il giovane Hendrix infatti stava proprio giungendo a Londra from USA.
In mostra alla ONO si potranno qiuindi assaporare molteplici scatti di David Hemmings sul set con il regista, dei Yardbirds, di Veruschka, in splendidi bianchi e neri senza tempo. E poi gli scatti di Brian Duffy, Terry O’Neill e Justin De Villeneuve a modelle che fecero la storia di un immaginario come Twiggy, dai lineamenti fanciulleschi, androgini e marcati da trucco e ciglia finte nere e giganti; poi l’esplosione della minigonna e la rivoluzione di Mary Quant, tutto questo era la Swinging Fashion London. La mostra non a caso è stata realizzata con la collaborazione di Ben Sherman, il camiciaio di Carnaby Street, in occasione dei 50 anni del brand.
E poi ancora vinili, vinili e foto dei Beatles, sembra di sentirli cantare Penny Lane o Twist and Shout, note incorniciate da grida e urla e pianti isterici di fan adolescenti che si strappavano i capelli tra fiumi di lacrime. Era certo meglio vedere scene di quel tipo per una musica che segnò pagine di storia in tutto il mondo, piuttosto che le gridolina e i fanatismi vacui e sterili per le pseudo star che il panorama musicale di oggi propina, mal educando le orecchie dei teenager.
Ma si sa, i tempi cambiano e l’estetica di pari passo cambia pelle e abito, si deve avere fiducia nel futuro e nel cambiamento, ma certe volte si ha il bisogno di affondare le mani nel passato che scaltro sfugge perché è già stato, ma generoso ci sta dietro indicandoci l’avanti.
Si ha il bisogno però di annusare gli scatti di Robert Whitaker ai Beatles, ma anche ai Rolling Stones, ai Cream o Yardbirds, per rendersi conto di un’epoca in cui si credeva davvero di poter vivere di musica, di vera musica, di passione, di arte, di vita sregolata e pazza, dove potevano nascere persino radio pirata su una nave come Radio Caroline, che ricorda tanto il film I love Radio Rock in celebri momenti: “On air. Off shore. Out of control” o ancora: “Gli anni passeranno e i politici non faranno mai un cazzo per rendere il mondo migliore, ma in tutto il mondo ragazzi e ragazze avranno sempre i loro sogni, e tradurranno quei sogni in canzoni.”
Una mostra dunque che ci rituffa in un periodo maledettamente sexy, che sa di vinile e fotografia. Ai nostalgici e non che sono finiti qui per caso o per qualsiasi altro motivo, si ricorda che la mostra Blow Up sarà presente a Ono Arte Contemporanea di Bologna fino al 2 maggio.
Come together.