A Ravenna a volte accadono miracoli. Persone che condividono la stessa passione s’incontrano e danno origine a eventi grandiosi e per molti aspetti, unici. Qui, io sono una testimone e desidero solo segnare il mio percorso del tutto parziale e dare poi voce, in tre articoli, a chi ha realizzato e a chi partecipa al progetto.
Catia Gori e Marcello Landi sono gli amici che mi hanno condotto in questo complesso intreccio di esperienze. Ho conosciuto Catia Gori molto tempo fa. In una città di provincia accade spesso che ci si rincontri. Possono passare molte stagioni, ma ci si rincontra. E questa volta il rivederla ha segnato un profondo coinvolgimento che ha moltiplicato la nostra forza creativa. Posso dire tranquillamente che lei è la mia parte mancante. È una donna di grande temperamento. M’incanta quando parla dei suoi alunni e soprattutto quando li dirige e quando sulla scena diventa una Signora del jazz. M’incanta quando con la sua voce suona le mie parole in un controcanto che riporta me bambina ad antiche usanze: mi riconduce a un magico primario.
Catia, Sandra Costantini e Filippo Bianchi hanno creato dal nulla un’impresa musicale che ha coinvolto e coinvolge migliaia di allievi, dalle primarie all’università. Un giorno del 2013 sentirono che era il momento di condividere la loro passione con giovani vite pronte a qualsiasi esperienza, purché in grado di coinvolgerle direttamente. Come spesso accade a Catia la passione partì al galoppo e il percorso la portò al Liceo Artistico. Quando c’è urgenza d’intenti non si sbaglia persona. Credo sia una specie di dono e per questa via Catia al Liceo Artistico incontrò Marcello Landi, allora preside dell’istituto. Marcello è una specie tutta particolare di don Chisciotte: un guerriero armato solo di parole in difesa dell’arte del passato e del presente. Come un’onda arriva deposita idee e progetti, si ritrae e di nuovo ecco altre idee e altri progetti. Una città governata da persone colte e intelligenti dovrebbe riconoscerne la ricchezza, “ma attorno a noi i tempi si sono straniti e si va a tentoni in reciproche cecità”.
Naturalmente anche quella volta Marcello accolse il progetto di Catia e si rese subito disponibile. Il Liceo Artistico, per questo incontro fortunato, è diventato l’istituto pilota di Pazzi di Jazz. Nel corso del tempo la cerchia di collaborazioni si è allargata e quest’anno vi partecipa anche la nostra associazione: “Dis/ordine dei cavalieri della Malta e di tutti gli altri colori”. Il Lions club ha organizzato due serate conviviali per devolverne il ricavato a questo progetto grandioso che porta la conoscenza e l’esperienza della musica non solo nelle scuole ravennati ma si allarga e si dilata anche nelle scuole della provincia. Le artiste e gli artisti e le persone tutte che collaborano alla realizzazione di Pazzi di Jazz hanno quella generosità che si affida alla relazione con uno sguardo ben disposto e dona alle altre e agli altri la propria esperienza, la propria creatività.
Tra gli altri desidero ricordare qui l'attività e la presenza in questo progetto di Francesco Martinelli. Francesco Martinelli è docente di storia del Jazz alla Siena Jazz University e si occupa in vari modi della diffusione della cultura jazzistica in Italia traducendo libri e tra l'altro tenendo lezioni a settecento studenti al Teatro Alighieri. Ho seguito queste lezioni. Francesco Martinelli sa parlare agi studenti e riesce a ottenere l'attenzione di un teatro gremito dosando i tempi della parola, della visione e del suono di Paolo Fresu. Insomma, ho visto e ascoltato eventi perfetti. Vi è, in tutto questo, un’attività che vede nelle giovani vite una irrinunciabile dignità. Se si pensa all’attuale condizione della scuola pubblica italiana tanta grazia e tanta bellezza rappresentano una ir/ripetibile unicità. Ora Sandra Costantini, Catia Gori, Francesco Martinelli renderanno più chiari gli intenti, le finalità e le ragioni di Pazzi di Jazz.
Testimonianze di Sandra Costantini, Catia Gori e Francesco Martinelli
Il primo seme di Pazzi di Jazz, come spesso gli capita, l’ha gettato Filippo Bianchi, facendomi notare come il pubblico del jazz stesse diventando sempre più anziano e sempre meno curioso… Da qui, dopo lunga sedimentazione, sarebbe poi nata l’idea di lavorare con le scuole non solo per costruire il pubblico di domani, ma per condividere strumenti di consapevolezza e di considerazione nei confronti delle arti, che tanto segnano la crescita della persona e il benessere della collettività. E il Jazz, coi suoi valori che vanno ben al di là della sfera artistica e che ne fanno la migliore metafora di una perfetta vita sociale, incarna il mezzo ideale per le finalità più feconde: sviluppo della personalità individuale, nel rispetto e ascolto dell’altro, interplay, linguaggio universale per una comunicazione paritaria, messa al bando di ogni discriminazione, non solo razziale, per una convivenza matura e multiculturale. Noi, che ci siamo innamorati del jazz facendone una ragione di vita, non potevamo che adoperarci in tutti i modi per diffondere questo “virus benefico”, per dirla con Steve Lacy, uno dei grandi protagonisti di questo mondo…
E il destino ci aiutò: una sera di luglio del 2013, incontrai Catia Gori a un nostro concerto e con immediata sintonia d’intenti cominciammo subito a ragionare assieme sull’argomento. Si trattava poi di trovare modo e formula, e di selezionare i musicisti da coinvolgere non solo sulla base della loro bravura, ma della loro attitudine, e anche del rapporto personale, visto che chiedevamo un impegno fuori dal comune. Oltre che sugli “artisti”, quindi, bisognava ragionare sulle “persone”. Il primo nome che mi è venuto in mente è stato Paolo Fresu, che è un amico da quando si affacciò sulle scene nei primi anni ’80 e in tempi recenti aveva anche curato le musiche dello spettacolo di Filippo Microlezioni di Jazz, dando prova di assoluta disponibilità a farsi coinvolgere pure in situazioni insolite. Con Ambrogio Sparagna, a Ravenna, Jazz Network ha realizzato un’infinità di progetti, inclusa la commissione di una Messa per strumenti popolari (!) e di un’operina con Francesco De Gregori e Lucilla Galeazzi.
Per l’Orchestra di Franco Emaldi, altro pilastro dell’intero progetto, occorreva poi un grande arrangiatore dotato di speciale sensibilità: di nuovo Filippo ha pensato a un suo vecchio compagno d’avventure sin dagli anni Settanta, Tommaso Vittorini. Questo è stato il cast della prima edizione. L’anno successivo pensai di coinvolgere anche Alien Dee, che avevo fatto suonare l’anno prima a Ravenna Jazz, e mi aveva impressionato per qualità non solo musicali. Occorreva infine un’eminenza grigia ma “simpatica”, e anche in questo caso probabilmente ha avuto un peso la consuetudine e l’affinità: basti dire che quando nel 1987 Filippo ideò Europe Jazz Network, Martinelli ne ospitò a Pisa la riunione fondativa. Fu poi lo stesso Martinelli a suggerire di coinvolgere nella terza edizione Nico Gori… Così si è assemblata la squadra! Tutti i protagonisti si sono avvicinati a questa esperienza con totale apertura, passione e curiosità, sapendo che ai bambini bisogna insegnare sì, ma da loro spesso c’è molto da imparare. Il seme gettato ha attecchito, una magnifica pianta cresce a vista d’occhio: incontri e laboratori che coinvolgono migliaia di alunni e studenti, un colossale concerto finale che vede sul palco oltre 250 piccoli musicisti al fianco dei loro maestri, e l’entusiasmo di tutti, noi per primi, che si tocca con mano. Un viaggio pieno di sorprese, ricco di umanità e indimenticabile.
Sandra Costantini
Il progetto Pazzi di Jazz nasce da un sogno condiviso con Sandra Costantini dopo un concerto jazz di mezza estate, nel 2013. Da tempo mi occupo di progetti musicali come didatta, musicista e formatrice. Insegno nella scuola primaria, ho seguito un percorso accademico classico in pianoforte, poi un percorso accademico di specializzazione sul canto jazz e linguaggi musicali del nostro tempo. Nella mia professione di insegnante utilizzo la musica in ogni momento: dal punto di vista relazionale lo trovo uno degli strumenti più democratici che si possano attuare nel contesto classe. I miei bambini spesso dicono: “Maestra, non siamo un gruppo qualsiasi, ora siamo un Coro, sappiamo ascoltare”. Quando questo accade si realizza ciò che un educatore anela: valorizzare ogni individualità in un contesto collettivo. Il Jazz in questo è uno dei maestri più grandi: l’improvvisazione è la realizzazione di una conoscenza perfetta della struttura. L’omologazione dei nostri tempi tende ad azzerare questo atto creativo individuale. Il progetto Pazzi di Jazz ne declina invece ogni aspetto. Attraverso la storia della vita dei personaggi, si apprende che la musica e la vita coincidono, si suona e si canta per ciò che si è, anzi si ricerca ciò che si è attraverso il desiderio di fare musica insieme.
Il progetto si articola in laboratori tenuti dagli artisti all’interno delle scuole, da febbraio a maggio. L’idea che sia la Cultura a entrare dentro la scuola, e che questa debba essere gratuita, è stata uno dei punti chiave. Abbiamo in tutto questo tempo costruito una rete straordinaria di insegnanti e studenti, che è cresciuta via via nel tempo, fino a comprendere la fascia che va dalla scuola Primaria all’Università, Accademia e Conservatori. Partecipano circa 3000 studenti. Fra loro, un coro formato da 150 bambini che io coordino, un coro di giovani frequentanti le superiori, un’intera orchestra di Giovani della media Don Minzoni coordinata dal prof. Franco Emaldi (anch’egli fautore del progetto) e un’orchestra di percussioni della media Montanari coordinata dal prof. Claudio Bondi sono gli esecutori che affiancano gli artisti di fama internazionale, dando vita agli “standard” jazz presentati durante i laboratori nelle scuole. Il concerto finale è inserito nel Festival jazz di Ravenna, ed è anch’esso gratuito.
Ci sono stati in questi anni diversi sostenitori che ci hanno “tenuto in vita”, e che noi ringraziamo a nome dei ragazzi e delle scuole, degli insegnanti e famiglie. Il progetto per la sua valenza didattico-educativa ha ottenuto medaglie del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella, Patrocinio del Consiglio dei Ministri, del Miur, del Comune di Ravenna. Il prof. Luigi Berlinguer, che presiede presso il Ministero Pubblica Istruzione il Comitato di nuova istruzione per la diffusione della musica e cultura scientifica e tecnologia nelle scuole superiori, ha definito il progetto Pazzi di Jazz una delle realtà virtuose sul territorio nazionale. Quest’anno attraverso la figura di Dizzy Gillespie, siamo tutti un po’ be bop, e come dicono i miei alunni che frequentano la classe seconda... “il jazz è qualcosa che inizia in un modo ma che può andare a spasso ovunque, come la tromba di Dizzy che con la sua campana rivolta verso l’alto voleva arrivare fino al cielo... Mica suonava per sé, maestra, con le sue gote gonfie come un criceto respirava tutto il jazz...”.
Catia Gori
Quando Sandra Costantini, direttrice di Ravenna Jazz e amica di lunga data, mi ha per la prima volta chiesto di partecipare a Pazzi di Jazz, ho pensato subito di rifiutare. In precedenti esperienze platee di bambini e ragazzi urlanti erano risultati impenetrabili a qualsiasi tentativo di comunicare, nel disinteresse di docenti che con sollievo restavano prudentemente fuori dalla porta dell’auditorium a parlare dei fatti loro avendo delegato per qualche minuto la loro gestione a un altro malcapitato. Di fronte alle mie diffidenze Sandra mi ha assicurato che questo non era il caso e che struttura organizzativa e lavoro preparatorio di Pazzi di Jazz garantivano che situazioni del genere non si sarebbero ripetute. L’amichevole insistenza di Sandra e la possibilità di rivedere anche l’ancor più vecchio amico Filippo Bianchi hanno infine avuto la meglio e mi sono con timore recato a Ravenna per il primo ciclo di Pazzi di Jazz.
Lì mi sono trovato di fronte a un gruppo di lavoro che nonostante le notevoli difficoltà è riuscito, grazie a una esperienza poliennale, a una grande preparazione di base ma soprattutto a una invincibile passione a superare gli ostacoli che si frappongono alla proposizione di una musica come il jazz – proveniente da un altro luogo e un altro tempo, lontana dalla nostra cultura tradizionale, quasi esclusivamente acustica e poco visuale, considerata ostica – ai giovani e ai giovanissimi. Capeggiata dalla maestra Catia Gori – preparata in tutti i campi della musica, cantante di talento, ma soprattutto agguerrita come poche e dotata di una ferrea volontà nascosta sotto la grazia e il pronto sorriso – Pazzi di Jazz è in realtà una iniziativa che grazie a un continuo coordinamento sugli aspetti musicali e didattici tra docenti appassionati coinvolge decine di scuole e centinaia di studenti arrivando a risultati strepitosi.
Nessuno si immagina che sia possibile riempire l’elegante Teatro Alighieri con OTTOCENTO studenti di elementari e medie per una lezione-concerto dedicata a un personaggio della storia del jazz ottenendo da questa platea non solo silenzio ma addirittura rapita attenzione, testimoniata dai temi e dai lavori in classe che anno dopo anno dimostrano come non si tratti di partecipazione passiva, puramente dovuta alla disciplina instillata, ma di accoglienza emotiva. Articolato in seminari musicali che preparano un concerto finale curato tra gli altri da Tommaso Vittorini e Ambrogio Sparagna, Pazzi di Jazz beneficia naturalmente del carisma unico di Paolo Fresu, che dotato solo della tromba e di effetti elettronici o basi suona le composizioni attinenti al tema offrendo a ogni platea il beneficio della sua esperienza diretta, dal bambino che prende la tromba nella banda di Berchidda al performer di fama mondiale.
Il nucleo di base che sostiene l’iniziativa, aiutato dall’amatissimo storico dell’arte ed ex Preside del Liceo Artistico Marcello Landi, sforna idee a getto continuo per fare di ogni edizione di Pazzi di Jazz qualcosa di diverso e unico, che lasci un segno indelebile nella fase formativa dei bambini e dei ragazzi partecipanti. E al di là delle battute d’arresto, che non sono mancate soprattutto dove l’impegno dei docenti non è stato proporzionale alla qualità della proposta Pazzi di Jazz, le soddisfazioni non sono certamente mancate: Paolo e io beneficiamo del lavoro fatto a monte dalla squadra di Pazzi di Jazz e ci troviamo a operare in condizioni entusiasmanti di fronte a platee non facili ma sempre ricettive, come dimostrato dai materiali – testi e disegni – prodotti dai ragazzi, che varrebbe la pena certo pubblicare e meglio valorizzare usando più intensamente le risorse informatiche disponibili. Pazzi di Jazz è infatti una esperienza unica nel panorama italiano a mia conoscenza e una maggiore disponibilità di informazione sulla sua metodologia e sui suoi risultati certamente favorirebbe la possibilità di esportarla in collaborazione con gruppi di docenti e con festival jazz in altre aree della Penisola.
Francesco Martinelli