Sono un Poeta Guerriero e un giocatore, un Hero. Non uno storico o un politico. Queste le ragioni per cui il presente articolo, pur avendo un capo e una coda storici, mirerà piuttosto a raccontare una serie di eventi concatenati sia causalmente che cronologicamente. L'argomento esula solo idealmente da quelli che sono solito toccare… Diciamo che come un trasformista o un illusionista ho omesso, dimenticato, nascosto dalla mia descrizione biografica la passione per i giochi, in particolare la Belote e il Poker fra i giochi di carte e a componente aleatoria e poi gli scacchi, se solo fossi nato in Russia e mi avessero istruito alle grandi partite e alla strategia che rende vincente sempre e solo il giocatore mnesticamente e cognitivamente più preparato. Se fossi uno storico dei giochi sarebbe bello raccontarvi dove e quando nacque il poker, ma ai fini della godibilità del presente articolo voi immaginatelo già giocato nei saloon americani del diciannovesimo secolo da bari e pistoleri e ruffiani cazzutissimi.

Data la premessa, la vera storia di Lo stato biscazziere vs Heroes ha origine nel 1998 con l’uscita nelle sale di tutto il mondo di Rounders – il Giocatore di John Dahl, con Matt Damon, Edward Norton, John Turturro e John Malkovich fra gli altri. Fu a partire da quel film di propaganda del poker texano professionistico, raccontato con una storia epica e imprecisa dal punto di vista tecnico, ma sicuramente allegoricamente potente che il poker divenne un fenomeno globale. Gli aspiranti Rounders di tutto il mondo fecero la fila per aprire un account sulle principali poker rooms del momento: Pokerstars e Fulltilt e il flusso di capitale fu qualcosa di mastodontico. Tempo dopo Matt Damon ed Edward Norton dichiararono fra il serio e il faceto che se avessero potuto prevedere le proporzioni dell’effetto del film sul movimento finanziario legato al poker avrebbero imposto una clausola contrattuale alla propria partecipazione al film, che gli rendesse beneficio dalla rake delle poker room per ogni mano giocata.

In realtà la vera esplosione dell’online si ebbe quando un anonimo Chris Moneymaker, giocatore amatoriale americano di poker online, attraverso la vittoria di un torneo satellite da pochi dollari giocato al computer, volò a Las Vegas per vincere il Main Event delle WSOP, il mondiale di Poker. Era il 2003. Non mi dilungherò oltre nella descrizione di dinamiche legate al poker online anche perché avevo già dato una descrizione del panorama dello stesso in tempi in cui ancora non collaboravo in maniera stabile con Wall Street International, ma avevo ottenuto la pubblicazione una tantum dell'articolo Il sogno infranto del PPP. L’articolo riguarda ciò che accadde e accade in Italia ai rounders italiani, soprattutto sul livello Main Stream, soprattutto a coloro che furono i primi a sfruttare il potenziale magico del gioco di carte più bello e fra fortune alterne si arricchirono, si rovinarono, viaggiarono e si divertirono un mondo, fra lacrime, sudore, sangue e a volte tanto ottimo champagne e allori!

Il patriarca, il capostipite, l’eroe per antonomasia di questa vicenda è senza dubbio Dario Minieri. Se stai leggendo quest’articolo, sicuramente Caterpillar, the Champ, Darietto, non ha bisogno di presentazioni. Massimo esponente della scuola romana fece sognare e appassionare decine di migliaia di amatori e appassionati riportando un successo dietro l’altro. Divenne notizia il giorno in cui con i punti fedeltà accumulati su Pokerstars si rivelò il primo giocatore al mondo a guadagnare una Porsche… che si fece recapitare nonostante ai tempi non avesse nemmeno la patente. Dario Minieri rimane uno dei giocatori italiani più conosciuti anche all’estero, grazie alle sue partecipazioni a format televisivi quali High Stakes Poker, programma incentrato su partite da capogiro fra i più grandi professionisti al mondo, prevalentemente americani quindi. Dario come tanti altri giovani campioni di poker viene dal mondo del Magic The Gathering, gioco di ruolo basato sulle carte che personalmente non conosco ma che sono sicuro sia davvero un’ottima propedeutica al poker, visto che molti fra i più grandi campioni provengono dai massimi livelli proprio di quella disciplina, di cui si disputano tornei internazionali.

Soprattutto nelle grandi città italiane nacquero circoli più o meno abusivi in cui si studiava il gioco e ci si confrontava. Una delle città cui il movimento pokeristico deve senza dubbio di più è la Treviso della famiglia Pagano, padre e figlio. Fondarono la Federazione Italiana Gioco Poker e esplorarono un sentiero che auspicabilmente avrebbe dovuto portare uno stato ottuso e miope a comprendere che il poker sportivo non era gioco d’azzardo e che non si stava rubando nulla ai quattro casinò italiani o alle migliaia di slot da bar della malavita disseminate per la penisola, se si passavano le serate a discutere di mani dopo l’eliminazione precoce da un torneo dal buy-in magari di trenta o cinquanta euro. In ogni caso il movimento cresceva anche grazie all’interesse dei casinò che presero a ospitare tappe di tornei, nazionali e internazionali, sempre più prestigiosi, sempre più onerosi.

Il casinò di Sanremo per diversi anni ospitò una tappa dell’ormai trasformato European Poker Tour, un happening di poker che presentava un main event dal buy-in vertiginoso e un corredo di satelliti che lo rendevano accessibile anche ai giocatori privi del bankroll giusto per il torneo target. In queste occasioni, al casinò di Sanremo era impossibile non imbattersi nei ragazzi della scuola imperiese e ligure in generale: parliamo di professionisti del calibro di Daniele Mazzia, Marco Della Tommasina e Rocco Palumbo, dei veri highlander del poker. Ma tutta Italia presto o tardi ha prodotto dei campioni: il calabrese Salvatore Bonavena, recordman EPT, il sardo Filippo Candio, primo italiano a raggiungere il final table del main event WSOP, il siciliano Dario Alioto, campione di varianti e arti marziali, Claudio “Swissy” Rinaldi fra i tantissimi… E last but not least “the Italian Pirate”: il milanese Max Pescatori, che ai tempi in cui andavo all’asilo prese la liquidazione dal supermercato in cui lavorava per trasferirsi a Las Vegas, vivere di varianti e perfezionarsi in tutti i game possibili, fino a vincere tre braccialetti WSOP, essere amico rispettato del top della comunità pokeristica internazionale nonché candidato alla Hall of Fame del Poker. Il poker live non è morto, non si è fermato, non si è arrestato, i circuiti non mancano, i tornei hanno visto ridurre i buy-in e trasformare le strutture, ma esiste ancora un olimpo del poker, esistono ancora players che si giocano la vita quotidianamente…

E che ne è degli italiani? Due nomi su tutti: il ravennate Mustapha Kanit e il partenopeo Dario Sammartino. Milioni vinti in carriera nei soli tornei, fra live e online e nessuna idea dei successi e delle debacle ai tavoli cash game highstakes, a quanto pare anche a quelli di Macao prima e Manila dopo, attuali capitali delle partite più alte del pianeta, quelle fra imprenditori asiatici e super professionisti del poker. Questi ragazzi hanno fatto la storia del poker italiano, sono campioni inestimabili di una disciplina che dell’azzardo non ha poco, non ha nulla. Diverse corti statunitensi hanno già decretato trattarsi di skill game, gioco di abilità. E ci fu un avvocato che sfidò la corte a una partita a poker contro il proprio cliente, professionista del poker, che veniva accusato di essere un giocatore d’azzardo. Molte informazioni possono essere reperite online da riviste di settore molto ben scritte quali Italia Poker Club su tutte… Fu proprio qui, credo, che mi capitò di leggere di come il longevo genovese Marco Della Tommasina, balzato recentemente agli onori delle cronache per alcuni successi nel suo circuito preferito (il WPT), ma esperto professionista del cash game, in una notte fonda di Las Vegas si aggiudicò un piatto senza carte, dopo che il dealer per sbaglio lo aveva privato di carte che dovevano essere ancora valide e in gioco. Della Tomma ama definirsi il Joy Knish (Turturro) di The Rounders

Ma giungendo al punto dell’articolo, cosa è accaduto in Italia e non solo al mondo del poker? È stato lentamente trucidato attraverso la chiusura della liquidità sul piano nazionale. Gli italiani non hanno più potuto giocare sui loro account internazionali e il dot com è diventato un miraggio per i residenti in Italia. Equitalia ha inventato cartelle milionarie per giocatori che avevano già pagato regolarmente le tasse sulle loro vincite estere all’estero, come previsto dalle normative internazionali e solo dopo lunghe battaglie costate carriere intere e contratti di sponsorizzazione si è giunti in alcuni casi a ritrovare un po’ di serenità anche nelle stalle in cui si era caduti dalle stelle. A questi campioni e modelli va tutta la mia solidarietà e vorrei fargli presente che “Gli spiriti non dimenticano”.

Mentre AAMS bloccava il mercato, riduceva i flussi e uccideva di fatto il poker online, dove il traffico langue soprattutto ai livelli utili a fare del poker una professione, le grandi major del gaming online introducevano sulle piattaforme di poker online tutta una vasta selezione di giochi da casinò e un’offerta di gambling spietata, non perdendo occasione di bombardare col marketing il ludopatico che ora è quotidianamente impegnato nel bingo, slot machine, roulette, blackjack, keno e quant’altro. Non ricordo il nome di una professionista sponsorizzata da una di queste major che rinunciò per protesta al proprio contratto nel momento in cui il suo datore di lavoro decise di trasformare l’ambiente accogliente per un serio giocatore di poker nel macello per ludopatici che sono ora i siti AAMS dot it.

Un ulteriore discorso va riferito al betting sportivo, anch’esso considerato dai più uno skill game, se praticato secondo criteri rigidi e professionali… Le piattaforme non mancano di offerte volte ad attirare il povero pollo che sogna la grande vincita, ma quando lo squalo carica un sacco di soldi e li gioca con criterio, ecco che l’account, con una scusa o un’altra viene bloccato. Inutile specificare che vige il divieto di bettare su dot com. Un ulteriore discorso, il più odioso, è quello delle macchinette da bar che erogano fino a cento euro di vincita. Una percentuale sproporzionata di italiani provenienti da qualsiasi estrazione sociale e condizione è affetta dalla dipendenza da queste maledette trappole che garantiscono circa l’80% in vincite, dividendo il restante 20% fra stato, gestori ed esercenti ospitanti. Una truffa diabolica con dinamiche da tecnoipnosi allucinatorie che stanno distruggendo famiglie intere. Basta guardarsi intorno, o se si ha la fortuna di vivere in un eremo con una buona connessione satellitare, visitare i forum per ludopatici. Si agganciano a circuiti neurali che sono falle di depressione, frustrazione, insoddisfazione, colmano con l’oblio gli insuccessi e la mancanza d’amore, affetto, eros, ci succhiano via tutto il portafogli e poi l’anima, per il senso di colpa e di stupidità che è l’unico premio garantito.

Vorrei chiudere facendo presente che l’odio che ha spinto a scrivere contro lo stato biscazziere, che ha costretto il Pirata a girare fra Milano e Vegas, Della Tomma nomade, Kanit a Londra, Sammartino, Palumbo e soci a Nova Gorica per poter svolgere la propria professione godendo di un chiaro regime fiscale che gli consenta di stare nei limiti della legge facendo qualcosa di legale, è la dichiarazione di qualche giorno fa a proposito del fatto che i nati nel 1980 andranno in pensione a settantacinque anni… se ci arriveranno, perché si sono giocati i milioni che dovevano essergli erogati dall’INPS durante la vecchiaia. Uno stato che non è ancora riuscito a capire che deve produrre una legge chiara ed equa che regolamenti la fiscalità legata alle entrate provenienti dal poker e non lasciare che la mafia delle room e AAMS a braccetto aumentino rake e tassazione, ufficialmente agevolando il giocatore amatoriale e occasionale per trascurare il mass grinder semi o professionista, ufficialmente fottendo tutti come sempre. Nel solo 2016 gli introiti della raccolta giochi hanno raggiunto un molto lordo, azzarderei anzi un “lordissimo” pari a €. 95.000.000.000,00.

Ma non mi va di chiudere con odio, voglio chiudere con amore… L’amore che mi riempie il cuore di esteta del poker ogni volta che riosservo questa mano giocata fra il mito vivente Doyle Brunson, forse il professionista più anziano ancora in attività e più volte campione del mondo e il nostro Dario Minieri, che partiva con valigie piene di centinaia di migliaia di dollari propri per giocarsi la vita contro squali come Tom Dwan, Phil Ivey, Gus Hansen, Phil Helmut e lo stesso Brunson. Il senso della mano che vi propongo di vedere è la stessa di un giovane e aitante Lancillotto del Lago che chini la testa a Re Artù, giochi letteralmente a carte scoperte, gli dica: “il sovrano sei tu, ti sono fedele, non ho speranza di ingannarti, ma la carta, come la regina Ginevra è bastarda! Quindi decidi se provare a togliermi questo monolocale o no, mio Sire”. Poesia. Far West. Eroismo. Malizia di Giullare.

Ring composition in edizione pokeristica. “We show-down & then decide…”.