Sessanta milioni di morti. Un continente in rovina, stralci di altri continenti in rovina. Nel 1945, la fine della Seconda guerra mondiale fu siglata fra le macerie fisiche, intellettuali e spirituali dei popoli coinvolti, macerie dalle quali non sembrava fare capolino nemmeno un virgulto di futuro. Eppure, con una giravolta della storia, anche grazie agli artisti che presero in mano la ricostruzione di molti valori, da quella catastrofe il mondo rispuntò. Con visioni di progresso lungimiranti che, si vagheggiava, sarebbero state definitive. Certo, accantonando nello sgabuzzino delle storture, come retaggio del disastro precedente, guerra fredda, crisi nucleari scampate per un pelo, terrorismi variamente espressi, povertà, razzismi. Storture da raddrizzare in un cammino radioso, si è creduto fino a qualche tempo fa. Ingenui.
Pippo Pollina, cantautore impegnato - si spolveri l’apparente muffa dalla definizione perché Pollina compone, interpreta ed è battagliero quindi è un cantautore impegnato – tira fuori l’ultimo conflitto mondiale dato che il presente gli pare, senza quella conta di caduti tragica, milionaria e forfettaria per difetto, apocalittico: "Se guardo, se valuto, purtroppo penso che non abbiamo scampo. Fra cinquant’anni chi vivrà sul pianeta avrà serie dificoltà. Sì, solo fra cinquant’anni: i processi non sono progressivi ma esponenziali. Ma la storia insegna che una variabile impazzita può cambiare tutto".
E allora Pollina “versa” lacrime di disperazione, ma nella sua ultima incisione, Il sole che verrà, canta la speranza: è un artista e prova un’immensa responsabilità. Prima del concerto gratuito al Teatro Studio di Scandicci, con lo strepitoso Palermo Acoustic Quintet, in una tappa del tour che ha già toccato Amburgo, Stoccarda, Vienna, Salisburgo, Zurigo, Lugano e altre numerose città delle terre germaniche dove a Pollina capita di vedersi in classifica prima dei mitici Rolling Stones, Pippo parla. Giuseppe, detto Pippo, come succede a quasi tutti i Giuseppe siciliani, è seduto su una panchetta del foyer di quel teatro di frontiera e ricerca che per un trentennio ha visto le gesta artistiche di Giancarlo Cauteruccio, affiancato da Pina Izzi, l’instancabile, ed è dunque lo spazio ideale per accogliere le posizioni civili del musicista palermitano, svizzero d’adozione. Lo spettacolo è nell’ambito della settimana della legalità organizzata dal comune di Scandicci, a un passo da Firenze: invitato nelle scuole e in prima fila al concerto Giovanni Impastato, che ha raccolto l’eredità morale di suo fratello Peppino, ammazzato dalla mafia.
Da ragazzo, Pollina combatteva insieme con un’altra vittima di Cosa nostra, Giuseppe Fava, ucciso nel 1984: "Per un siciliano, la lotta politica era lotta alla mafia perché la criminalità organizzata sull’isola era inquadrata politicamente. Quando la questione 'mafia' è diventata nazionale, e si sprecavano i talk-show, le parole nelle chiese, nelle piazze c’è stato un effetto positivo, le coscienze si sono riscaldate, ma è seguita la normalizzazione, la banalizzazione e poi il rifiuto: non se ne parli più. Quello che i mafiosi volevano: passare di moda". Secondo Pollina, con la caduta del muro di Berlino la mafia perse la funzione di impedire l’ascesa delle sinistre in Italia e la comunità internazionale, USA inclusi, che fino ad allora si erano accollati Cosa nostra, provarono a scaricarla. I boss risposero con le bombe ovunque, Roma, Firenze, l’assassinio di Falcone e Borsellino.
Per Pollina, appartenente al primo movimento anti-mafia, l’avversario è cambiato: "La politica ha abdicato. Il suo primato è stato spodestato dalla finanza. I capitani d’industria di un tempo erano capitalisti, ma facevano lavorare le persone. C’era una dialettica, si produceva qualcosa: automobili, tessuti, macchine da scrivere. Adesso la finanza sposta capitali immensi da una cellula di azioni all’altra facendo perdere il lavoro in un minuto, svuotando casse di lavoro di un paese, riversandole in un altro. I politici parlano come gli economisti: più o meno profitto". Risultano irrintracciabili: bene e male, fattibile e non fattibile, sostenibilità e non sostenibilità. "Noi siamo in forte pericolo" - prosegue Pollina - "i politici non si occupano dei problemi dell’umanità, ma dei problemi di bottega e non capiscono che i problemi dell’umanità diventeranno di bottega. Per questo succede che i camorristi non hanno problemi ad avvelenare il territorio sapendo che figli e nipoti moriranno di cancro. E Trump si disinteressa degli accordi per il raffreddamento del pianeta. O se frega, tanto fra vent’anni… O non ci crede. Ma la gente ce l’ha il cervello? Il Berlusconismo rincretinisce il popolo. Mi inquieta più Berlusconi di Mussolini. Silvio è riuscito nell’impresa di superare Benito. Intanto perché il manganello e l’ovvietà del Fascismo erano evidenti, poi perché in Mussolini c’era l’esaltazione del Paese, l’amor proprio, in Berlusconi no".
Quando canta in Italia le sue canzoni di speranza, con atteggiamento propositivo e costruttivo, si accorge che il pubblico le vuole proprio ascoltare, ma poi non ce la fa ad agire: "Le cose devono essere fatte. Invece ci si limita al 'vaffa', un altro modo di non fare. I grillini hanno le chiavi e non sanno usare la serratura. Non sono credibili. Don Puglisi diceva che se ognuno fa qualcosa, allora si può fare molto. Mi piacciono queste persone. Gino Strada, Don Ciotti. Per il resto, c’erano, ma non ci sono più: Umberto Eco, Dario Fo, Leonardo Sciascia, Pasolini. Ora ci teniamo Sgarbi, e a me non piace".
Pippo abita a Zurigo e il pubblico del centro Europa lo festeggia da tanti anni con un successo da tutto esaurito. Della vita alla tedesca, Pollina nota soprattutto il rispetto per la figura dell’artista e la capacità delle persone di combattere insieme per raccogliere importanti risultati culturali. "I centroeuropei hanno avuto la Riforma, Kant, l’Illuminismo, Hegel" - sintetizza -. "Noi la Chiesa cattolica con l’Inquisizione che fino a ieri bruciava le streghe. Questa loro filosofia, questo fideismo li aiuta a realizzare molti progetti. Ci sono anche estremi nefasti, come il nazismo perché nell’impalcatura non era prevista la ribellione. Con la ribellione l’idealismo crolla".
Suonare in Italia è molto bello per Pippo. Il 9 giugno sarà al Teatro Massimo, nella Palermo natale. I biglietti sono stati già venduti tutti e la band ipotizza una seconda data anche se l’organizzazione non è uno scherzo: "Una piccola soddisfazione che per me è grande. Per un palermitano fare un concerto al Massimo… in quel gioiello neoclassico-liberty. E io sono appassionato d’architettura!".
Pippo Pollina, ormai propheta in patria.
Pippo Pollina & Palermo Acoustic Quintet
Pippo Pollina voce, piano chitarra; Michele Ascolese, chitarre; Gianvito Di Maio, tastiere e fisarmoniche; Fabrizio Giambanco, batteria e percussioni; Filippo Pedol, contrabbasso e basso elettrico; Roberto Petroli, clarinetto, sassofoni.