L'idea è quella di una scienza che unisca i popoli, ispirandosi alla bellezza antica e cercando di trasportarla ai tempi nostri. Il progetto di un nuovo ponte sull'Arno, centro di ricerca e divulgazione, è nato a Pisa nelle storiche sale del cinquecentesco Palazzo della Carovana, sede della Scuola Normale Superiore, e sta velocemente decollando verso la realtà.
Sono trascorsi appena due anni da quando era solo un sogno astratto e oggi è già un piano concreto in via di esecuzione. Tanto che nel 2020 lo vedremo attraversare il fiume nel suo tratto pisano, immediatamente prima del centro storico, nell'area delle Piagge, polmone verde della città, oltre che quartiere residenziale. Si chiamerà "Origins Bridge" perché la sua funzione principale sarà quella di ospitare laboratori per ricerche di eccellenza sulle origini del cosmo e quelle della vita. Avrà la forma di un grosso pesce accasciato sull'Arno e sarà "bello", proprio come sono belli il Ponte Vecchio e il Ponte di Rialto da cui è stato "suggerito".
Una struttura dedicata alla scienza e nello stesso tempo un luogo vissuto: così lo vuole chi ha lanciato l'idea, raccolta dalla comunità scientifica e da quella civile. "Sono profondamente convinto che l'Italia abbia il suo punto forte nella creazione del bello e dei prodotti di qualità. Ce lo ha insegnato uno dei nostri più grandi economisti, Carlo Maria Cipolla, e io credo che avesse proprio ragione. Una struttura di pregio, allora, non un edificio anonimo, con la funzione di limitare la carenza di centri di alto livello di cui soffre la ricerca scientifica in Italia". Chi parla è il "padre" del ponte della scienza, il professor Andrea Ferrara, ordinario di Cosmologia alla Scuola Normale, oltre che docente all'Istituto di Fisica e Matematica dell'Universtà di Tokyo. Ma lui, che è uno dei più apprezzati fisici teorici in campo internazionale, non "ispeziona" soltanto le stelle cercando i segreti dei buchi neri e della formazione delle prime galassie. Ama anche guardare il nostro pianeta e l'Italia con occhi concreti. D'altronde quando era piccolo, nella cantina della sua casa di Udine, costruì di nascosto ai genitori un cannocchiale per guardare il cielo con il solo aiuto di un libro di istruzioni e della sua tenacia. Ci riuscì perfettamente, così come adesso ce l'ha fatta a superare persino gli ostacoli amministrativi e finanziari per dare vita a nuovi spazi scientifici organizzati in una forma quanto meno inusuale.
Perché il ponte? Perché collega due sponde, due realtà diverse, e quindi è simbolo globale di pace di unione. Come il Ponte Vecchio e il Ponte di Rialto anche Origins Bridge avrà le sue 'botteghe', solo che questa volta non venderanno l'oro giallo, ma produrranno e divulgheranno conoscenza, l'oro dei nostri tempi. Due i livelli previsti. In oltre 2000 metri quadrati di laboratori al primo piano si svolgeranno ricerche di avanguardia della Scuola Normale, della Scuola Superiore Sant'Anna e di altre istituzioni di eccellenza. Spazi altrettanto ampi al piano terra sono invece riservati al pubblico che potrà andare a curiosare e anche "provare" i risultati degli ultimi studi. Ed eccola, allora quell'"unione" che il ponte simboleggia. Una doppia unione: da una parte gli scienziati che aprono la loro torre d'avorio e si mescolano con la gente comune; dall'altra sempre gli scienziati fondono i loro "saperi", li congiungono in una sforzo collettivo, lontano dalle divisioni e dalle rivalità che troppo spesso li hanno visti protagonisti.
"Abbiamo scelto questo nome, 'Ponte delle origini', proprio perché è in quella direzione che vogliamo dirigere le nostre ricerche. Vogliamo sapere tutto del punto di inizio della nostra esistenza per poi capire dove e come andare a cercare la vita anche su altri pianeti. Non ci dimentichiamo che la Terra avrà una fine, così come il Sole. E molto prima di quella fine le risorse terrestri non saranno più sufficienti a mantenerci. Quindi dovremo andare da qualche altra parte del nostro Universo dove ci sono migliaia di pianeti che girano intorno ad altre stelle. Ma per farlo c'è ancora tanta ricerca da fare". Così il professor Ferrara racconta in maniera semplice il fulcro dell'attività complessa che gli scienziati, tutti insieme, svolgeranno al primo piano del ponte con strumenti sofisticati. Ma poi, negli spazi al livello del camminamento pedonale e ciclabile, si svolge la parte più rivoluzionaria del progetto. Oltre a un teatro e a un auditorium ci saranno infatti quegli ambienti destinati alla divulgazione scientifica che poco o niente hanno a che fare con i metodi tradizionali. L'incontro con il mondo dell'accademia avverrà infatti attraverso mezzi di diffusione moderna, fortemente basati su tecnologie innovative e digitali, come le realtà aumentate e virtuali, che hanno bisogno dei super computer funzionanti al piano superiore. Insomma avremo una visualizzazione virtuale dei dati scientifici, potremo entrare in un Cave 3D e "passeggiare" nell'universo, tornare indietro di migliaia di anni luce e avvicinarci al Big Bang, oppure farsi risucchiare in un buco nero, lasciando che anche le nostre emozioni conoscano nuove frontiere". Ed ecco l'ammonimento: "La ricerca è un bene comune e la scienza è così bella, così divertente, che deve essere condivisa. La Scuola Normale sta già mettendo in atto un programma di immersione virtuale nella scienza (VIS; ndr) e il successo di alcune nostre iniziative è tale che in qualche occasione le richieste di partecipazione hanno mandato in tilt il sistema informatico. Significa che c'è molta voglia di conoscenza".
Non solo divulgazione con metodi innovativi, però, ma anche aree di socializzazione, come ristoranti e caffè, dove qualsiasi studente, cittadino o turista potrà avere l'occasione di incontrare anche il premio Nobel. Sogno ad occhi aperti? Utopia del XXI secolo? Non sono parole che esistono nel vocabolario del professor Ferrara. E un anno fa a chi glielo chiedeva rispondeva così: "Qualsiasi cosa è utopica prima di essere realizzata. Io penso positivo e credo nella forza delle idee: voglio dimostrare che anche in Italia possiamo andare contro i luoghi comuni e le difficoltà".
Ora, a distanza di pochi mesi, è già pronto il bando del progetto di partecipazione che definirà lo studio di fattibilità, mentre alcune aziende private hanno già mostrato il loro interesse all'iniziativa. "L'innovazione è certamente il motore della conoscenza, ma anche quello dello sviluppo della società che mette in moto i processi economici. I privati lo hanno capito subito e sono pronti a fare la loro parte". Per la costruzione vera e propria è previsto un anno. Il cronoprogramma stabilisce che nel 2020 il Ponte delle Origini sia reale. Pensare positivo qualche volta funziona.