L’uomo era alto alto, possente, nerissimo. La bambina era minuscola e piangeva, disperata. Un padre, una figlia: in ospedale. Chiara Bartolotta, musicista ed educatrice, vinse la sua timidezza abituale, quasi una diffidenza forse, nell’avvicinare i genitori maschi; in più quel papà africano era davvero un marcantonio che incuteva soggezione, e intonò un canto: la bambina si placò subito, per due volte di seguito. Anche l’uomo alto alto, allora, intonò un canto: “Sono un cantante, ma non avevo mai pensato di cantare per lei - disse esterrefatto e commosso -. Grazie, finalmente ho capito che cosa posso fare”. Una rivelazione.
Quando un bambino nasce prima del tempo, o troppo prima del tempo, quando è affetto da sindromi pericolose, quando non lo si può prendere in braccio o, addirittura, nemmeno sfiorare, la madre e il padre si sentono impotenti, ma non lo sono: possono cantare e creare una relazione con la loro creatura. Chiara Bartolotta insegna ai genitori, nel 95% dei casi sono mamme, a cantare per i neonati in difficoltà. Dal 2006 lavora all’Ospedale Sant’Orsola di Bologna (Terapia intensiva, Neonatologia) per il progetto Tamino, voluto da Claudio Abbado e proseguito dall’associazione Mozart14, presieduta da Alessandra, figlia del direttore d’orchestra.
Fate la nanna coscine di pollo, la vostra mamma vi ha fatto un gonnello […]
Fate la nanna begli occhi di sole, il letto è fatto di tutte le viole […].
La ninna nanna sta scomparendo e invece è scientificamente provato che nel bambino avviene il riconoscimento timbrico della voce della madre. Il bambino, inoltre, può memorizzare la melodia e reagisce di più al canto della madre che al suo parlare e il canto aiuta la sintonizzazione emotiva di una madre con il figlio. “Se la madre e il padre cantano, il bambino assorbe - dice Marina Falzone, musicoterapista che fa parte come tirocinante del progetto Tamino, intitolato al principe mozartiano del Flauto magico -, e sviluppa un’inclinazione per la musica perché il canto, con la respirazione, la frase, l’appoggio, ha un andamento diverso dal discorso. Il sistema uditivo al terzo trimestre di gestazione è già formato, nell’utero funziona un sistema vibrotattile, perché riconoscere i suoni è indispensabile alla sopravvivenza e la voce della mamma è il riferimento sonoro per eccellenza. Per il bambino fino ai nove mesi di età la mamma canta, anche quando parla, e se canta davvero lo spettro acustico è più specifico e più ampio”. È chiaro, dunque, che i prematuri ci ascoltano.
Nel reparto di terapia intensiva del Sant’Orsola, la situazione è delicatissima, anche se è un luogo dove si salvano tante vite che trent’anni fa non avrebbero avuto nemmeno una possibilità. Come si propone a una puerpera di imparare a cantare per il neonato - e già le puerpere piangono se tutto fila liscio -, a una puerpera che teme per il destino del figlioletto? La si osserva, ci si accosta con rispetto, si cerca di capire se è il caso di insistere dopo un diniego iniziale o lasciar perdere.
“Emotivamente sentir cantare tocca tasti molto scoperti e alcune mamme scappano perché inconsciamente sanno che sarebbero messe a nudo” spiega Marina Falzone. “Ci sono donne che accettano e che ti sono grate - racconta Chiara Bartolotta nel cucinino del reparto, spazio prezioso che a Neonatologia non c’è, dove le madri possono imparare i rudimenti della respirazione e dell’emissione -. A meno che il bambino non sia molto sedato, le reazioni al canto materno ci sono sempre, anche se sottili. Gli stimoli sono una sorta di ginnastica che lo porta a progredire. Questo insegna alle mamme a leggere il figlio e a capire di avere importanza perché di fronte ai casi gravi può accadere che se ne vadano, tornino al lavoro, convinte di essere inutili. Il nostro primo scopo è creare delle relazioni. Non sono stati ancora fatti molti studi, ma spesso c’è un collegamento fra prematuri e autismo, proprio perché se la relazione non scatta subito potrebbe rimanere un deficit”. Prima di imboccare la strada canterina, le signore acculturate chiedono spiegazioni dettagliate e relazioni scientifiche, le signore meno istruite seguono l’istinto.
Stella stellina, la notte s’avvicina, la fiamma traballa, la mucca è nella stalla, la pecora e l’agnello, la vacca col vitello, la chioccia coi pulcini, la gatta coi gattini e tutti fan la nanna nel cuore della mamma.
Tamino assiste chi viene al mondo fra le spine e sostiene i bambini e gli adolescenti ricoverati in Chirurgia pediatrica e Oncoematologia pediatrica. Ad aiutare i malati ci pensano tre musicoterapeuti professionisti di Music Space Italy: Barbara Zanchi, Tim Trevor Briscoe e Romy Carra che hanno visto nascere il progetto nel 2006 quando era ancora nell’ambito dell’Orchestra Mozart, fondata da Abbado, e che hanno una convenzione con l’associazione Mozart 14 per l’ideazione e la realizzazione degli interventi di musicoterapia al Sant’Orsola. Musicista di formazione accademica poi diplomatasi in Musicoterapia “per fare uso della musica come intervento curativo”, Barbara Zanchi è consapevole della contraddizione, quasi del paradosso, di raccontare un lavoro che richiede riservatezza e intimità. Non si può sbandierare la tragedia di un bimbo ammalato di leucemia, ma è giusto si sappia in giro di attività che fanno onore all’essere umano.
Dottori con un dolce “sciroppo”musicale che scioglie la tensione, l’ansia e la paura, sempre in due, svolgono percorsi settimanali al Sant’Orsola, anche a luglio e agosto, lavorando nelle stanze, se il mini paziente non può uscire, o nelle sale gioco, formando gruppi possibilmente di coetanei. Portano gli strumenti a percussione che i bambini possono manipolare, una tastiera e una chitarra. Il lavoro si basa su un approccio interattivo relazionale che sboccia in esperienze libere. “È abbastanza immediato per un bambino essere coinvolto - dice Barbara Zanchi -. Assecondiamo l’improvvisazione, utilizzando aspetti ritmici, melodici e canzoni che il bambino conosce già e vuole ritrovare per portare in ospedale qualche cosa di familiare durante un’esperienza difficile. Noi invitiamo tutti coloro che sono nelle condizioni fisiche di partecipare, succede che qualcuno dica 'oggi non ne ho voglia', ma poi arriva. Di solito i genitori ci accolgono favorevolmente; con i bimbi piccoli restano, partecipano, osservano le parti gioiose oppure, una volta fiduciosi, ce li lasciano e approfittano per prendersi un indispensabile momento di riposo. Noi siamo flessibili”. Il lavoro è molto coinvolgente, molto impegnativo. Ci sono la sofferenza della malattia e delle conseguenze della malattia: la debilitazione, il nervosismo. Aiuta un buon rapporto con l’équipe psicologica e medica dei reparti. “Ma ci tengo a dirlo - conclude Barbara Zanchi - è anche una grande esperienza, i bambini sono fonte di bellezza e ci insegnano molte cose”.
Nel 1983 la soprano Lucia Popp (1939-1993) incise la deliziosa raccolta di ninna nanne e filastrocche: Die schönsten deutschen Kinder-und Wiegenlieder, un’amica ideale di Tamino.