Gli esseri umani, a volte, sembrano essere preda di una vertigine autodistruttiva. Questa "cupio dissolvi" intacca l' anima passando attraverso i cinque sensi e l'udito, il più raffinato di essi, è il primo a soffrirne. L'epoca attuale vede l'esposizione al rumore come la principale causa di sordità nei paesi industrializzati. Anche se l'Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda di non superare la soglia di 65 decibel (dB) di rumore ambientale, nel nostro paese l'inquinamento sonoro medio nelle zone urbane supera abbondantemente i 70 dB con danni sempre più rilevanti all'udito e il danno uditivo da esposizione a rumore, una volta instauratosi, è irreversibile.
Le nuove regole di controllo del livello sonoro nelle fabbriche e negli ambienti di lavoro sono molto severe per cui i contesti più a rischio uditivo non sono più quelli industriali, fonderie o cantieri ma, strano a dirsi, sono i parchi pubblici e in genere le aree ricreative o di transito e il paziente a "rischio" rumore non è più l'operaio o lo stradino, ma gli studenti gli adolescenti e i giovani in genere, e fra poco ne capiremo il motivo.
È infatti cosa comune incontrare ragazzi e ragazze che viaggiano, studiano, fanno jogging o semplicemente passeggiano immersi nell' ascolto di musica da cuffiette all'apparenza innocue, ma collegate a lettori mp3 o smartphone dove il livello di rumore emesso può superare abbondantemente i 120 dB e che spesso vengono ascoltati per ore, per non parlare poi del livello sonoro presente in discoteche, concerti rock o rave party e tali contesti sfuggono incredibilmente a ogni controllo da parte degli enti preposti a salvaguardare la salute pubblica.
La musica, per quanto celestiale possa essere, impatta l'udito a colpi di decibel come il più vile dei rumori e recenti indagini hanno evidenziato come la percentuale di giovani con ipoacusia imputabile a esposizione a rumore, sia salita dal 18% del 1980 al 38% del 2010 e infatti gli specialisti audiologi rilevano sempre più spesso in ventenni soglie uditive che in passato erano prerogative di ultrasettantenni dopo una vita di lavoro in fabbrica. La musica quindi, se ascoltata a un livello sonoro di 80 dB per otto ore al giorno e per cinque giorni alla settimana, rappresenta un rischio assai elevato per l'udito.
Gli auricolari che oggi sono così diffusi, isolando dall'ambiente esterno, consentono di "pompare" la musica al massimo volume senza arrecare disturbo agli altri ma causando danni notevoli all' udito se, come spesso accade quando anche il passante può percepire il brano ascoltato, vengono utilizzati a volumi di oltre 100 dB. In realtà l'orecchio interno ha un meccanismo di difesa che innesca, in presenza di rumori oltre i 70 dB, una specie di attenuatore, una sordina interna che contemporaneamente manda un segnale di dolore al soggetto che dovrebbe saggiamente percepire la minaccia allontanandosi dal pericolo. Tutti noi, partecipando a un concerto o durante uno spettacolo pirotecnico, abbiamo inizialmente avvertito dolore alle orecchie e istintivamente le abbiamo protette con le mani, ma poi non ci siamo allontanati perché magari era una situazione comunque piacevole e perché tale riflesso protettivo endogeno, dopo qualche minuto, si esaurisce e cessa di infastidirci. Il significato biologico di tale riflesso è analogo al dolore che si prova toccando un oggetto troppo caldo: ci spinge a lasciarlo, se poi si continua a tenerlo stretto i danni possono essere irreversibili e così accade per l'udito.
Su un articolo comparso recentemente sull'autorevolissima rivista Scientific american Charles Liberman e Sharon G. Kujawa , due neuroscienziati che studiano l'udito all'Harvard Medical School, hanno scoperto che le cellule ciliate dell'organo del Corti, i neurorecettori dell'udito, possono sopravvivere a una serata in discoteca o a un concerto rock, ma che le fibre nervose che le connettono al cervello potrebbero subire danni permanenti per un eccesso di increzione di neurotrasmettitore che intossicherebbe le sinapsi. Questo spiegherebbe la perdita di discriminazione vocale in presenza di rumore di fondo per sinaptopatia anche con un esame dell'udito apparentemente normale.
Liberman accomuna le ripetute esposizioni a rumori ai tanti piccoli traumi cerebrali subiti dai pugili o dai giocatori di rugby in tutta la carriera prima che venga loro diagnosticata una forma di demenza detta encefalopatia traumatica cronica (CTE) "ci sono molte somiglianze con la CTE" - dichiara lo scienziato - "rimani stordito da un trauma, ti senti meglio e ricominci. Dopo qualche anno il tuo cervello è diventato pastafrolla". L'udito funziona evidentemente in modo simile e piccoli, ripetuti danni corporei, accumulandosi, creano problemi sempre più gravi e quindi qualsiasi esposizione a rumore superiore ai 90 db causa uno di quei piccoli danni che accumulandosi portano lentamente e irreversibilmente alla sordità.