Il Mar Baltico, le Canarie, l’America del Sud, il Mar Nero, Calcutta, Madeira, le Azzorre, Kiel, il giro del mondo nella lunga e appassionata carriera di Enrico Alberto D’Albertis. Le crociere sul Violante per l’esplorazione dei fondali marini e il Corsaro, che rifece la rotta di Cristoforo Colombo, e i cui resti, dopo il naufragio nel passo di Calais, ancora si conservano nel Castello D’Albertis a Genova.
Nell’estate del 1882 il capitano Enrico Alberto D’Albertis, originario di Voltri, in Liguria, dov’era nato il 23 marzo 1846 dal cavalier Filippo, ricco industriale tessile, e donna Violante Giusti, arrivò a Madeira a bordo del Corsaro, un cutter a mezzana in rovere di Calizzano, noce e pitch pine, sventolando uno stendardo azzurro con stella dorata e catene d’argento a croce di Sant’Andrea. Era l’8 marzo quando fu varato nei cantieri di Luigi Briasco, a Sestri Ponente, su disegno di Luigi Oneto, un industriale del sapone di Sampierdarena che per riposare veleggiava sulla spiaggia, dove aveva aperto un piccolo cantiere di imbarcazioni da diporto. Nel 1869, nel porto di Genova, s’era ormeggiato uno yacht a vapore, già del Principe di Galles, di proprietà di Frederick Yeats Brown, banchiere, finanziere e fratello di Montague, console di Sua Maestà britannica a Genova. Tempo dopo, Oneto, costruì per il console il Black Tulip, con cui egli veleggiò prua a Portofino, dove acquistò un’antica fortezza sul mare. La moda contagiò anche i genovesi con la costruzione di diversi yacht, fra cui il Violante del capitano D’Albertis.
Il suo amore per il mare era antico, tradizione di famiglia. Il padre Filippo aveva studiato al Collegio Nautico di Palermo prima di dedicarsi al suo lanificio di Voltri, un tempo a Genova, dov’era nato nel Settecento per la produzione di panni e berretti alla turca da commercializzare con l’Oriente, quindi di stoffe per l’Esercito sardo, gli equipaggi della Regia Marina e le comunità religiose. Figlio di ricchi lanieri, dopo aver frequentato il Collegio dei Signori della Missione di Savona e il Collegio Carlo Alberto di Moncalieri, nel 1862 D’Albertis entrò nella Regia Scuola di Marina di Genova, arroccata sulle alture di Montegalletto, fra le mura di un antico monastero, da dove dominava il porto e la città. Quell’estate partì per il Mare del Nord e il Mar Baltico a bordo della corvetta a vela Euridice per la sua prima crociera d’istruzione, raggiungendo, l’anno dopo, l’Egitto e le Canarie. Nell’inverno del 1864 fu imbarcato sulla fregata Principe Umberto per un viaggio d’istruzione in Sud America. Nel 1866, di ritorno dalla sua missione, la nave fu inviata, con ancora a bordo i giovani allievi, nel Mar Adriatico, dove partecipò alla battaglia di Lissa contro la Marina austriaca. Fra il 1867 e il 1869, ormai guardiamarina, D’Albertis fu imbarcato sulle corazzate Formidabile e Ancona, quindi sulla corvetta Clotilde. Nel 1869 lasciò la Regia Marina. Quell’anno, a Port Said, assistette, ospite del viceré d’Egitto, tra bandiere, orifiamme e stendardi con la croce di Cristo e la mezzaluna di Maometto, all’inaugurazione del Canale di Suez.
Nel 1870 D’Albertis entrò nella Marina mercantile, navigando, come secondo ufficiale, sulla Emma D. fra il Mediterraneo orientale e il Mar Nero, quindi, nel 1871, fra Inghilterra, Scozia e Irlanda. Al ritorno, l’armatore Ferrero gli offrì il comando del piroscafo Emilia, della rotta di Calcutta. La nave salpò da Genova il 12 settembre 1871 raggiungendo l’India via Suez. Il 28 dicembre, dopo aver studiato commerci, usi e costumi indiani, D’Albertis lasciò Calcutta, portando con sé alcune curiosità orientali, fra cui un tigrotto del Bengala, che donò al marchese Giacomo Doria, che nel 1867 aveva fondato a Genova un museo di storia naturale, dove il tigrotto visse per anni. Erano i tempi in cui i viaggiatori contribuivano al progresso delle scienze naturali, ciò di cui il marchese Doria si fece interprete radunando nel museo ricche collezioni.
Nel 1873 D’Albertis lasciò anche la Marina mercantile. Dopo aver viaggiato per l’Europa con il fratello Domenico, preso da nostalgia per il mare, si fece costruire un legno da diporto. Il 23 febbraio 1875, nei cantieri Briasco, a Sestri Ponente, fu varato, su disegno di Luigi Oneto, il Violante. Grazie alle tante raccolte che si sarebbero potute fare, pesci, alghe, insetti, piante, il marchese Doria invitò D’Albertis a voler utilizzare le crociere del Violante a vantaggio del museo. Nella gara sorta inoltre fra le nazioni per l’esplorazione dei fondali marini, D’Albertis, da sempre sensibile al progresso scientifico, armò il Violante di tutto il necessario per le campagne talassografiche e le raccolte naturali, draghe, rastrelli, scandagli, reti da pesca, reti per alghe, reti per farfalle, fiocine, arpioni, gabbie ricoperte di tela per disseccare, all’ombra, le varie specie di alghe. E ancora, barometri, termometri, correntometri, cavi e verricelli, barattoli di alcool per le raccolte ittiologiche, carta sciugante per le raccolte botaniche, sapone arsenicale per la conservazione delle pelli dei volatili, nonché ferri e altri utensili per la loro preparazione. Poco dopo il varo, il Violante raggiunse l’Arcipelago Toscano, imbarcando, sulla via del ritorno, il console Brown, mentre il 7 agosto 1875, con a bordo il naturalista Raffaello Gestro e Alberto Giusti, cugino del Capitano, partì per una crociera fra l’Arcipelago Toscano e la Tunisia. Col tempo viaggeranno sul Violante, con crociere dalla Liguria alla Toscana, dalla Sardegna alla Tunisia, dalla Dalmazia al Levante, il marchese Doria, Leonardo Fea, Arturo Issel, Enrico Hyllier Giglioli, Decio Vinciguerra e altri ancora, tutti scienziati e naturalisti del circolo Doria.
Nel 1877 D’Albertis partì con il botanico Odoardo Beccari per il suo primo viaggio intorno al mondo. Nel 1878 tornò in Italia, contribuendo, nel 1879, alla nascita del Regio Yacht Club Italiano. Nel 1882, dopo aver viaggiato per l’Europa, preso ancora una volta da nostalgia per il mare, si fece costruire il Corsaro, così come il Violante attrezzato per le pesche pelagiche e le campagne talassografiche. Quando il marchese Giuseppe Pessagno, storico del tempo, lo vide per la prima volta, un pomeriggio d’autunno, il Corsaro se ne stava all’ombra del molo rugginoso, nelle acque della vecchia Darsena di Genova. “Le sue linee robuste, le forme sapientemente calcolate per la navigazione al largo” scriverà anni dopo in una memoria pubblicata il 31 gennaio 1921 sulla Gazzetta di Genova “l'attrezzatura potente, la pulizia olandese che regnava in coperta, il cannoncino a perno che s’allungava sulla prora tagliata ad angolo retto, avevano nell’insieme un’aria un po’ misteriosa, un sapore d’avventura che lo differenziava dalle navi congeneri ancorate ai suoi fianchi, e giustificavano pienamente ai miei occhi il nome scritto attraverso al quadro di poppa. A lungo, quel giorno, mi soffermai sulla calata dalle pietre sconnesse, intento alla nave che rifletteva tremolando il candore della pittura e le linee complicate degli attrezzi sull’acqua morta e torbida della Darsena”. Nel 1882, fresco di battesimo, il Corsaro partecipò alle regate internazionali di Nizza, partendo, poco dopo, per l’Egitto. Tornato a Genova per alcune riparazioni, il 14 luglio fece vela per Madeira, le isole Selvagge e l’arcipelago delle Canarie. Anche Fea s’imbarcò, perché aiutasse il Capitano nelle raccolte naturali. Nel 1886 visitò l’arcipelago delle Azzorre. Nel 1884 uscì a Genova la crociera del Corsaro a Madeira e alle Canarie. Di casa nei circoli nautici, il racconto conquistò anche i giovani lettori. “Per me, allora adolescente, che avevo letto il leggibile in fatto di viaggi e di avventure marinaresche, il piccolo e perfetto veliero da diporto appariva come la materializzazione di un sogno” scriverà il marchese Pessagno “conoscevo già la sua storia, imparata durante lunghe ore di studio, sui banchi di collegio, nei libri illustrati che circolavano di soppiatto fra i vocabolari latini e le letterature italiane portando un soffio di vita – della grande vita all’aperto, sul mare immenso – nell’ambiente monotono in cui stavo, a malincuore, recluso. Con l’immaginazione avevo viaggiato su questo Corsaro lungo le coste mediterranee e m’ero anche avventurato oltre lo Stretto, nel grande Oceano. Ai miei occhi erano apparse, in una fantasmagoria che credo superasse ogni realtà, terre esotiche dalla strana vegetazione, il picco di Teneriffa dominante le nubi, le rive incantate di Madera dal clima paradisiaco. La figura della nave, disegnata qua e là fra quelle pagine, mi era divenuta famigliare. Tutte le sere, rubando ai miei doveri di scuola qualche ora, navigavo in pieno mondo fantastico, mentre intorno, sulla grande pianura del Po addormentata sotto il manto di neve, imperava il silenzio. Quelle serate d’inverno del 1891 sono ancora vive nella memoria come se datassero da ieri, e indissolubilmente collegate ai ricordi dello yacht genovese”. La seconda edizione uscì a Torino nel 1912, anni dopo la pubblicazione, a Milano, della crociera alle Azzorre.
Nel 1893 il Corsaro partì per San Salvador. Il viaggio, sulla rotta di Cristoforo Colombo, con tappa a New York e Chicago, valsero a D’Albertis la nomina a socio d’onore della Reale Società Geografica Italiana, nonché la promozione a capitano di corvetta della Riserva Navale della Regia Marina. Durante la traversata, D’Albertis, appassionato di marineria medievale, utilizzò riproduzioni di antichi strumenti nautici da lui stesso costruiti e che nel 1892, su invito del marchese Doria, erano stati esposti alla Mostra Geografica Italiana, ciò che gli aveva fatto guadagnare una medaglia di prima classe assegnatagli anche per le pubblicazioni sul suo “yacht di piacere” e gli studi, opera di scienziati, intorno alle raccolte naturali frutto delle sue crociere.
Nel 1895 il Corsaro partì per la sua ultima crociera, diretto a Kiel, dove s’inaugurava il Canale. D’Albertis quindi ordinò a Giusti di condurre il cutter a Gosport, in Inghilterra, mentre egli si sarebbe recato in Germania e in Scandinavia con il nipote Filippo. Il 24 luglio 1895 il Corsaro navigava nel passo di Calais con mare agitato e forte vento quando fu investito da un piroscafo inglese che non gli diede il passo. Il cutter, in avaria, fu rimorchiato a Boulogne, dove gli furono fatte riparazioni provvisorie, quindi a Portsmouth, nel cantiere Camper & Nicholsons, dove fu demolito. Finì così la storia del Corsaro. Pezzi del naufragio furono custoditi nel castello che fra il 1886 e il 1892 il Capitano aveva fatto erigere sulla collina di Montegalletto, a ridosso di un bastione della cinta muraria della città cinquecentesca, che a sua volta racchiudeva i resti del basamento di una torre medievale con affaccio sul porto. Nel corpo di guardia, a levante, c’era la Sala Nautica. Il dritto di prora e l’alberetto del Corsaro furono poggiati sul muro d’entrata. In una sala circolare, illuminata da piccole finestre a feritoia, furono invece conservati la bussola, i cronometri, il sestante, i solcometri, il cannocchiale, la bandiera, il cannoncino di bronzo, un pezzo a retrocarica di fabbricazione inglese, panoplie di fucili, revolver, fiocine, ramponi e sciabole, un modellino del Violante e uno del Corsaro. E ancora, gagliardetti e bandierine di segnalazione, acquerelli, disegni, carte nautiche, gli strumenti della traversata atlantica, oggi al Galata Museo del Mare, a Genova. La grande àncora fu invece fissata a un muro di pietra quadrata del piazzale, con la catena tutt’intorno un pezzo di scogliera di San Salvador. Il Corsaro fu l’ultima imbarcazione del Capitano. D’Albertis, che avrebbe viaggiato tutta la vita, morì il 3 marzo 1932, con il suo castello quindi donato alla città di Genova così come le sue collezioni etnografiche, artistiche e di marina, i trofei e le curiosità, i libri, le carte nautiche e quelle geografiche. Dove un tempo, chi, arrivando dal mare, vedeva sventolare la bandiera di San Giorgio e il tricolore italiano, sorge oggi, fra palme e torri merlate, il Museo delle Culture del Mondo.