Attrice, regista, didatta, con un repertorio che va dai classici greci ai contemporanei, Annig Raimondi è co-fondatrice del Teatro Arsenale di cui è stata presidente, ha successivamente fondato e dirige Pacta dei Teatri.
"Le mie gioie sono state il trovare dei compagni di viaggio che condividessero i miei stessi obiettivi, le delusioni sono state i tradimenti o il voltafaccia di alcuni. Con i dolori ci convivo da sempre ma cerco di essere ottimista. Ho vissuto anni di combinazioni alchemiche, anni di speranze deluse ma anche di battaglie vinte. Alla fine si esce dal ‘tunnel’ perché si collabora gli uni con gli altri alla soluzione dei problemi, confermando che in questa città una mano ce la diamo sempre. Un sogno che sto cercando di realizzare, quindi voglio parlarne come di una realtà vicina, è quello di avere una struttura polifunzionale che agisca nel territorio, inteso come area metropolitana allargata, e aggreghi attività artistiche-culturali giovani e affini. Teatro come sala di rappresentazione, arte e creazione della compagnia ma anche di giovani gruppi; inoltre spazio espositivo e di proiezione, laboratorio di scrittura, centro di raccolta di memorie storiche. Qualcuno disse 'Un uomo non si eleva mai tanto in alto come quando non sa dove la sua vita può ancora portarlo'. Chissà ..."
La maschera e il volto, il suo fuori e il suo dentro
Dovrebbero essere gli altri a dire qual è la mia immagine esteriore. Chissà quanti volti differenti ci vengono assegnati da chi ci osserva. Ciascuno ci vede come vuole, Pirandello insegna. Personalmente vorrei che il fuori e il dentro coincidessero, o almeno cerco di farli coincidere, a volte a denti stretti e con qualche compromesso. L’essere madre mi ha insegnato molte cose. È una parte di noi donne importantissima perché ci permette di allargare l’orizzonte.
Cosa pensa della donna di oggi? …
Le donne reggono il mondo, è il titolo di un libro, in una prospettiva di genere, pubblicato nel 2010. Lo avevo inserito nel programma del progetto DonneTeatroDiritti di qualche anno fa. Sono conversazioni di esperte e studiose le cui opinioni spesso si perdono tra quelle "gridate" degli uomini e che raccontano un’altra economia, fatta non solo di profitti, ma di relazioni, di cura delle intuizioni, di attenzione alle prossime generazioni. Dati alla mano, ci dicono che le donne nel mondo lavorano più degli uomini, si fanno carico del "welfare domestico" quotidiano, gestiscono l’economia e il denaro con più lungimiranza, in situazioni di crisi, in casa o nella propria azienda. Eppure in tutto il mondo guadagnano meno e sono meno rappresentate nelle istituzioni, nei Parlamenti e nei consigli d'amministrazione delle imprese. Certo, di anno in anno qualcosa cambia ma è un punto di vista, diverso e plurale, per comprendere i motivi di diseguaglianze e pensare un futuro diverso. Queste non sono opinioni ma fatti. Molto ancora c’è da fare per poter parlare veramente di integrazione. La donna è considerata ancora un soggetto "diverso" e il potere in ambito politico e sociale è ancora degli uomini. È vero, ci sono donne in posizione di potere (grande o piccolo che sia) ma lo "sguardo" maschile verso di loro è comunque differente, c’è sempre un pizzico di diffidenza. Solo il denaro annichilisce qualsiasi giudizio di genere. Questo è un fatto. È un problema molto profondo, un problema culturale profondo. Ciascun individuo, donna o uomo che sia, è un Eroe nel momento in cui si siede al tavolo del mondo. Mi pare quindi legittimo affrontare l'argomento passando anche attraverso il mito e, in particolare, il mito dell'Eroe, il cui destino rappresenta il destino e lo sviluppo dell'Io e della Coscienza. È un dovere essere consapevoli della propria posizione perché solo in quel momento possiamo lavorare dentro di noi per la nostra libertà e integrazione. Non dipende solo dagli altri o dalle condizioni socio-culturali, ma dipende anche da noi.
E la donna milanese …
Non mi piacciono gli stereotipi, ma credo che lo stereotipo della milanese sia quello di una donna un po’ snob, sempre di corsa... A Milano sono tante le donne che lavorano in posizioni di rilievo ma ce ne sono anche molte che pur non avendo un impiego vero e proprio sono molto impegnate con associazioni o altro. La donna milanese è sicuramente un’instancabile lavoratrice, curiosa e combattiva. La città, caleidoscopio di attività ed eventi, ci offre l’opportunità di trovare diverse tipologie di donne milanesi e molte provengono dalle comunità cinesi, arabe o africane. Le posso sicuramente definire donne di Milano.
Maschile e femminile, natura e cultura, confronto o scontro …
È un tema incandescente. A volte c’è il confronto, altre volte è scontro. Il rapporto dipende dalle persone: è un fatto culturale di educazione ricevuta, che lascia un forte segno. La consapevolezza della notevole differenza di sensibilità fra l’uomo e la donna, nonché la capacità di ascolto che fa parte del rispetto dell’altro, sono alcune delle questioni fondamentali del rapporto. Ho potuto sperimentare che la donna, a differenza dell’uomo, può fare contemporaneamente più e più cose diverse e riesce a portarle a termine senza confondersi e in modo eccellente. Credo sia nel DNA, possiamo chiamarla anche ‘una dote animale’, ma la definirei piuttosto una "realtà storica" , che, a partire dalla nascita, ci siamo costruite negli anni. L’uomo non ce la fa, con tutta la tenerezza e l’affetto verso quegli uomini che ci provano veramente, ha molte difficoltà a dominare la "complessità". Essere donna è un privilegio. Dice Kiekegaard: “Essere donna è qualcosa di così strano, fluido e complicato, che nessuna definizione giunge a esprimere la cosa, e le molteplici definizioni che si vorrebbero adoperare finirebbero per contraddirsi in tal modo che soltanto una donna potrebbe sopportarlo”. Purtroppo, dalla cronaca vediamo chiaramente che esiste una ferita aperta e sanguinante: il fenomeno del femminicidio ha raggiunto dimensioni abnormi. Vanno assolutamente creati e potenziati sistemi educativi preventivi. La politica deve compiere atti concreti e supportare le strutture pubbliche atte ad aiutare donne in difficoltà. Non più fare solo bei discorsi. Non ce ne facciamo niente delle parole.
Regista e attrice: in che modo è riuscita ad annodare questi due ruoli?
Mi sembra un processo naturale. Sono strettamente uniti: da uno nasce l’altro e viceversa. È uno scambio sinergico e produttivo.
Come vive l’intricato rapporto tra autore e regista, così crudamente rappresentato anche da Pirandello in Questa sera si recita a soggetto?
È vero, è un rapporto complesso ma molto eccitante. Ciascun punto di vista deve essere sviscerato e sia l’autore che il regista hanno l’obbligo di difendere strenuamente la propria posizione. Il regista collabora con autore e attori alla messa in scena ma è anche un altro personaggio creato dall’autore. Bussa alla porta e viene accolto dall’autore come le altre creature, affinché il suo mondo sensibile passi attraverso il palcoscenico e diventi visibile.
In quale opera e in quale ruolo della sua intensa attività teatrale si è maggiormente identificata?
La Terra desolata di TS Eliot (The Waste Land) è il primo amore che non si scorda mai ma è anche l’opera che continuo a replicare da 20 anni.
Come è nato il progetto “Pacta”, di cui è direttrice artistica e in che versanti si muove?
Dalla scissione col Teatro Arsenale di cui sono stata per 15 anni direttore artistico e legale rappresentante. Il primo obiettivo di PACTA DEI TEATRI, associazione culturale senza scopo di lucro, è la creazione di un "ponte fra culture", creando collegamenti, anche tra realtà incredibilmente diverse, L’idea base che caratterizza il disegno di PACTA è costruire un sistema di vasi comunicanti, aperto alle sollecitazioni che nascono da differenti luoghi e da differenti fasce di pubblico; portare avanti una più decisa cooperazione, una forte azione di confronto, rivolta anche al consolidamento della funzione di interlocutore attivo, con nuove proposte di produzione, formazione, promozione e più in generale di politica culturale. Privilegiamo la messa in scena di autori portavoce della modernità, attingendo materiali dal teatro come dalla letteratura, dalle scienze e dalla cronaca, valorizzando il potere della lingua e della parola e scandagliando tutte quelle storie e quelle situazioni che possano riflettere gli umori, i sentimenti e le problematiche della collettività dei nostri giorni.
E DonneTeatroDiritti?
Il Progetto DtD, giunto al 7° anno, è nato per contrastare il deserto morale, o anche "deserto delle relazioni", causa prima di atti di sopraffazione e violenza nei confronti delle donne. Nasce dalla speranza concreta di cambiare il futuro di bambini, donne e soggetti cosiddetti "altri" di tanti Paesi, interrompendo il legame esistente tra ignoranza, ingiustizia e povertà. È soprattutto alle nuove generazioni che ci rivolgiamo, affinché tutto il materiale proposto (spettacoli, film, documentari, dibattiti) costituisca uno strumento di conoscenza. Anzi di più, un insegnamento non solo finalizzato a una sempre maggiore consapevolezza dei propri diritti, ma anche al riconoscimento che a ogni nostro diritto corrisponde il diritto dell’altro, che per noi diventa quindi dovere.
Per molti anni le sue produzioni sono state ospitate in un teatro del centro storico, l’“Arsenale”, oggi, l’attuale sede dell’“Oscar” è più decentrata: risulta diverso il rapporto con il pubblico e con la città?
Come dicevo prima, in realtà non ero ospitata dall’Arsenale ma ne ero il direttore artistico e le mie regie erano produzioni del Teatro Arsenale. Riguardo al Teatro Oscar, che Pacta ha avuto in gestione per sei anni, l’attività in un luogo decentrato è sicuramente penalizzata da un certo punto di vista ma comporta anche dei vantaggi, perché si riesce a lavorare più capillarmente con la zona e le numerosissime associazioni che vi fioriscono. Ma l’Oscar è ormai storia passata perché da maggio 016 siamo entrati nella nostra nuova sede, lo storico SALONE di via Dini e contiamo di inaugurarlo nel novembre 2016 con la Stagione 016/017.
Quali “scenari” della città sceglierebbe per una rappresentazione teatrale?
Certi muri di Milano, alcune cascine bellissime nelle periferie e la vecchia architettura industriale.