Nel mondo antico – come nell’epoca contemporanea – i medici più valenti trovarono impiego alla corte di re o tiranni o presso le famiglie più ricche e altolocate. Il modello di riferimento rimane sempre Democede di Crotone (VI-V secolo a.C.) passato da medico pubblico presso le comunità di Egina e di Atene a medico personale del tiranno Policrate di Samo e del re di Persia Dario.
In epoca romana, numerosi medici greci divennero medici personali degli imperatori. Il loro nome in molti casi è legato ai rimedi che riuscirono a trovare nella cura delle malattie, tutelando con ciò la salute dei loro signori. Le fonti hanno tramandato una serie di pharmaka noti sotto il titolo di Theriaká o Theriaké. Si trattava di rimedi usati non solo – come indicava il termine – nella forma di antidoti contro il morso di animali velenosi, ma anche, più in generale, come vere e proprie panacee efficaci nella cura delle più svariate patologie. In questa forma essi dovevano proteggere dai veleni re e imperatori e, complessivamente, curarne la salute contro le più diverse malattie.
Il nome di Andromaco il Vecchio è legato soprattutto all’elaborazione di una famosa Theriaké. Andromaco era originario di Creta. L’isola era notissima nell’antichità per le sue piante medicamentose, tanto da essere considerata serbatoio privilegiato se non esclusivo – o vera e propria ‘farmacia’ – della ricca classe dirigente romana. Tra le piante medicinali che attecchivano a Creta e alle quali era legato il nome dell’isola vi era soprattutto il dittamo che già la dea Venere – stando a Virgilio – aveva raccolto per curare la ferita del figlio Enea.
Dopo aver appreso la medicina ed essersi distinto nella sua professione, Andromaco si trasferì a Roma dove a tal punto si mise in evidenza da diventare medico personale dell’imperatore Nerone al potere dal 54 al 68 d.C. Proprio per tutelare la salute del princeps e difenderlo anche dagli attentati per i quali la madre Agrippina era nota, Andromaco elaborò la formula di una Theriaké, la cui composizione è tramandata da Galeno (II-III secolo d.). Stando a Galeno, appunto, il preparato era composto da moltissimi ingredienti rari e preziosi provenienti da terre lontane e dotati di proprietà aromatiche e curative: in qualche modo la loro natura esotica, unitamente alle loro proprietà aromatiche, ne amplificavano l’effetto terapeutico.
Così nel preparato figuravano foglie secche di rosa, iris illirica, virgulti di liquirizia, balsamo, cinnamomo, mirra, zafferano, cassia, nardo indiano, incenso, dittamo, rabarbaro, terebinto, lavanda, zenzero, storace, finocchio, cardamomo, galbano, panacea: ingredienti provenienti in gran parte da terre lontane e dunque costosissimi. La composizione del preparato ne rendeva estremamente riservato ed esclusivo l’impiego: solo un imperatore, infatti, avrebbe potuto permettersi l’utilizzo di un pharmakon tanto prezioso, che recuperava i suoi ingredienti fin dalla lontana India.
Tratto da: G. Squillace, I balsami di Afrodite. Medici, malattie e farmaci nel mondo antico, San Sepolcro, Aboca Museum, 2015