Cesare la prese con dolcezza, la accarezzò con gioia e poi se la mise nel petto. Ringraziò la ricciola e le stelline e salì in superficie. Trovò subito lo scrigno di Margherita nel mare calmo come l’olio e poi disse alla bimba:
«La terza prova è superata
cosa vuole ancora la fata?».
Margherita rispose:
«Ora dovrai portare queste tre cose sull’Altare di Monte d’Accoddi e offrirle al Nume delle Pietre Preistoriche affinché liberi l’anima di Dafne dal giogo della pietra.
Trasformati in legno
e aguzza l’ingegno
il sacrificio sarà
della Regina libertà».
Cesare ridiventò una statuina di legno e Margherita ordinò allo scrigno:
«Portaci all’altare in fretta
per donare al Nume della pietra
scarabeo, otre e conchiglia
e liberare questa bella figlia».
Dette queste parole Margherita e lo scrigno si trovarono in riva al mare accanto all’Altare di Monte D’Accoddi. Allora la bimba prese la statuina di legno e la buttò in acqua. La statuina precipitò verso il fondo della rocce e subito risalì a galla nuotando verso l’alto con rapide bracciate. Cesare sistemò il baule e Margherita sulla spiaggia e la pregò di aspettare, poi prese tra le braccia la sua Dafne di pietra e i tre oggetti e si avviò verso l’Altare per affrontare il Nume.
Dopo aver percorso un centinaio di metri, Cesare vide una falena gialla punteggiata di nero che volava maestosa nella notte. La seguì finché non lo condusse all’Altare Preistorico. Lo vide da lontano, una pietra mastodontica che si ergeva superbamente al limite della spiaggia. La farfalla emanava una luce cangiante che divenne rossa quando si appoggiò sull’Altare. La sua luce rossa intensa illuminò la struttura enorme dello Ziqqurat, il tempio antico a forma di piramide tronca costruito su immensi blocchi affiancati riempiti di terra e pietre. Nell’area sacra c’erano delle pietre verticali, alte quanto un gigante e una pietra rotonda assai curiosa, a forma di ombelico, come se la realtà del mondo di pietra fosse toccata dalla sfera divina del Nume Uruk. La leggenda narra che esiste all'interno una camera, di cui ancora non se ne conosce il contenuto, per via del forte pericolo di frana che potrebbe far crollare tutto, dove si trova ancora il letto sacro sul quale il sacerdote si accoppiava ogni anno con una vergine per il rituale della fertilità della terra.
Cesare si fermò proprio davanti all’Altare dove si poggiava la farfalla e si rivolse al Nume cantando:
«O Nume della pietra potente
libera questa donna dolente
in pietra da tempo trasformata
per la magia di una fata
falla tornare in carne ed ossa
affinché esser donna possa.
Ti ho portato tre doni speciali
tre oggetti assai originali.
Lo scarabeo che ride
il vento di maestrale
la conchiglia d’oro
ecco il mio tesoro».
A quel punto Cesare pose sopra l’Altare i tre oggetti e attese. La falena si spostò in alto e un fumo nero si diffuse invadendo lo spazio con un brusio crescente. Da esso si delineò la figura di un uomo possente, alto e muscoloso, con i muscoli torniti come pietra lavorata, i capelli crespi e gli occhi scurissimi. Parlò con la sua voce cavernosa:
«Per liberare Dafne dalla Pietra
devi portare questa statuetta
dai Gabbiani e dai Conigli dell’Isoletta.
Su una zattera ti dovrai imbarcare
e dal vento di mare farti guidare
una tempesta ti farà naufragare
e solo questo ti potrà salvare.
Quando sarai vicino all’Isoletta
buttati in acqua con la tua statuetta
a quel punto la donna tua amata
sarà libera dall’incantesimo della Fata».
Cesare prese in mano la Dafne di pietra, voltò le spalle al Nume, tornò da Margherita, le raccontò tutto e la pregò di portarlo in un luogo dove si potesse costruire una zattera.
Allora Margherita pronunciò queste parole:
«Oh scrigno di legno raro
scegli un luogo solitario
dove ci sia una bella foresta
per fare la zattera richiesta».
Lo scrigno obbedì e Margherita si trovò in un laghetto al limite di una folta foresta. Ella buttò in acqua la statuina che precipitò nel fondo e risalì come al solito con la sua decisa nuotata da uomo pesce. Sulla riva del lago comparve subito un magnifico luccio argentato che agitò la coda per farsi notare, Cesare lo seguì fiducioso verso il fondo del lago. Si fece largo tra la folta vegetazione illuminata da una colonia di lucci che invase di luce il fondo quasi ci fosse il riflesso della luna. La sua vista si fece più acuta e a un tratto vide il profilo di un magnifico veliero. Nuotò verso di esso e lo esplorò: dentro c’era cibo d’ogni genere, corde, coltelli, accette e tutto l’occorrente per fare una zattera e stare in mare senza morire di fame per almeno sei mesi. Portò in superficie il necessario facendo avanti e indietro tutto il giorno. Era già sorta la luna piena quando si sedette stremato. L’indomani Cesare si svegliò di buon mattino e cominciò a tagliare tronchi di buona lena. Ci volle una settimana per lavorare il legno e un’altra settimana per mettere insieme la zattera. Quando la zattera fu pronta, Cesare la caricò e la pose sull’acqua del lago dopo averci messo sopra anche lo scrigno e Margherita. A quel punto Margherita pronunciò queste parole magiche:
«Oh scrigno mio fatato
parti da questo lago incantato
e approda nel mare aperto
in balia dei venti allo scoperto».
Subito la zattera si ritrovò in mare in una condizione di bonaccia quasi irreale. Margherita, Cesare e Dafne, aspettarono due giorni prima che si alzasse il vento. Navigarono e navigarono e passarono circa tre mesi seguendo una volta un vento, una volta un altro vento, senza sapere assolutamente in quale punto del pianeta si trovassero. Dispersi nel mondo acqueo aspettavano un evento che li portasse nell’Isola della Felicità. Cesare si buttava spesso in acqua per fare rifornimento di pesce. Un giorno portava una ricciola, un giorno un polpo, un altro giorno un bel tonno. Il cibo non mancava mai: Margherita e Cesare navigarono serenamente proteggendo nello scrigno la Regina di pietra. Dopo pochi giorni di bonaccia, il cielo si fece bianco, poi iniziò a formarsi un mulinello d’aria e incominciò a piovere con forza. Cesare fece entrare Margherita nello scrigno e lo legò bene alla zattera, poi si strinse forte a loro. Il temporale infuriò per tre giorni e tre notti trasportando la zattera molto lontano. All’alba la tempesta si placò e il cielo si schiarì. Finalmente la zattera uscì dalla folta nebbia in cui era avvolta e Cesare vide in lontananza il profilo di un’Isola. In cielo volavano tre Gabbiani che scesero verso di loro e si poggiarono sulla zattera. Il Gabbiano più bello di tutti esclamò:
«Benvenuti nell’Isola della Felicità. Sono il Re dei Gabbiani, vi aspettavo. Buttatevi in acqua e arrivate all’Isola a nuoto».
La bimba chiese al suo scrigno di portarla sull’Isola, mentre Cesare, presa tra le braccia la sua Dafne di pietra, la strinse con passione e si tuffò in acqua come un delfino in amore. Man mano che scendeva si accorgeva che la statua diventava di carne finché non si trovò tra le braccia la Regina tanto desiderata. Quando lei vide quell’uomo bellissimo se ne innamorò alla follia. Cesare la condusse sull’Isola e quando la poté guardare alla luce del sole rimase strabiliato per la sua bellezza. Ora che erano finalmente insieme in carne ed ossa, però, dovevano esplorare l’Isola e costruire il loro nido d’amore.
Mentre si trovavano ancora in riva incerti sul da farsi, si avvicinò una famiglia di Gabbiani. La splendida Gabbiana reale con le sue tre Gabbianelle bianchissime spiegò:
«Sono la Regina dell’Isola, via accolgo in nome del Re. Viviamo su questa spiaggia con la nostra corte di Gabbiani, mentre dall’altra parte dell’Isola vive una colonia di Conigli bianchi. Lo spirito degli antenati ci ha pregato di accogliervi nella Nostra Terra annunciando che un uomo valoroso ci avrebbe liberato dal Serpente a Tre Teste. La Bestia non tarderà a farsi vedere: eravamo ventiquattro famiglie e ora siamo la metà.
Quest’isola è un paradiso. Ci sono tutti i tipi di frutta, moltissime erbe commestibili, tante piante di cocco e alberi del pane. Il pesce abbonda e abbiamo una freschissima sorgente d’acqua.
Se riusciremo a liberarci del Serpente, potremmo vivere in pace e gioia. Aiutaci Cesare a scovare la pericolosa serpe, ti accompagneranno il Re dei Conigli e il Re dei Gabbiani».
E Cesare rispose:
«Vi ringrazio per l’accoglienza, farò una porta per la grotta per trascorrere la notte senza pericoli, poi cercheremo la Bestia».
E senza riposarsi un istante, Cesare andò a tagliare la legna, mentre Dafne, la Gabbiana e le Gabbianelle restarono nella grotta dove Margherita fu felice di giocare con le Gabbianelle.
Quella sera la porta era pronta e tutti i Gabbiani della corte fecero festa arrostendo pesce e servendo frutta saporita. Dafne chiacchierava con la Gabbiana e guardava da lontano Cesare piena d’ammirazione per la sua forza e coraggio. Dopo un’allegra serata, tutti andarono a dormire nella grotta. L’indomani all’alba, arrivò tutto trafelato il Re dei Conigli e raccontò:
«Stanotte il Serpente ci ha attaccato, si è portato via tre Coniglietti e ha ucciso i Conigli di guardia. Ne uccide tre per volta con le sue tre terribili bocche».
Allora Cesare si tirò su e si preparò a partire insieme ai due Re. Se li mise in spalla e s’incamminò verso l’interno dell’Isola. Seguì una farfalla azzurra e gialla che lo guidò verso quella belva terribile. Si inoltrò nella giungla fitta, raccolse una liana e si procurò un bastone. Quando la farfalla si posò sopra una pietra tonda e tagliente, Cesare la prese con sé perché era ben affilata. Camminarono un giorno e una notte finché non s’imbatterono in uno stagno pieno di ninfee. A mezzogiorno in punto, l’acqua cominciò a muoversi. Si formarono tre enormi mulinelli e si udirono tre spaventosi sibili: tre teste di serpente uscirono minacciose dall’acqua. Cesare fu prontissimo a tirare la sua pietra affilata e le segò in un solo colpo. Poi prese la liana e la lanciò nello stagno: catturò il corpo della serpe, grosso come un tronco d’albero, strinse la liana con tutta la forza e finì il serpente a colpi di bastone, lottando disperatamente con la bestia infuriata per il dolore. Dopo ore e ore, quando il sole stava per tramontare, finalmente la serpe non si mosse più. In quel preciso momento si alzò un grande vento e comparvero un uomo e una donna bellissimi che dissero:
«Grazie Cesare, hai liberato le nostre anime da un terribile incantesimo. Siamo i genitori di Margherita, morti in una spaventosa tempesta. Le nostre anime sono state imprigionate nel corpo del serpente. Ora siamo liberi di salire nelle Sfere più alte. Vi affidiamo la nostra unica figlia: vi proteggeremo per sempre».
Dette queste parole si dissolsero nell’aria come vapore. E subito dopo calò la notte. Cesare cadde a terra addormentato, stremato di fatica. Il Gabbiano e il Coniglio vegliarono il suo sonno profondo per tre giorni e tre notti, finché non si risvegliò pieno di vigore salutandoli con il suo splendido sorriso. Prese con sé gli animali e tornò alla grotta. Quella notte si fece gran festa alla corte dei Gabbiani e fu invitata anche tutta la comunità dei Conigli. Cesare fu eletto Signore dell’Isola e sposò Dafne con grandi festeggiamenti. Gli sposi furono vestiti di piume morbide e Margherita con le Gabbianelle e le Conigliette fecero da damigelle. Nell’Isola dei Gabbiani e dei Conigli si visse felici e di festa in festa.
Cesare, Dafne e Margherita
condussero sempre questa vita
lo scrigno fu serbato
dentro un antro nascosto
ma non fu più necessario
in quel bellissimo posto.
La casetta bianca
posta in riva al mare
ancora non è stanca
di continuare a raccontare
la magia di queste storie
di scoperta e d’amore
e della trasformazione
della pietra in cuore.