Chitarrista di cuore e sensibilità, Renato Caruso è un nome da segnare in agenda. Calabrese ma da anni trapiantato a Milano, ha da poco realizzato Aram (GneRecords\Edizioni Musicavia\Bollettino Edizioni Musicali), un lavoro che potrebbe permettergli il passaggio alla definitiva consacrazione.
Si tratta di 11 pezzi per sola chitarra con qualche sporadica aggiunta di archi, giusto per tratteggiare una sensibilità non comune, in passato al servigio di grandi artisti italiani del calibro di Ron (è stato per 5 anni insegnante presso la sua accademia musicale) e Ornella Vanoni fra gli altri: “I brani che compongono l’album -sottolinea - sono nati durante alcune esperienze di viaggio in giro per l’Europa e altri del tutto cerebrali, tra carezze notturne e pianti in solitudine. Aram è un disco di sole chitarre, con rari interventi di altri strumenti come archi e pianoforte: il titolo è ispirato dalla mia compagna che si chiama Mara. Scritta al rovescio Aram è libertà, è un mappamondo, un viaggio tra le culture da fare comodamente seduto in macchina o sul divano di casa. Aram è quello che c’era dentro da tanto tempo e ora ha trovato il giusto ritmo per partire, con una valigia carica di ricordi. Si tratta di brani che ho sempre suonato, qualche idea qua e qualche bozza là, ho messo insieme il tutto ed ecco il disco. Mi ispiro ai grandi, dove c’è una melodia e un accompagnamento profondo. Alludo a Chopin, Mozart, ma anche Sting e Pino Daniele.
Come e quando ti sei scoperto musicista e quando hai capito che proprio la chitarra sarebbe diventato il tuo strumento?
Sono nato in una casa di chitarre e libri, mio padre insegnava filosofia e suonava la chitarra, aveva anche una piccola scuola di musica. Ha voluto che studiassi e non seguissi il suo esempio ad orecchio. Anche se suonando tutti i giorni, mio padre, Beatles, Rolling Stones, ecc., ho sviluppato un mio stile. Non c’era dubbio che dovevo essere chitarrista. Suono altri strumenti come il pianoforte, basso, percussioni, ecc., per una visione a 360 gradi da compositore.
Come definiresti la tua musica così piacevole ma a tratti anche densa di sfumature?
Relax, da ascolto. Ma anche impegnativa in alcuni brani di questo lavoro come Tarantella di Caruso e Passeggiando con Paco, evidente e sentito riconoscimento nei confronti del grande De Lucia.
Quali sono stati i tuoi miti e le tue principali ispirazioni? So che sei sempre stato visceralmente legato a Pino Daniele…
Pino Daniele è il numero uno, fonte di ispirazione primaria. Poi ho ascoltato molta musica pop e classica, i miei due mondi. Solo più tardi mi sono avvicinato al jazz, abbandonandolo presto perché ho capito che per fare quello devi aver la testa jazz. Non sopporto i jazzisti di oggi: ahimè, sento solo della tecnica ma in quanto a emozioni non mi arriva niente.
Qual è stata l'esperienza più forte che hai vissuto fino ad esso con la musica, ovvero quella che ti ha emozionato di più?
Sicuramente suonare con Ron. Uno dei più grandi artisti italiani, che ha scritto tante canzoni stupende che forse i più non conoscono.
Come e se cambia il tuo approccio nella doppia veste di musicista e docente?
Quando insegno cerco di dare più nozioni possibile per far capire all'allievo non solo la definizione di un qualcosa ma tutto quello che c’è dietro. Forse sono molto teorico, a volte anche “palloso”, ma sono così. Quando suono mi trasformo, divento serio e tutto quello che mi passa per la testa lo elaboro e in tempo reale passa sulle corde.
È opinione abbastanza diffusa che ci sia una sorta di stasi nello sperimentare e innovare, molti musicisti preferiscono voltarsi indietro piuttosto che guardare avanti, tu che rapporto hai con la tradizione?
C’è chi ama il jazz, chi il blues, il rock, io amo la musica classica e ascolto di continuo compositori come Beethoven, Mozart. In ogni composizione, anche ascoltandola più volte, trovi sempre spunti per trarre nuove melodie, nuove canzoni, In effetti a volte “scopiazzo” ma come diceva Picasso: “Chi imita è mediocre, chi copia un genio”.
La tua Calabria è un luogo della mente o un'ispirazione precisa per la tua musica?
Un po’ tutte e due, a volte mi piace ricordarla come i posti dove sono nato e vado volentieri, non toglietemi montagna, fuoco chitarra e vino rosso. Altre volte da alcuni canti, da alcune atmosfere traggo qualcosa di originale.
Cosa ti aspetta nei prossimi mesi?
Tanti concerti, il palco è il luogo che sento affine alla mia anima.