Quando il cuore piange per ciò che ha perso
Lo spirito ride per ciò che ha trovato
(detto Sufi)
Noi tutti ben sappiamo che la nostra sopravvivenza quotidiana si basa sul metabolismo: cibo, acqua e ossigeno sono fondamentali per sopravvivere. Ogni atto vitale è formato di due fasi complementari: il respiro è composto da inspirazione ed espirazione; mangiare e bere sono fondamentali per nutrire il corpo, tuttavia se non evacuiamo i materiali di scarto la nostra salute ne risulterebbe fortemente danneggiata. Per gli spazi vitali e la casa in particolare vale la stessa regola: se la porta consente di fare entrare le cose di cui abbiamo bisogno, è altrettanto importante che dalla stessa entrata ne debbano uscire. Un concetto semplice, ma efficace. Quante cose entrano e quante ne escono?
La porta fa entrare suppellettili e oggetti, il cibo che nutre, gli oggetti che ci tengono compagnia. Esiste una sorta di “metabolismo degli oggetti” che entrano a far parte della nostra vita perché in quel momento ci servono. Per vivere bene, senza sentirsi “ingolfati” o sopraffatti, dovranno necessariamente uscire da casa nostra quando non servono più. La medicina psicosomatica collega la ritenzione idrica e la stitichezza - mali piuttosto diffusi di questi tempi - alla tendenza a “trattenere” emozioni e nutrimento. Negli anni, con l’esperienza maturata nel mio lavoro, ho riscontrato che le persone che trattengono molti oggetti possono soffrire di questi disturbi. “one in – one out” è il diktat di stampo americano. Ad ogni cosa che entra deve corrispondere necessariamente una cosa che se ne va, se non vogliamo far morire la nostra casa di “costipazione”.
Vi siete mai chiesti perché non riuscite a “lasciare andare le cose”? Sembra così facile! Eppure, quando decidete di fare un “repulisti” ecco che restate bloccati da mille dubbi. “Non si sa mai, potrebbe tornare utile!” “È costato una fortuna!” “È come nuovo!”.
Con la frase “potrebbe tornare utile”, “potrebbe servire” automaticamente mettete un freno all’atto liberatorio di “lasciare andare” un oggetto, un abito, qualunque cosa. “Forse potrebbe servire” rappresenta la paura che, un giorno, potrà servire. State mettendo l’accento sulla possibile mancanza futura anziché sul fatto che oggi non vi serve affatto. Quando getterete un oggetto con questo tentennamento interiore è abbastanza probabile che, prima o dopo, quest’oggetto vi servirà. Quando fate fatica a disfarvi di un oggetto perché “è costato una fortuna”, a livello inconscio siete convinti di aver sprecato i vostri soldi: le aspettative che avevate rispetto all’oggetto non sono state soddisfatte.
A volte si conservano gelosamente oggetti per anni senza usarli una sola volta. È come nuovo! Spesso si trasferiscono sulle cose vincoli di tipo psicologico o paure di cui non siamo minimamente consapevoli. Se non abbiamo usato qualcosa per così tanto tempo come possiamo pensare che la useremo da domani?
Per scardinare questo atteggiamento mentale è necessario cambiare il proprio punto di vista ed è un cambiamento che potrà trasformare tutta la nostra vita. Questo atteggiamento di attaccamento vale sia per gli oggetti che per le emozioni che hanno caratterizzato la nostra esistenza. A volte lasciare andare un vecchio rancore, un’antica sofferenza, perdonare un antico torto o un amico che ci ha tradito può essere liberatorio come lasciare andare un oggetto che non appartiene più al nostro presente.
La capacità di lasciare andare le emozioni negative è il segreto per vivere serenamente e raggiungere la vecchiaia in salute. Roy Martina, medico olistico, scrittore e coach di fama internazionale, ha studiato molti casi di ultracentenari scoprendo che questi ultimi hanno una cosa in comune: la capacità di lasciare andare il passato e vivere nel presente. Quasi la totalità degli arzilli over 100 condividevano un atteggiamento positivo e allegro e amavano la vita e le persone. Perdonavano, dimenticavano e andavano avanti. L’arte di lasciare andare è l’ingrediente segreto dell’elisir di lunga vita.