Legata all’Austria-Ungheria dalla Triplice Alleanza, l’Italia rimase neutrale all’inizio del Primo conflitto mondiale facendo valere la clausola difensiva dell’accordo che prevedeva l’ingresso in guerra degli alleati nel caso in cui l’Austria fosse stata attaccata.
Così non fu e l’Italia fu attraversata da opposte correnti che volevano o meno entrare nel conflitto. In cambio della neutralità, in vista di un possibile accordo con la Triplice Intesa, l’Austria avrebbe ceduto all’Italia le terre irredente, ma sembrava sminuitivo non combattere per difendere le terre italiane ancora in mano allo straniero. Inoltre, il Patto di Londra firmato nel 1915 prometteva ben di più in caso di vittoria. Quindi, nel 1915, l’Italia entra nella Grande Guerra a fianco dell’Intesa, aprendo per l’Austria un pericoloso fronte a sud.
Si erano avverate le più cupe prospettive del generale austriaco Conrad, capo di stato maggiore, e tornò prepotente il cruccio di non avere attaccato l’Italia durante il terremoto di Messina del 1908, quando sarebbe stato facile riprendersi territori perduti durante il Risorgimento. L’idea era quella di scendere da Trento e arrivare a Venezia, isolando le tre armate italiane impegnate nella zona. L’operazione fu preparata con cura sin dal 1915, d’intesa con la Germania, allo scopo di punire l’ex alleata e di togliersela militarmente di torno, rioccupando i territori del Congresso di Vienna. Vennero spostati uomini e mezzi in modo che gli italiani non se ne accorgessero, operazione resa difficile dalla quota in cui ci si trovava e dal confine, spesso colpito da slavine. Gradualmente, truppe alpine tedesche, mezzi pesanti e altro vennero posizionate in modo conveniente e, atteso il tempo favorevole, il 15 maggio 1916 venne sferrato l’attacco, la Strafexpedition, spedizione punitiva, che durò fino al 27 giugno.
Lo scontro impegnò il fronte degli altipiani vicentini, soprattutto Asiago, e venne preparato con un bombardamento a tappeto, tecnica utilizzata per la prima volta in Italia. Le truppe austro ungariche avanzarono per circa 70 km di fronte con successo, dati gli ordini di non contrattaccare dell’esercito italiano. Di fronte ai successi nemici, Cadorna organizzò le file italiane per tutelare il Veneto e la controffensiva iniziò il 2 giugno, appoggiata dagli alleati russi. Lenta, ma l’avanzata italiana fu costante, tanto da vedere il ripiegamento nemico. Il numero di perdite fu altissimo per scarsi risultati in termini di conquista di territorio, tanto che si cominciò a rivedere le tattiche militari.
In Italia il terrore dell’attacco austriaco si diffuse anche tra la popolazione e la linea del fronte venne rafforzata, mentre il presidente del Consiglio Salandra cercava di destituire Cadorna; perse l’incarico e venne sostituito da Boselli, che aumentò i ministri per rafforzare il governo che venne, di fatto, indebolito. Presa Gorizia, il 27 agosto venne dichiarata guerra anche alla Germania.