In genere la presentazione di un progetto moda avviene sulla base di una distinzione tra maschile e femminile.
Innegabile è il fatto che i generi siano due, ma la loro esperienza ed espressione estetica sia multiforme.
I costumi possono però essere uniformabili e diversificabili a seconda di una contingenza storica, economica e sociale.
Oggi si riflette e si opera per far coincidere le sfilate di moda maschile con quelle di moda femminile.
Questo può essere una conseguenza di una situazione economica globale, ma l'economia è pur sempre attivata dall'uomo e nella sua esperienza estetica, nei suoi manifesti bisogni legati all'immagine, sempre più di frequente, interviene l'innesco delle catene produttive.
La coincidenza di interessi verso una vanità prescindente il genere, ma che da esso attinge per movenze e stile, sottolinea ulteriormente l'idea di convogliare l'economia sull'esperienza del consumo allargato e privo di confini.
S'impone una riflessione su che cosa si stia producendo in termini di identificazione di genere.
Nella storia del costume sono sempre stati i dettagli a trasformare l'abito a seconda di chi lo portava, non solo legando la modifica alla funzione, ma anche alla condizione uomo/donna.
L'anello di giunzione tra i due è arrivato dopo un lungo processo che ha visto passaggi di testimone dalle tradizioni collettive, allo stile individuale, per creare la fatidica “convergenza di genere” che si è sempre manifestata nella storia, ma che in passato non si è legata alla temporaneità quanto a consuetudine ed esperienza dei popoli.
L'avvento della moda ha modificato il costume e la componente etnica e culturale rendendola emotiva.
Sono gli anni '60 del '900 quelli in cui tale emotività si lega alla strutturazione dell'emozione moda riferita al genere: Yves Saint Laurent trasmette le codificazioni genetiche dell'abbigliamento maschile nella casa di Lei ad uso politico e pratico, economico e sociologico.
In tale misura la superficie trattabile si è mescolata in un unico piano, in una sorta di teatro Kabuki dei generi.
Pare ora naturale che attraverso esigenze di praticità funzionale i ruoli convergano e si sovrappongano sino a sostituirsi nel quotidiano e dunque anche nella manifesta rappresentazione di quelle che sono proiezioni, preconizzate dal mondo moda, fuori da un contesto convenzionale.
Sfilare in contemporanea la moda maschile e quella femminile oltre ad essere un'esigenza di concentrazione energetica e monetaria dello sforzo produttivo ed espressivo, è anche indicatore sociale di questa avvenuta sovrapposizione non priva di sclerotizzazioni e nevrosi generatrici di conflitti, ma pur sempre attiva ed in grande sviluppo.
Le case di moda attingono al doppio in passerella per convenienza o implementazione di una nuova sensibilità nella proposta che ha la volontà di accendere i riflettori sull'importanza delle differenze e in maniera del tutto speculare, delle coincidenze.
La libertà d'espressione è libertà d'esperienza, educazione all'armonia con la propria identità, non ascrivibile al genere, o non solamente, ma anche alla traduzione di un proprio universo interiore.
L'uomo potrà così affrancarsi da un podio di secondo piano che da tempo gli va stretto e assurgere totalmente all'interesse che il suo universo “VANITAS” comporta, sottoposto ai riflettori del mondo femminile (traino, sino ad ora, dell'economia del mondo glamour) verso il quale le aziende del fashion system hanno sempre avuto un occhio di riguardo.
La speculazione sull'immagine, per la redditività del sistema moda, viene mediata dalla velocità di connessione tra l'ideale del marketing che osmoticamente entra nell'identità del quotidiano e la forza di un'appartenenza di genere o tendenza, da questo contrasto emerge un suono che si esprime nell'immaginario collettivo.
Le esigenze del mercato disegnano le geometrie emotive sociali.
Uomo e Donna convergono, in immagine e sua proposta, per la procreazione di uno stile sempre più ibrido dove cromie e volumi si adeguano allo stereotipo imposto.
Défilé mondo per il Kabuki dell'anima: sono se convergo.