C’era una volta, in un tempo remoto, un principe infelice di nome Amos. Viveva in un palazzo reale al centro di un’isola, che forse oggi non c’è più o forse è sommersa in fondo all’abisso. Uno dei luoghi preferiti da Amos, dove si rintanava quando era di malumore - il che accadeva spesso - era il parco con la fontana sul retro del castello:
La fontana è un incanto
i pesciolini sono amici
l’immagine calma il pianto
quando nuotan felici.
La vasca ha cento augelli
e una ballerina d’oro
in essa cantan gli uccelli
forse custodisce un tesoro.
Un antico forziere di monete
di gioielli o pietre preziose
o magari quello che volete
voi fanciulle e giovani spose.
C’è da chiedersi perché un principe come Amos potesse essere infelice. Suo padre, che fin da piccolo gli aveva insegnato l’arte d’esser Re, lo adorava. Sua madre, che aveva quest’unico figliolo, praticamente viveva per lui. Sua nonna lo viziava e gli regalava ogni tipo di animale e suo nonno lo portava sempre in mare per fargli conoscere quali insidie questo nascondesse. La famiglia aveva scelto per lui una moglie splendida di nome Matilde, figlia del conte più nobile dell’isola. Il matrimonio si era svolto come ogni sposa desidera ed era nato pure un bel bimbo, il piccolo Filippo. Cosa mancava dunque al principe per avere una vita perfetta?
Una vita di perfezione
deve dare il sospetto
che solo l’illusione
renda il mondo perfetto.
Chi guarda col cuore
spesso però s’avvede
che se manca l’amore
qualcosa poi succede.
Il fatto è che questa famiglia così felice, in effetti, tanto felice non era. Il Re, a un certo punto, con la scusa di una guerra lontana, era scomparso dall’isola ed era ritornato solo sporadicamente per ripartire subito alla volta di qualche altra guerra. Il nonno era morto in mare inghiottito da un gorgo insieme al suo splendido veliero di legno. La nonna e la Regina, rimaste sole, erano diventate ansiose e pedanti come spesso lo sono le donne che invecchiano in solitudine. Ma la delusione più grande era stata la bella e dolce Matilde che era diventata isterica, egoista e insensibile ai bisogni di Amos. Insomma l’incantevole fata si era trasformata in una strega. Da quando poi era nato Filippo, ogni occasione era buona per umiliarlo di fronte al piccolo e se lui osava ribellarsi non gli risparmiava l’arma del ricatto:
Una donna t’inganna
dal suo volto piacevole
e la vita ti affanna
Matilde l’incantevole.
Cuore egoista e velenoso
pretende solo obbedienza
non ha posto per lo sposo
amore è solo in apparenza.
Se poi usa il figliolo
la strega malvagia
il principe da solo
cosa volete faccia?
Insomma l’esistenza di Amos era come quella di un pesce rosso obbligato nello spazio di una vasca. Meno male che il piccolo Filippo cresceva e diventava straordinariamente sensibile. Con i suoi occhi ampi e lucidi sembrava comprendere ogni dolore e desiderio di suo padre e anzi fu una bella compagnia per i momenti allegri e per quelli più tristi. Quando Matilde feriva profondamente suo marito, il piccolo gli prendeva la mano per consolarlo:
O padre assai infelice
cerca nella fontana gioiosa
invece che esser triste
come vorresti la sposa.
Se cerchi il tuo tesoro
trovi calore e tenerezza
forse nei riflessi d’oro
o in un gesto di dolcezza.
Non vi ho ancora descritto la magia della fontana. Si trovava in un angolo del giardino fresco e pieno di fiori. Cento augelli posti intorno alla statua di una splendida ballerina spruzzavano acqua da varie altezze. Nella vasca ampia e piena di muschio verde nuotavano una decina di pesci rossi. Amos li conosceva tutti e man mano che crescevano li vedeva sempre più limitati nei movimenti. Anche lui si sentiva sempre più prigioniero, ma li invidiava perché loro potevano continuamente ammirare la ballerina dal tutù e dalle scarpette d’oro. Ogni volta che Amos si sentiva oppresso parlava con la statua raccontandole ogni sventura. Aveva, infatti, la sensazione che la ballerina lo comprendesse con quei suoi occhi risplendenti quasi umani.
Un bel giorno, dopo l’ennesimo litigio con Matilde, Amos si recò alla fontana con Filippo. Era una calda giornata estiva e Filippo volle entrare nella fontana per rinfrescarsi, cosa che non aveva mai fatto nemmeno suo padre, temendo chissà quale magia o sortilegio. Dopo aver camminato sul muschio nell’acqua che gli arrivava al mento, Filippo sentì tra i piedi una specie di cassa di ferro.
Padre vieni a vedere
ho scoperto un tesoro
tra i piedi c’è un forziere
vuoi vedere se c’è oro?
Il principe Amos rimase per un attimo stupito, poi si tolse le scarpe ed entrò in acqua. Cercò invano di sollevare il forziere, ma visto che era troppo pesante provò ad aprirlo. Era come sigillato, allora lo ripulì con il palmo della mano e si accorse che c’era un rubino rosso sul coperchio. Girò il rubino come fosse una manopola e il forziere miracolosamente s’aprì. Al suo interno era pieno di monete d’oro, di ogni dimensione e spessore. Nella moneta più grande era disegnata una testa che somigliava al principe stesso e sul retro c’era scritto proprio il suo nome: Amos. La moneta più piccola invece riportava davanti la figura di una ballerina, la stessa che era al centro della fontana, e sul retro recava il nome di Allegra.
Appena Amos toccò la moneta piccola, la ballerina tutta d’oro si mosse. Allora a Filippo venne spontaneo di avvicinare la moneta alla statua. Siccome non accadde nulla, chiese al padre di prenderlo in braccio per toccare la scarpetta della ballerina. A quel punto gli augelli della fontana emisero una musica dolce e in uno scoppio di bollicine la statua divenne una ballerina vera che danzando disse queste parole:
Il sortilegio di una maga malvagia
mi ha mutato in ballerina d’oro
non son stata abbastanza saggia
ha celato nel forziere il mio tesoro.
Costretta sempre nella stessa posa
finalmente è libera la mia danza
posso tornare ad essere graziosa
e sapere che il tempo avanza.
Dopo aver detto questo parole la ballerina iniziò la sua danza dolcissima. Era leggera come un alito di vento e danzava soave come un canto d’amore, librandosi tra i fiori del giardino come una rosa di maggio nel suo roseto. Il cielo divenne azzurro intenso, il sole brillò accarezzando i suoi lunghissimi capelli neri e una nube di farfalle l’accompagnò nel suo movimento divino. Amos non riusciva a distogliere il suo sguardo da quegli occhi azzurri luminosissimi e da quella pelle candida come la luna. La ballerina s’accostò al principe, lo baciò e prima d’allontanarsi disse:
Tu che sei gentile
o Amos dal gran decoro
la strega devi sapere
mi ha reso il cuore d’oro.
Solo amor lo cambierà
in un cuor morbido e vero
se il tuo amor non tradirà
la libertà del tuo pensiero.
Amos tornò alla reggia pieno d’amore e sconvolto dalla magica visione. Poi si ricordò improvvisamente che il forziere era rimasto aperto nella vasca e che doveva richiuderlo. Accompagnò a casa Filippo e disse:
La dolcissima ballerina
lascia che resti un segreto
non dir niente alla mammina
non svelare del suo aspetto.
Filippo rispose a suo padre:
Non vorrei certo tradire
una deliziosa donna
non lo voglio proprio dire
né alla mamma né alla nonna.
Stai pur certo che non parlo
di me ti potrai fidare
non avere questo tarlo
un segreto so tenere.
Amos fu felice della complicità di suo figlio e corse alla fontana per chiudere il forziere. Quando guardò per controllare le monete una per una, s’accorse che in esse era disegnato un pesce e un nome: Astolfo, Bartolomeo, Diomede, Evaristo, Gastone, Leandro, Rodolfo, Sigismondo, Teodorico e Zaccheo. Amos comprese che anche i pesci erano vittime di un sortilegio. Nelle altre monete era disegnata una grande quercia come quella che faceva ombra alla fontana. Prese la prima moneta e disse: Chi è il pesce Astolfo della moneta? Il pesce più grosso saltò nell’acqua, poi s’avvicinò al bordo della fontana. Amos lo toccò con la moneta e immediatamente nella fontana si materializzò la figura di un moro gigantesco:
Finalmente avete compreso
come i nostri grandi cervelli
un maleficio abbia sospeso
nella fontana dai cento augelli.
Costringendo la nostra forza
di giganti della collina
in un giro che non rinforza
la nostra anima pellegrina.
La mattina appena svegli
per far crescere rose e viole
consentiamo che i germogli
si avvicinino verso il sole.
Imprigionata per la sua bellezza
è Allegra nostra primavera
che oltre alla sua grandezza
è una fanciulla dolce e sincera.
Se non tradirai il suo amore
quando ne avrai l’occasione
sarà vero anche il suo cuore
e ogni diritto avrà ragione.
A quel punto Amos chiamò tutti gli altri pesci, li toccò con le rispettive monete e fece loro recuperare l’aspetto vero di giganti. Loro, però, vollero subito abbandonare il castello, ma prima di andarsene promisero di tornare immediatamente se chiamati dalla formula magica:
Scugli scaturchi e tramasugli
comuchi fusse aglio i sonagli
appressu arriba alla giunchiglia
barrata arrita e suffumiglia.
Quindi Amos rimase solo alla fontana, ma senza i pesci e la ballerina si sentì molto triste. Tornò a casa per la cena e raccontò tutto a suo figlio. Quando Filippo andò alla fontana, gli sembrò strano che non ci fossero più i pesci, che mancava la ballerina e che dagli augelli non uscisse più acqua, ma ebbe un’idea:
Nella regale fontana
dev’essere celata
nella quercia silvana
una fanciulla o una fata.
Già, perché Amos non ci aveva pensato? Raccolse la moneta con il disegno della quercia, s’avvicinò alla pianta e la toccò con la moneta. E la quercia si mise a ridere: "Ah, ah, ah, mi fai il solletico!". Filippo curioso, le chiese:
Chi sei tu quercia poderosa
una donna, una fata o una sposa?
E la quercia rispose:
Io caro Filippo
sono la Fata Madre
se tu vedi nel cippo
di queste rime ladre.
Allegra è la divina
protetta dai giganti
risplende di mattina
e i fiori manda avanti.
Per liberarmi davvero
e sconfiggere il male
ci vuole uno sguardo fiero
e un’innocenza geniale.
Continua il 5 Giugno...