Il nostro viaggio agli antipodi, iniziato con l’intervista al Direttore del Programma Nazionale di Ricerca in Antartide, prosegue con Angelo Domesi, ricercatore del Dipartimento Scienza del Sistema Terra e Tecnologie per l'Ambiente del Consiglio Nazionale delle Ricerche, “veterano” dell’esplorazione alle estreme latitudini e testimone diretto sia del lavoro scientifico sia della vita in quelle condizioni estreme e inospitali, nelle quali dobbiamo con umiltà e perseveranza cercare e trovare le risposte a molti degli interrogativi sul nostro vivere sul pianeta e sull’evoluzione in atto, per comprendere come dobbiamo andare avanti in equilibrio e rispetto della piccola navicella che ci ospita nell’immensità dell’universo.
Dunque Angelo, da poco sei rientrato dalla tua missione, quale impressione dà il ritorno dagli antipodi? Per riambientarsi occorre un periodo e qualche accorgimento?
Il ritorno alla vita normale dopo la missione è sempre un evento molto eccitante, anche perché, spesso, l’attesa in quel luogo rende questo momento quasi irraggiungibile. La percezione del tempo che si ha in Antartide è molto diversa da quella della vita normale. Si deve riprendere confidenza con tutto, ci si accorge che anche il pin della carta di credito è stato dimenticato nel momento in cui si fa il primo acquisto dopo il lungo periodo di inutilizzo. Ritornare a vedere il verde degli alberi, le persone vestite senza una tuta polare e le conformazioni nuvolose delle nostre latitudini sono delle sensazioni che ci sono mancate per molto tempo e questo è anche un modo per apprezzarle ancora di più. Normalmente non c’è bisogno di nessun accorgimento, poiché il momento di euforia scompare dopo poco tempo!
Al di là della ovvia considerazione sulle condizioni climatiche estreme, come descriveresti la differenza in termini di rapporti umani e professionali tra l'Antartide e la nostra latitudine non solo geografica?
La differenza è estremamente forte e non vi è nessun paragone… quando si lavora in un clima come quello del sito di Dome C bisogna entrare nell’ottica che il proprio lavoro è strettamente collegato con quello degli altri e spesso vi è di mezzo la sicurezza delle persone e la stessa sopravvivenza degli individui. I legami che si instaurano sono molto forti. La sera, dopo cena, spesso ci si ritrova in piccoli gruppi intorno a un tavolo per raccontare quello che è successo durante la giornata; anche una partita a biliardino o a carte aumenta la condivisione, favorendo la socializzazione tra individui di diversa nazionalità. In una comunità così ristretta, quando uno ha un problema, tutti si prestano per la soluzione, quindi “il problema diventa di tutti”.
Sapresti dare una definizione efficace e semplice del valore della ricerca che si svolge anno dopo anno? La distanza non aiuta a comprendere il patrimonio di conoscenze e scoperte che l'Antartide permette e ci riserva e i possibili vantaggi per tutta l'umanità.
È una domanda alla quale non si può rispondere brevemente. Il concetto pionieristico dei primi esploratori che cercavano nuovi territori da colonizzare è oramai superato. Adesso è la scienza la vera protagonista, alla continua ricerca di risposte riguardanti tanto il passato del nostro pianeta quanto il suo futuro. Si può sintetizzare affermando che l’Antartide è l’ultima riserva alimentare e di acqua dolce del nostro mondo. Oltre a questo aspetto si sta cercando di capire come l’interazione sole-terra stia cambiando a causa delle emissioni di gas serra provocate dall’uomo. Un altro obiettivo della ricerca è studiare forme di vita uniche al mondo, come ad esempio gli Ice Fish (pesci antartici), vertebrati adulti che trasportano l’ossigeno senza emoglobina, diventando così modello di studio farmacologico.
Tra le ricerche più suggestive, in termini di comunicazione, vi è certamente il carotaggio della calotta ghiacciata che ha permesso sinora di vedere e analizzare un'acqua e un habitat ancestrale risalente ad 800 mila anni fa. Sta per partire una nuova operazione simile che permetterà di risalire ancor più indietro nelle profondità del tempo! Che cosa ci puoi dire in proposito, che cosa ci si aspetta?
L’European Project for Ice Coring in Antarctica più conosciuto con l’acronimo EPICA, è un progetto europeo che ha permesso il carotaggio continuo della calotta glaciale antartica a una profondità di 3.270 m fino ad arrivare a pochi metri di distanza dal substrato roccioso. I dati raccolti sui campioni di ghiaccio e sull’aria imprigionata nel suo interno, paragonati anche con altri elementi, hanno permesso di ricostruire le condizioni del clima del nostro pianeta fino a circa 800 mila anni fa, fornendo un elemento importantissimo agli scienziati per lo studio dei mutamenti climatici degli ultimi anni. Il progetto EPICA si è concluso nel 2005 in concomitanza con l’entrata in funzione della base scientifica permanente italo-francese di Concordia, posizionata a pochi metri di distanza dal punto in cui è stato eseguito il carotaggio. Questa stazione è collocata su un altopiano denominato Dome Charlie alla quota di 3233 m e a circa 1200 Km di distanza dalla costa. L’inaugurazione di Concordia ha segnato l’inizio della presenza italiana anche durante l’inverno australe in una delle pochissime stazioni permanenti nel plateau antartico, con ricercatori del CNR e personale logistico dell’ ENEA. In questi ultimi anni, con lo studio dell’accumulo della neve e delle variazioni di superficie del sito di Dome C, si è ipotizzato di trovare un nuovo punto di carotaggio allo scopo di prelevare in profondità ghiaccio ancora più antico di quello trovato in precedenza, con l’obbiettivo di andare indietro nel tempo di oltre 1 milione di anni. Se tutto andrà bene, i lavori per il nuovo carotaggio inizieranno nella Campagna antartica 2016/2017 in un punto molto vicino alla stazione Concordia.
Vita in condizioni estreme in un mondo alle prese con i cambiamenti climatici sempre più evidenti. Che cosa insegna la permanenza in Antartide e che aiuto ci può venire dalle scoperte fatte laggiù su cosa accade e che cosa aspetta l'umanità nel prossimo futuro?
Posso dire che uno dei principali insegnamenti che l’Antartide mi ha dato nei miei 12 anni di attività è sicuramente quello di essere umile. Riuscire ad andare in un luogo così isolato, lontano da zone popolate del pianeta, e il continuo confronto con ricercatori di molte discipline mi ha fatto comprendere quanto sia estremamente complesso e delicato il meccanismo che ha portato la vita sulla terra. Gli studi del paleoclima sono sicuramente determinanti per capire come si stanno evolvendo i cambiamenti climatici nel nostro tempo, ma forse è ancora un po’ troppo presto per definire che cosa accadrà nel futuro, al momento possiamo solo ipotizzarlo.
Conoscenza del passato del pianeta, della sua evoluzione, ma anche sguardo sul futuro per saper affrontare i cambiamenti? E quali scoperte ci interessano da vicino e non solo come scienziati?
Dalla ricerca possiamo aspettarci nuovi medicinali per combattere malattie oppure nuovi equipaggiamenti e astronavi per andare su Marte, proprio come si propone l’ESA (Agenzia Spaziale Europea) anch’essa presente a Concordia con un suo laboratorio, allo scopo di studiare l’adattamento umano in un ambiente confinato, privo di ossigeno e durante il periodo invernale completamente privo di luce, in prospettiva di una missione umana prevista nel 2030. Credo che l’adattamento sia il principale messaggio per affrontare il cambiamento: come i pinguini si sono adattati a un ambiente estremamente ostile e freddo quale è quello antartico, forse noi dovremmo cambiare il nostro stile di vita e adattarci a un contesto più eco sostenibile, al fine di salvaguardare il più possibile la natura e il clima del nostro pianeta. Tutto quello che facciamo si riflette quasi sempre nel nostro futuro, anche con le piccole azioni quotidiane, e spesso ci dimentichiamo che questa eredità verrà lasciata alle generazioni future. A volte mi domando se il mio piccolo contributo come tecnico del CNR nella logistica e nella ricerca italiana in Antartide, insieme all’immenso lavoro di molti scienziati, potrà essere apprezzato in un prossimo futuro, ma credo proprio che la risposta possa essere data solamente dai figli dei nostri figli.