Il Podgora è un villaggio presso un colle, nei pressi di Gorizia, che non arriva ai 250 metri sul livello del mare, ed era coperto da una fitta vegetazione all’epoca della guerra come anche oggi. In italiano si chiama Piedimonte del Calvario, Podgora in sloveno.
Dopo l’avanzata delle truppe italiane del regio esercito, una battuta d’arresto si ebbe proprio presso il colle, facilmente difendibile da parte austriaca, così come presso il monte Sabotino. Entrambi, infatti, dominavano la pianura e quindi erano militarmente strategici per il nemico. I Carabinieri reali avevano mobilitato in quell’area 2.565 militari divisi in 3 battaglioni e in 9 compagnie, comandate dal colonnello Antonio Vannugli. Dal 18 maggio 1915 si erano spostati da Treviso a Udine con servizi di vigilanza presso il Comando Supremo di Cadorna e la residenza del Re.
Il 4 luglio, ai reparti fu comandato di recarsi a Cormons, conquistata da poco, per passare agli ordini del famoso VI Corpo d’Armata. Partirono in treno 1.600 uomini, con bandiera e banda musicale, agli ordini del maggiore Italo Franchi e del tenente colonnello Teodoro Pranzetti il 5 luglio. Il giorno seguente, dovettero marciare verso le trincee del Podgora per dare il cambio al 36° reggimento fanteria della brigata Pistoia. La banda si fermò nelle retrovie, mentre il grosso dei carabinieri arrivò alle trincee anche senza zaini, per velocizzare gli spostamenti. Non erano ancora muniti di elmetto che verrà adottato soltanto un anno dopo, nel 1916; possedevano il fucile modello 91 con baionetta a pugnale, come i fanti, e avevano un’uniforme molto simile.
Si trovarono a disporsi arroccati tra i 150 e i 200 metri, in due trincee alterne, affiancati ad altri fanti da una parte, e in una trincea unica dall’altra, su circa 150 metri di linea. Tra un gruppo di carabinieri e l’altro c’era un vallone. Come dotazione, oltre ai fucili, soltanto una sezione di mitragliatrici e due batterie. Il colera serpeggiava per la scarsa igiene, l’acqua inquinata e i molti cadaveri insepolti, e causò molti morti. Il 18 luglio i carabinieri si dovettero disporre all’attacco: fu la famosa battaglia del monte San Michele. I carabinieri dovettero sostenere l’urto della Terza Armata facendo credere a un’offensiva sul fronte giuliano per attirare il fuoco delle artiglierie nemiche: un’operazione di copertura della vera azione di guerra. Bisognava pericolosamente avanzare allo scoperto e in salita, a partire dalle 6,30 del mattino. Vennero scelti dei volontari, carabinieri e genieri, che avevano il compito di rendere inoffensivi i reticolati; poi iniziò il fuoco di copertura dell’avanzata. L’assalto era previsto per le 11: Pranzetti, pistola alla mano, ordinò il celeberrimo “Avanti Savoia!” e i carabinieri andarono all’assalto. Fu una strage. Fu un gioco da ragazzi per le artiglierie nemiche sparare su coloro che tentavano di prendere il colle. Tra rallentamenti e riprese si arrivò alle 13 con nuovi attacchi. Un altro arresto lo si ebbe alle 15, a pochi metri dal nemico, praticamente attaccati al terreno per il balzo successivo previsto un’ora dopo. Tuttavia, 3 minuti prima delle 16, il Comando del VI Corpo d’Armata interruppe l’azione. I carabinieri persero 206 uomini solo in quella occasione, guadagnando 9 medaglie d’argento, 33 di bronzo e 13 croci di guerra al Valor Militare.