"Chiamatemi Ismaele" questo è l'incipit di Moby Dick, un famoso romanzo che abbiamo molto amato e che ci ha dato molto. Già da queste prime parole percepiamo l'arcano, potente respiro che permea tutta l'opera di Melville e che ci porterà, a bordo della baleniera del fosco Achab, a veleggiare dalle nebbiose coste del Nordamerica fino alle luminose immensità degli oceani del globo, fino a posarci con Giona nella balena "sulle estreme ossature dell'oceano nel cuore dei mari, al di là della portata di tutti gli scandagli" e infine a scamparla per poterla raccontare. Perché, come il bizzarro gavitello che salva Ismaele nel naufragio del Pequod così i libri e le parole possono salvarci anche dalle situazioni più disperate.
L'immenso potere della parola è infatti sancito inequivocabilmente in tutte le tradizioni e come il pensiero divino si incorpora nella Creazione attraverso il Logos, il Verbo, così il pensiero umano si trasmette attraverso la parola ed è tramite essa che arreca il bene e il male nella storia del mondo. Anche ogni buon medico conosce la straordinaria efficacia terapeutica di una parola di conforto e di incoraggiamento detta al paziente che diviene essa stessa coadiuvante essenziale in ogni processo di guarigione e un medico avaro di parole non sarà mai amato dai suoi pazienti.
Le parole dei grandi spiriti ci parlano dai libri che ci hanno lasciato e qualcuno di noi ne ha avuti tanti tra le mani da averne dimenticati molti, ma quelli le cui parole hanno parlato direttamente al nostro cuore, quelli li abbiamo tenuti con noi e letti e riletti innumerevoli volte. Sono stati fedeli compagni di viaggio, amici a cui chiedere conforto e talvolta maestri di vita. Hanno dato corpo alle nostre paure, ai sentimenti più profondi e alle nostre più alte aspirazioni. Ci hanno aiutato a svelarci a noi stessi e se li abbiamo amati sinceramente ci hanno costretto a misurarci col loro valore. Ci hanno emozionato e commosso e abbiamo provato veramente un dolore fisico quando, le ultime pagine tra le dita, sapevamo che stavano per finire.
Personalmente ho provato un dolore quasi fisico sfogliando le ultime pagine di Lord Jim di Conrad, mi sono commosso sulle Novelle Orientali di Marguerite Yourcenar e recentemente tra i contemporanei ho avvertito un’emozione inattesa leggendo alcuni dei racconti di Costanza Savini. Entusiasmo, dolore, commozione sono vere e proprie reazioni fisiche che le storie narrate in quei libri inducono in noi, come fossero farmaci, e dopo averle ascoltate non siamo più gli stessi perché quelle parole rendono migliori, curano e fanno bene come le buone medicine.