La stampa internazionale il 10 giugno è accorsa alla Plenaria del Parlamento Europeo a Strasburgo, per conoscere il parere dominante sul trattato TTIP e le sue probabili implicazioni. Si è trovata a un niente di fatto: Juncker ha sospeso la votazione dei suggerimenti che il PE aveva elaborato per la Commissione Europea che sta trattando con gli USA le clausole del TTIP. Una terribile giornata, che ha visto desautorare il Parlamento e che "segna una pagina orrenda nella storia d' Europa", a detta di Eleonora Forenza, europarlamentare del gruppo Gue/ngl. In quanto “se non c'è accordo nella grande coalizione (i 4 partiti che siedono in centro del PE, Socialisti e popolari i maggiori), viene sospesa la votazione dell'intero PE”.
C'è però anche un risvolto positivo in questa sospensione, ottenuta per l'alto livello di interazione con la politica europea della partecipazione diretta di cittadini, reti e movimenti. Del resto anche in Italia buona parte della discussione pubblica sul Trattato è stimolata più dalla società civile e dai movimenti, che dalla politica nazionale. Il Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP), ovvero Trattato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti, ha come scopo di rimuovere le “barriere” con cui ogni singolo Stato regola transazioni in denaro. L'oggetto del contendere è delicatissimo, e vede schierati, non tanto Europa e USA, quanto le multinazionali e i singoli Stati, coinvolgendo un mercato che si stima in 850 milioni di persone. Teniamo conto che modificare le regolamentazioni statali, in Europa spesso più restrittive delle corrispondenti americane, significa incidere sugli standard di sicurezza sociale, miranti alla protezione della salute pubblica e dell'ambiente. Cioè sulla salvaguardia dei diritti dei cittadini. Considerando l'importanza dell'argomento, ne sintetizziamo la storia recente.
Risale al febbraio 2013 la dichiarazione resa nello Stato dell'Unione dal Presidente Obama di una sua intenzione di lanciare negoziati per un Trattato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti. Da allora non se ne è saputo più niente. L'opinione pubblica è stata volutamente tenuta all'oscuro dei successivi incontri di negoziazione fra Commissione Europea e Governo degli Stati Uniti. Motivo che ha spinto numerosi cittadini a consociarsi in gruppi per seguire gli sviluppi di questa trattativa. Conosciuto il disegno centrale degli accordi, la “società civile” ha concluso con uno “Stop TTIP” unanime. Sostenendo l'evidenza: “Piuttosto che una pessima risoluzione, meglio nessuna risoluzione”. Il tutto coronato dalla raccolta record di più di un milione di firme in due mesi per lanciare una Iniziativa dei Cittadini Europei (ECI) mirante a ottenerne l'annullamento. Una seconda Commissione Europea, insediatasi il primo novembre 2014 sotto la guida di Jean-Claude Juncker, ha proseguito un cammino di negoziazioni non trasparenti, accettando che, da parte americana, fosse posto un blocco di cinque anni a ogni possibilità di accesso pubblico agli atti, vista la “natura sensibile” (per quel che vorrà dire!) dei contenuti.
Apre alla speranza, in un simile quadro oscurantista, la formula Mixed Agreement scelta dalla Corte di Giustizia Europea per definire il TTIP. Ogni “accordo misto” richiede, oltre alla ratifica dell'EU, la ratifica addizionale di ciascuno dei 28 stato membri. E questo spiega la frenata di Juncker alla Plenaria del 10 giugno. Infatti il PE, alla vigilia della Plenaria, è stato sommerso da centinaia di e-mail e di tweet, aventi come punto fermo le richieste di non legittimare, all'interno del TTIP, il meccanismo ISDS (Investor State Dispute Settlement), clausola infida che permette agli investitori di citare in giudizio uno stato nazionale quando ritengano di aver subito danni ai loro profitti da una decisione democratica dello Stato Sovrano. Questo creerebbe un'economia autorizzata ancora una volta a scavalcare gli interessi dei cittadini, in una ripetizione delinquenziale dell'operare che ha generato tutte le crisi che ancora ci attanagliano. Sarà qui il motivo per cui le fasi degli accordi sono sempre tenute segrete?
Per chi ha pensato che il Trattato fosse un negoziato fra i due concorrenti commerciali che stanno di qua e di là dell'Atlantico, è tempo di ricredersi. Altro che trattato, è un assalto perpetrato ai danni di due società, l'europea e l'americana, da parte di corporazioni transnazionali (private). E, viste le dimensioni dei due futuri contraenti, l'accordo, in caso di ratifica, sarà più penalizzante per l'Europa che per l'America. Anche perché la legislazione europea, in molti casi, è più stringente di quella d'oltreoceano.
Prendiamo come esempio l'argomento cibo. Per la legislazione italiana, un prodotto alimentare per essere immesso sul mercato deve essere sottoposto, lungo la filiera produttiva, a circa un centinaio di controlli che ne attestino la salubrità, le condizioni igieniche in cui viene prodotto, la provenienza dei componenti utilizzati, la esclusione di ogm, la quantità e qualità di prodotti chimici aggiunti, tanto per dirne alcuni. Tutto in etichetta. Etichette che, se peccano sul piano della piccolezza dei caratteri, costringendo a inforcare gli occhiali, si rivelano complete di tutto ciò che la legge prescrive.
In America le etichette non sono obbligatorie e i componenti non necessariamente da dichiarare. Là funziona così: il cittadino che attribuisca un malessere a un prodotto consumato deve dimostrare che ciò che lo ha danneggiato è proprio quel cibo ingerito. E' ovvia la difficoltà cui va incontro il consumatore, anche perché il produttore che sta concordando il TTIP è una multinazionale, dotata di apparati difensivi mastodontici che possono mangiarsi in un boccone - è il caso di dirlo - chiunque osi contestare un loro prodotto. E poi anche il principio di precauzione, sul quale sono modellate le leggi europee, è misconosciuto in USA. Inimmaginabile lo stravolgimento sociale che può compiersi con l'aiuto di questo negoziato, tra i più importanti degli ultimi anni, visto che i campi sul tavolo delle trattative TTIP riguardano servizi relativi a salute, servizi sociali, istruzione (a tutti i livelli), posta, finanza, telecomunicazioni, trasporti, energia, acqua, servizi culturali e ambientali. Sono esclusi solo i servizi audiovisivi, perché il governo francese su questo ha puntato i piedi.
L'istituto di ricerca privata Ecorys, assoldato dalla Commissione Europea nel dicembre 2013 per condurre una valutazione sul potenziale economico, sociale e ambientale del TTIP, presenterà il report alla fine del 2015, con totale inutilità per ogni decision-making durante la negoziazione. Sono note invece le simulazioni numeriche che alcuni partiti “di sponda” hanno fatto eseguire. La frase più inflazionata, cioè che il libero mercato farà crescere l'occupazione, ha la sua origine, semplificando, nel momento stesso in cui è nata l'idea di "aprirsi" all'America. Tutto scaturì nel 2008, all'indomani della crisi Lehman Brothers, da un gruppo di economisti che pensarono che un cambio di modalità organizzativa dei commerci internazionali, togliendo dazi e altre gabelle, avrebbe messo in moto con più vigore il mondo del lavoro. Come si vede, un'ipotesi che incorpora la tesi, ancora una volta una spregiudicata operazione virtuale, che non ha evidenze sperimentali.
La conclusione dell'iter parlamentare europeo riguardo al TTIP è solo rimandata, anche se non è possibile predire le tappe future. Non bisogna però, come cittadini, smettere di vigilare, per non trovarsi ancora una volta “a cose fatte”, negative e irrimediabili. I movimenti spontanei anti TTIP esistono e lavorano sodo per non farsi sorprendere impreparati. Basta cercarli e collaborare.