Quando i bambini fanno “oh!” … che meraviglia... ripete l'orecchiabile ritornello di una canzone in voga qualche anno fa.
Lo stupore dei bambini di fronte alle scoperte della vita è un movimento dell'anima che tocca, intenerisce, commuove, anche perché è un percorso che sentiamo profondamente, lo conosciamo, siamo passati tutti di lì. L'avventura del vivere induce i piccoli a un continuo spalancare la bocca, incantati per la scoperta di nuovi mondi, sono come increduli e, allo stesso tempo, affascinati dalle novità: c'è un “oh!” per aver visto il gatto che muove la coda, un “oh!” per la meraviglia di una palla rotonda e colorata, un altro “oh!” per il movimento del pesce rosso che guizza dentro la boccia di vetro, e anche per l'acqua del mare che accarezza e solletica, un “oh!” per le prime pappe, per la barba ispida del babbo, per la pelle morbida e profumata della mamma. E ogni giorno, ogni momento della giornata sono costellati da queste meraviglie che inondano il corpo e la mente dell'infante che si affaccia alla vita ed è così che, a poco a poco, si costruisce l'immagine del mondo.
In un bar di Rimini assistevo proprio in questi giorni allo spettacolo della mente che si accende a contatto con la realtà, attraverso lo sguardo ammaliato e i gorgheggi di soddisfazione di Ivano, uno splendido “ometto” di sette mesi, che si sta appunto avventurando, con grande curiosità e desiderio di conquista, nel viaggio di conoscenza dell'universo che lo circonda. Guardare assaporando avidamente i colori e le forme, ascoltare incorporando con gusto suoni e rumori, il tutto accompagnato dal corpo in movimento che partecipa attivamente a questa frenetica attività dell'apprendere e dello sperimentare, è il compito evolutivo che costella le giornate di Ivano. Dunque quel pomeriggio al bar, dopo aver attentamente studiato l'ambiente, le persone, la televisione che trasmetteva musica e immagini coloratissime, Ivano aveva iniziato a emettere brevi vocalizzi e a saltellare puntando i piedi sulle ginocchia del babbo, come per esprimere concretamente la sua compartecipazione a quello che succedeva nel mondo dei “grandi”. Gli adulti intanto sorbivano tè, cioccolata, punch e allora Valentina ha pensato bene di offrire il seno al suo bambino perché anche lui potesse fruire della sua consumazione come tutti gli altri.
Ivano era felice di questa bella esperienza tanto che il succhiare, all'inizio da forsennato, era diventato, a un certo punto, un gioco ripetitivo di affondo nella mamma e di ritorno in superficie nel mondo sociale, un continuo dentro e fuori, dentro mamma e fuori mamma, unione e distacco. Era proprio un gioco intrigante e, dal punto di vista psicologico, altamente elaborativo la capacità di separazione. Arrivato poi il momento del commiato, i preparativi e la vestizione un po' laboriosa avevano disturbato il nostro piccolino che aveva iniziato una piccola “gnola”, una lamentela fatta di “aahh!”, con l'accenno a qualche lacrimuccia; a quel punto una persona di famiglia, dispiaciuta di questo cambio d'umore nel bambino, ha escogitato di ripetere “a specchio” il lamentoso “aahh!” cercando con la tonalità della voce di trasformarlo in un vocalizzo positivo, come se fosse un discorsetto.
Ivano si è subito incollato a questo nuovo significato del suono e, tirando fuori una grinta inaspettata, si è messo ad emettere un “aaahhh” incredibilmente lungo, con una sonorità molto alta, cancellando ogni traccia di pianto ma, con una virata umorale sorprendente, evidenziando un grande piacere nell'ascoltarsi, nello scoprirsi così capace, così autoassertivo, così forte, così vivo. Le due voci erano diventate un flusso unico, quasi una corrente fluviale che attraversava, impetuosa e imponente lo spazio. Gli occhioni e la bocca erano spalancati in un inarrestabile slancio, anche il corpo teso verso l'esterno accompagnava questa potente e lunga emissione di sé; lo sguardo, intenso, non fissava niente di definito, ma puntava l'infinito, nulla poteva attirare la sua attenzione, se non la sua prestazione musicale. Era come se gli occhi si posassero sul fascio sonoro che riempiva l'atmosfera emotiva, accompagnandolo con una tensione vitale stupefacente.
Il corpo guizzante seguiva il suono che correva nelle onde magnetiche dell'aria, vibrava verso l'esterno di sé in un'epifania che lo incantava e che incantava, il corpo era contenuto nella voce e la voce diventava corpo. La sensazione era di assistere alla manifestazione dell'energia pura, del desiderio di vivere, dell'aggressività necessaria per poter stare nel mondo; il piacere del bimbo era infinito, perché senza consapevolezza, quasi un “om” simbolo naturale di tutti i suoni, soffio creatore nella tradizione vedantica. Ivano e il godimento erano tutt'uno, era come se scivolasse con la voce in un sogno, la scoperta di sé questa volta era abbagliante, inebriante. Quel suono, espressione prorompente della mente-corpo, era così coinvolgente che introduceva all'indicibile, al mistero e mi ha richiamato la celebre composizione di Strauss che, nel film di Kubrick 2001. Odissea nello spazio, segna l'inizio dell'avventura dell'Ulisse moderno nello spazio cosmico, sottolineandone l'atmosfera ricca di pathos e di aspettativa. Anche Ivano era alle prese con la sua odissea conoscitiva sul pianeta terra e le sue note vocali risuonavano nell'ambiente con la stessa portanza emotiva dello Zarathustra straussiano. Valentina, che aveva tenuto in braccio il suo bambino in tutto questo “big bang” psicofisico, aveva sentito sul suo corpo riverberare le vibrazioni di Ivano e, testimone attonita e muta dell'avvenimento, aveva colto la qualità emotiva del flusso sonoro, definendolo “all'unisono”.
È stato un dono poter assistere a uno di questi momenti magici, speciali, che caratterizzano il percorso evolutivo di un bebè; è un fenomeno trasformativo, di crescita mentale che corrisponde alla straordinaria possibilità di dare forma a qualcosa di sconosciuto, all'evento ineffabile della percezione di sé, alla poesia della creazione del mondo.