Per necessità il caso

Più o meno due mesi fa il destino mi è venuto incontro e ha portato sul palmo della mano quelle che noi di solito chiamiamo coincidenze. Ma in realtà le coincidenze nascono da eventi minori che, silenziosi e tenaci, in un lavoro continuo e anonimo, scavano, vanno in profondità, ritornano alla luce, a volte costruiscono, altre volte demoliscono; aggiungono o sottraggono a seconda della necessità. Sono una specie di manovalanza silenziosa che orienta il nostro essere. E così, quel giorno, gli eventi minori mi hanno portata nei luoghi del Ravenna Festival a conversare con Cristina Mazzavillani Muti. Cristina e io ci incontriamo raramente, ma quando ciò accade, in piena libertà e autonomia, entra in campo il gioco grande delle relazioni che di volta in volta svelano e danno valore all'essenziale, fatale qualità dell'essere lì in quel momento. Questo è quello che accade e per le regioni che ho tracciato, il 24 Maggio alle 18.30 presenterò alla Chiusa di San Marco per il Ravenna Festival e dintorni l'evento Come quel fiume...che si chiama Acquacheta.

Il processo creativo

Tutte le mattine, quando è possibile, ma anche quando non è possibile, vado in bicicletta lungo l'argine del fiume. Arrivata alla Chiusa di San Marco scendo dalla bicicletta e mi affaccio nel vuoto. Sotto di me tumulti, vortici di spuma bianchi e il rumore assordante della gettata d'acqua. E io rimango lì, aggrappata al gioco dell'acqua. In questo periodo di grandi piogge il fiume si allarga, si dilata e conquista la costa. Conquista la spiaggia dove fino a ieri vedevo il mio evento prendere corpo. Ora gli alberi che abitavano la terra ferma risiedono nell'acqua. Acqua anche nella sabbia dove il coro deve girare su se stesso lentamente come un vortice inarrestabile. Lo vedo questo coro fatto di amiche e amici e "di parenti stretti": è lì che vorrei vedere la mia genia tutta intera. La vorrei lì nel coro, testimone dei miei affetti, della mia tenacia e della mia fatica. La tenacia del lavoro e del "faticare" quando si crea la bellezza del fare qualcosa di buono, allargando un mondo meravigliosamente molteplice, percorso da infinite linee di fuga, e farlo bene.

Nell'opera desidero inserire l'arte più difficile da realizzare, quella delle relazioni. È qui che accadono "gli inciampi" più pericolosi. Nel processo creativo l'ideazione è il percorso più semplice. È qui tra le mie mani, lo vedo prendere forma tutte le mattine quando arrivo alla Chiusa. È qui che l'immaginazione è intimamente legata alla realtà. Il mio lavoro sta proprio nel rendere l'immaginario comprensibile e ciò avviene solo se è reale. Il luogo dell'azione è quella piccola spiaggia alla mia destra e se piove ancora porterò le azioni un po' più in alto e se l'acqua della Chiusa scenderà urlando con tutta la sua potenza, il coro, le ragazze, i demoni agiranno in silenzio. Mi pongo in ascolto della natura e delle sue metamorfosi e ne seguo il respiro. Qui e ora l'esistenza mi sembra una visione dell'anima.

I miei eventi partono sempre da una memoria personale perché credo non possa esistere presente senza memoria. L'azione delle ragazze la rappresenta e cerco di ricordarne ogni sfumatura, ogni piccolo dettaglio. Le ragazze, come i demoni, frequentano il Liceo Artistico Nervi Severini di Ravenna. E così quasi tutte le mattine ritorno a scuola. Ho frequentato questo liceo sia come allieva. sia come insegnante e ora come figura esterna che un giorno dice una cosa e il giorno dopo cambia idea. Una mattina il vestito di plastica deve essere regale, la settimana dopo invece deve essere un involucro informe, simile a una crisalide che contiene dentro di sé una farfalla. Questo perché i demoni iniziano la loro azione infernale demolendo proprio la memoria. Accanto al coro stanno seduti i miei musicisti, tutti professionisti bravissimi. Si costruiscono strumenti stupendi, opere d'arte che danno vita alla musica e qui sono fatti di acqua di fiume e di plastica. Sì, di plastica. La plastica che da tanto tempo quotidianamente ci avvolge ora ci chiede il conto. Il mondo, per lei ma anche per noi, si è fatto piccolo. Anche lei è partita alla conquista di nuovi territori. Invade gli oceani e nelle sue metamorfosi diventa isola e cibo per i pesci che noi poi mangiamo. E il cerchio qui si chiude.

L'evento

Le ragazze, di rossa passione vestite, scendono al fiume scambiandosi doni e nelle acque lavano bianche lenzuola, accompagnate da suoni che seguono i ritmi di una natura incontaminata. Ma nel mio paradiso terrestre sono presenti segni che annunciano future devastazioni. Il coro segue se stesso ripetendo e ripetendo lo stesso percorso e un oscuro cumulo di detriti, appena visibile, rivela oscuri movimenti sotterranei.

Oggi è sabato 18 Aprile. Ho un gran male alla schiena e dal dolore non posso riposare. Mi ripeto che la felicità è l'assenza di dolore, poi quando il dolore passa dimentico dove ha luogo la felicità. Con le amiche e gli amici del coro dovevamo andare a fare le prove alla Chiusa, ma si è alzata la bora e ha iniziato a piovere. Avrei bisogno di un periodo di siccità. Anche qui, come nel paradiso terrestre, il tempo annuncia future devastazioni.

"I segni" sono come le formiche che ogni anno in primavera ricompaiono nella mia casa. Non demordono, annunciano quello che in realtà accadrà. Il paradiso si conclude nel momento in cui sette demoni escono dal nascondiglio e rinchiudono in un cono d'ombra - un cono di plastica - la bellezza della civiltà del dono e la bellezza dell'acqua, vista come simbolo di purificazione in quel lavoro antico che vive come la propria casa l'ambiente libero e aperto della natura. Insieme alle ragazze, il coro, il suono, il canto e gli altri esseri viventi, alberi e acqua compresi, precipitano nella disperazione di un girone infernale che trova la sua fine nell'urlo di Vitaliana. Come nei gironi infernali danteschi non esiste speranza.

I demoni contemporanei avanzano indisturbati e contaminano terra, acqua ed esseri umani rappresentati dal coro. Solo la musica si erge come solitaria fonte salvifica. Naturalmente qualche cosa verrà modificata. Questa volta il confronto con l'acqua è diretto. Non solo è presente fisicamente ma in questo punto, vicino alla Chiusa "ha denti di spuma e labbra di cielo che cantano". Il coro di voci e di suoni e di canti rischia di essere sommerso da tanta potenza. Allora penso proprio di abbandonarmi all'acqua, sia quella che scende dal cielo, sia quella che scende dalla Chiusa. L'acqua mi propone un enigma. Sta a me trovare l'azione che determina l'essenziale, fatale qualità dell'evento.

Per rappresentare un mondo che si è trasformato in un'Ade di ombre invece non ho dubbi, uso i simboli che hanno mutato le nostre vite e che quotidianamente maneggiamo con tanta disinvoltura. Ci sono diventati indispensabili e sono le sportine e le bottiglie di plastica. Ecco, a proposito di questo mio lavoro, cosa dice il mio amico artista visivo e poeta, Angelo Noce: "La bottiglia d'acqua del supermercato ci segnala l'avvenuta ulteriore alienazione dal millenario piacere di rispondere a una sete sorella di tutti gli infiniti piaceri sensuali a cui si presta come mezzo la bocca. Il fiume, il mio fiume... me lo bevevo sorgivo da un estemporaneo bacino fatto di pietre e sassi presenti per mano individuale al margine del fiume in quel fresco e limpido specchio d'acqua che dal fondo si dava zampillo smuovendo per spinta granelli di sabbia danzanti e pulsanti col ritmo della terra. Chi non ricorda le fresche fontane mariane, le laiche fontane di ghisa dei giardini pubblici e quelle scavate nel legno di pino della montagna...".

Interpreti

Oggi è il 24 aprile. Sono in studio e un'ora fa il pavimento ha iniziato a ballare e gli scudi hanno iniziato a suonare. Con me c'erano Nicoletta e Deborah, ci siamo guardate e, come signore anglosassoni, non ci siamo mosse. Lo studio è al sesto piano e più in alto non si può salire perché c'è il cielo e più in basso vedo solo stormi di tetti. Quando tira il terremoto, per fortuna di rado, sto lì seduta, in attesa. Qualsiasi movimento di difesa mi sembra del tutto inutile.

Ora le amiche se ne sono andate e riprendo a scrivere. Ritorno all'origine. Al 2011 quando andai al Teatro Rasi. Cercavo Ermanna e invece ho incontrato Marcella. Un incontro sospeso nel tempo e nello spazio. Un inizio. Fu lei che mi parlò di Gigi Tartaull e di Graziella Pagani. Nacque così una collaborazione che si è moltiplicata come la pesca miracolosa. La loro presentazione del mio libro RAVENNA ravenna con letture e canzoni mi colpì per la profonda e poetica interpretazione dei racconti. È apparsa poi la famiglia intera di Graziella e Valeria, la moglie di Gigi. Tutti dotati di creatività diffuse. Arrivò Claudia con i suoi giardini di Babilonia e Vitaliana con il video La lavandaia. E Michela con gli studenti del Liceo Artistico e gli strumenti miracolosi dei "miei musicisti". E Valentina che in luglio, alle tre del pomeriggio, è arrivata in bicicletta a Marina Romea da Cesena con il suo violino in spalla. E l'articolo di Giovanni che insieme alla moglie Luisa ha aperto nuove vie.

Non so se le altre città possiedano come Ravenna il dono di tante menti creative, di tante artiste e artisti così appassionati al proprio lavoro e studenti e insegnanti così disponibili. Sono la testimone di tanta ricchezza e in questo senso posso dire di essere una donna fortunata. Ora i loro nomi, naturalmente ne dimenticherò qualcuno, e ce ne saranno altri che poi ho perso per strada. Soprattutto il coro è ondivago, a ogni prova amiche che vengono e amici che vanno.

Hanno collaborato alla regia Graziella Pagani e Vitaliana Pantini.
Le voci soliste sono di Valentina Campajola, Gianluigi Tartaull.
La performance è di Vitaliana Pantini.
Gli studenti del Liceo Artistico Statale Nervi-Severini, che hanno realizzato i costumi, le opere plastiche e le Azioni, sono Annalisa Bellettini, Milena Bezzi, Nicola Bolognesi, Beatrice Blosi, Veronica Boulus, Regina Bylyku, Luisa Capriglioni, Martina Caroli, Asia Casadei, Luca Casadio, Marzia Clementini, Paolo Comandini, Linda De Logu, Chiara Di Donna, Camilla Di Bella, Luca Dolcini, Diego Filidei, Clara Fort, Stella Luciani, Lorenzo Mantovani, Alessandra Martelli, Martina Ponti, Rastko P. Chirco Popović, Alice Ragazzini, Aurora Ravelli, Lucia Ricci, Jessica Rossi, Valeria Sampiere, Sara Tantaro, Marta Ticozzi, Alejandra Zauli, Rebecca Zeru.
Le docenti che hanno seguito con grande partecipazione le diverse attività di questo complicato mondo di plastica sono Romea Agostini, Renata Dal Pozzo, Maria Domenica Scarpone, Elena Pagani, Marinella Tassinari, Dolores Veschi.
Ha coordinato l'attività delle insegnanti e degli studenti Michela Perla.
Partecipano al coro: Romea Agostini, Milena Amadori, Sabina Andreucci, Maria Giulia Benini, Matilde Castagnoli, Federici Cavicchi, Gianfranco Coccari, Andrea Contarini, Manuela Costa, Marcella De Logu, Nathalie Dodd, Osiride Guerrini, Vittoria Magliani, Katiuscia Maltoni, Sara Maioli, Francesca Marzolla, Luisa Mariani, Miria Mazzesi Valeria Nonni, Elena Pagani, Michela Perla, Paolo Pieri, Donatella Rosso, Grazia Sardaro, Federico Tozzi, Natalia Tozzi, Chiara Valenti, Giovanna Vespignani, Riccardo Zoffoli, Giovanni Zaccherini.
Caterina Calderoni, direttrice del coro, ha scomposto alcuni versi della Divina Commedia e ne è nata una partitura sonora di disperata intensità. In sua assenza il lavoro di quotidiano impegno e di direzione del coro e non solo, viene svolto da Graziella Pagani.
Stefano Calvano, Luca Galeati, Riccardo Galeati si confronteranno con il suono delle cascate.
Gianfranco Maioli nel suo furgoncino e nella sua cantina ha gli strumenti adatti per risolvere qualsiasi problema tecnico.
Luca Baccarini, Giacomo Banchelli, Valentino Bettini, Emma Bonanzi, Thomas Montalti, Nicola Strocchi, Valeria Nonni sono gli operatori video e i fotografi che hanno firmato le immagini del percorso creativo. Senza di loro l'evento della Chiusa di San Marco sarebbe rimasta un'idea, un pensiero ossessivo e niente più. Nel mondo delle relazioni l'idea, come quel fiume che si chiama Acquacheta, si dilata e si confonde con l'acqua dell'altro fiume. Proviamo ora a capire di quale dei due è l'acqua. Un'acqua nuova che prima non esisteva. Con-fluenza.