Dimenticatevi Borat (per chi lo avesse visto o se lo ricordi). Lasciate da parte gas e petrolio. Il Kazakhstan ora ha scelto di giocare una nuova carta per farsi conoscere al resto del mondo: lo sport.
Il paese dell’Asia Centrale si è posto una sfida ambiziosa, quella di organizzare i Giochi Olimpici Invernali del 2022, dove, dopo l’autoesclusione di Oslo, la corsa si è ristretta a due pretendenti: la kazaka Almaty, appunto, e Pechino. Almaty che, nella lingua kazaka significa “il posto dove crescono le mele” è stata capitale del Kazakhstan fino al 1997, prima che il presidente Nazarbayev decise di spostarla ad Astana (ma si pronuncia Astanà) , letteralmente “la città dove si prendono le decisioni”. Una di queste è proprio la scelta di far conoscere il Kazakhstan nel mondo attraverso lo sport e l’organizzazione di grandi eventi sportivi.
Il progetto dell’ambizioso paese dell’Asia Centrale, che possiede le maggiori riserve al mondo di gas e petrolio, si attua secondo due modelli. Il primo si rifà al motto “tutto subito” o comunque, senza badare a spese. Si tratta del club sportivo centrale Astana, che fa capo al ministero dello sport kazako e raggruppa al suo interno diverse sezioni: calcio, hockey, basket, ma soprattutto ciclismo. La consegna è molto semplice: acquisire i campioni, metterli nelle condizioni di vincere, e godere della luce riflessa dalle loro vittorie. E’ l’Astana, la squadra con cui Vincenzo Nibali ha vinto prima il Giro d’Italia, poi il Tour de France e ha raggiunto nella steppa una popolarità quasi pari a quella di cui gode in Italia.
Se Astana è la capitale nuova, con i grattacieli firmati dalle archistar mondiali e centri commerciali dove anche d’inverno si può fare il bagno in una spiaggia artificiale, mentre fuori ci sono 30 gradi sottozero, Almaty incarna una dimensione più umana. La città, circondata dalle vette della catena dell’Alatau, è famosa per la pista di pattinaggio di velocità di Medeu, la più alta del mondo con i sui 1691 metri d’altezza, dove sono stati stabiliti ben duecento record mondiali tra maschili e femminili nelle varie distanze. Perso lo status di capitale, Almaty è rimasta comunque una città vibrante ed è il maggior polo formativo del paese.
Nel 2011 Astana e Almaty, con una candidatura congiunta, organizzarono i Giochi Asiatici Invernali. Ad Astana si svolsero hockey e pattinaggio di figura, mentre ad Almaty, oltre all’arena di Medeo, la stazione sciistica di Schimbulak ospitò gli sport della neve. Nel 2017 Astana sarà la sede dell’EXPO Universale, mentre Almaty ospiterà l’Universiade invernale, che dovrebbe essere il trampolino di lancio verso un eventuale successo della candidatura olimpica. Ne è convinto Ilya Urazakov, l’under 30, presidente della direzione organizzativa delle competizioni internazionali di Almaty, che individua i punti di forza della città nella sfida –a detta di molti in salita- contro Pechino: “Almaty ha tutte le chance per farcela. Le nostre chiavi sono la compattezza e l’idea dell’eredità olimpica. Il CIO, con l’Agenda 2020 ha chiesto giochi più compatti e meno dispendiosi: noi rispondiamo con un progetto che sfrutta i siti già programmati per l’Universiade e dislocati in un raggio di soli 30 km. Il nostro obiettivo è far sì che gli atleti e lo sport tornino al centro dell’attenzione nel momento delle gare e poi tutta la popolazione possa praticare sport in impianti moderni, sicuri, e facilmente raggiungibili. Rispetto alla Cina siamo una società giovane e rappresentiamo un paese nuovo per il movimento olimpico: quale migliore occasione delle Olimpiadi per parlare di noi al mondo?”.
Certamente siamo di fronte a un’altra impostazione, dopo il decennio di sfarzi e sfaceli iniziato con Atene e culminato con Sochi, che ora lascia il campo a candidature più minimali. Per intenderci a Vancouver c’erano 130 km di distanza tra montagna e città. A Pechino, invece, dallo stadio del Nido d’Uccello che dovrebbe ospitare le cerimonie, alla montagna di Zhangjakou, ce ne potrebbero essere ben 230, che i cinesi però prevedono di avvicinare a soli 40 minuti di treno ultraveloce. La candidatura di Pechino appare logisticamente più complessa, oltre che per le distanze anche per l’incognita sul livello di inquinamento dell’aria e l’opportunità di fare delle Olimpiadi Invernali una questione locale, dato che i giochi del 2018 si terranno nella vicina Corea del Sud. Eppure la solidità -alias la capacità di lobbying- del Movimento Olimpico Cinese e il fascino di poter essere la prima città ad avere sia le Olimpiadi Estive, sia quelle Invernali, sembrano far pendere l’ago della bilancia proprio a favore della capitale cinese.
La scelta del CIO sarà annunciata il 31 luglio, proprio in quel di Seul. Ma i giochi, almeno nelle segrete stanze di potere, potrebbero essere già fatti. La commissione del Comitato Olimpico Internazionale ha ricevuto i dossier definitivi delle candidature a gennaio, e ha compiuto le ultime visite d’ispezione nelle due città rimaste in corsa.