Quando ammiriamo la bellezza di una Rosa, raramente ci soffermiamo a pensare alla sua origine e diamo per scontato che sia un fiore spontaneo. La sua nascita, invece, è indissolubilmente legata alla storia dell’uomo: la famosa Rosa a petali concentrici, diffusa in tutti i giardini, è il prodotto di numerose ibridazioni realizzate, nel corso dei secoli, da pazienti e meticolosi giardinieri.
Questa pianta, più di ogni altro fiore, incarna la bellezza della Natura e sin dall’antichità, è stata oggetto di una particolare venerazione. I simboli ad essa legati sono innumerevoli e richiamano concetti appartenenti sia al mondo profano che spirituale. Emblema di Amore e Passione, attraverso la concentricità dei suoi petali esprime ciò che di più intimo si nasconde nella bellezza di una donna. Questa realtà misteriosa esprime parallelamente una dimensione mistica e iniziatica: dall’aspetto terreno ci si innalza a quello spirituale, dove la passione diventa devozione e preghiera.
Non è un caso che nella cultura cristiana l’immagine della Donna venga sostituita con quella della Vergine Maria e che con la parola “rosario”, s’intenda sia l’atto di recitare innumerevoli volte l’Ave Maria sia una particolare collana — per tradizione realizzata con legno di rosa — i cui grani passati tra le dita accompagnano il processo d’interiorizzazione legato a tale preghiera. Più in generale, la disposizione concentrica dei petali (lo stesso simbolismo vale per le rose selvatiche a 5 petali che ruotano intorno a un centro) rappresenta l’Uno da cui trae origina il Cosmo, ed evoca diverse immagini simboliche, da quella della ruota del tempo che scorre a quella della forza del fuoco e della materia trasformata (questi concetti sono racchiusi in forma simbolica nei rosoni delle cattedrali gotiche).
Attingendo a forme simboliche simili, numerosi movimenti esoterici e religiosi del passato hanno sfruttato questo fiore come elemento centrale del loro misticismo: dai Fedeli d’amore medievali che la impiegavano come metafora della Donna, agli alchimisti che la consideravano un simbolo di conoscenza e rinascita, fino ai Rosacrociani che univano l’immagine della Rosa a quella della Croce. Nella tradizione popolare le galle di Rosa (escrescenze che si formano sui rami delle rose selvatiche, in seguito alle punture di alcuni tipi insetti), chiamate “mele del sonno”, venivano poste sotto i guanciali, per favorire i sogni premonitori e per proteggere i neonati dagli influssi negativi.
Il luogo d’origine della Rosa coltivata è verosimilmente l’antica Persia (l’attuale Iran) e la sua diffusione nel resto del mondo è avvenuta molto tempo prima della nascita di Cristo, attraverso la Grecia e l’antica Roma. La sua lontana parente, la specie originale che ha svolto la funzione di “matrice”, offrendo la materia prima su cui lavorare, è la delicata e poco appariscente, rosa selvatica a 5 petali. Tra le numerose specie di rose selvatiche, merita attenzione la Rosa canina (Rosa canina L. s.l.), un arbusto caducifoglio, alto fino a 5 m, con ramificazioni sarmentose, munite di aculei robusti, arcuati, dilatati alla base. Le foglie sono imparipennate, con 5-7 segmenti ellittici, ovati o obovati, a margine dentato, di colore verde lucido sulla pagina superiore, pallido su quella inferiore. I fiori sono di colore roseo o biancastro, provvisti di 5 petali e numerosi stami riuniti a formare una colonnina nel centro della corolla.
I frutti, chiamati cinorrodi, sono in realtà dei “falsi frutti”: dalla trasformazione del ricettacolo, si formano delle strutture piriformi, lunghe 1-2 cm, carnose, di colore rosso, contenenti numerosi acheni (erroneamente considerati semi), rivestiti di una fitta pelosità. Il suo habitat ideale è rappresentato dagli ambienti boschivi, radure, pascoli, margini di strade e sentieri di campagna. Il nome di questa pianta, riconducibile al greco rhodon e al celtico rhudd, da cui deriva il latino rosa, è legata al colore rosso, mentre il termine canina trae ispirazione da un’antica credenza secondo cui il decotto della radice e dei frutti poteva curare la rabbia provocata dai morsi dei cani.
In cucina si utilizzano i petali e le parti carnose dei frutti; quest'ultime sono ricche di flavonoidi, carotenoidi, antociani, pectine, sostanze tanniche, vitamina C (in 100 grammi di cinorrodi è presente la stessa quantità di vitamina C contenuta in 1 chilo di agrumi), ferro e alluminio. I cinorrodi sono apprezzati per il loro gradevole sapore e per le loro proprietà antiscorbutiche (compensano la carena di vitamina C), stimolanti le difese immunitarie, tonificanti, disintossicanti, antidiarroiche e diuretiche. Possono essere consumati crudi (questo permette di preservare la vitamina C in essi contenuta, dagli effetti negativi del calore), oppure sottoposti a infusione o trasformati in marmellata, dal gusto gradevole e dagli effetti rinfrescanti e blandamente lassativi. Seccati e macerati in acquavite e zucchero costituiscono la base di un ottimo liquore. È opportuno evitare l’utilizzo degli acheni, poiché essendo rivestiti di una fitta pelosità possono essere causa di spiacevoli irritazioni intestinali (azione sfruttata dalla medicina popolare per trattare soggetti afflitti da stitichezza o disturbi intestinali dovuti a fenomeni di parassitosi).
L’azione sinergica di carotenoidi e flavonoidi è essenziale per una migliore bioassimilazione della vitamina C, migliorandone la sua azione antiossidante a livello cellulare. I petali di rosa (delle specie sia spontanee che coltivate) possono essere canditi o impiegati nella preparazione di squisite e raffinate marmellate. Triturati e miscelati ad acqua bollente e miele, costituiscono un rimedio profumato e gradevole al palato, come il famoso “miele rosato” dai molteplici impieghi culinari e medicinali (azione antisettica contro gengiviti, stomatiti, ferite e piaghe). Anche vari tipi di aceto, vini, liquori e dolci possono essere resi particolarmente gustosi aggiungendo petali o estratto di Rosa.
Dai semi di alcune specie (in particolare Rosa moschata Hermann) si ricava un olio impiegato in cosmetica, come tonico e rigenerante della pelle e in ambito alimentare, come fonte di omega 3 (acido alfa-linoleico) e omega 6 (acido linoleico): acidi grassi di natura polinsatura particolarmente utili per contrastare lo sviluppo di alcune malattie degenerative. L'essenza di questo fiore è anche impiegata come base aromatica nelle preparazioni cosmetiche e nelle profumazioni.
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