Il valore dell'abito è posa sociale: atteggiamento che realizza lo scarto del desiderio rispetto alla pura fruizione fisica.
Ha il valore sociale di ciò che rappresenta (abito) e quello del suo progetto: esecuzione, materiale, producibilità in scala, mondo a cui si rivolge e ruolo.
Questo lascia lo spazio ad una terza dimensione che chiameremo “interiorizzazione dell'abito”.
L'interiorizzazione dell'abito non consiste nell'espressione di chi lo porta ma come e perché arriva ad essere portato.
Non cosa dice di chi... ma come arriva a sostituirsi ai bisogni, come ci parla.
Roland Barthes, in un'intervista per l'uscita del suo libro Il sistema della Moda, negli anni '50 del secolo scorso, si esprime dicendo che c'è un vestito parlato e uno parlante, tendenzialmente sovrapposti e mescolati tra loro.
Il valore è il prezzo di questa riflessione vestimentaria che parte dal dato noto che l'abito non fa il monaco, ma ne è un simbolo, ha un valore narrativo, manifesto, un dietro le quinte atto a giustificarlo, ma anche un potenziale di riproducibilità mediata dalla funzione, dall'immagine e dal desiderio.
Per abito s'intende il ponte di raccordo tra corpo, io e socialità.
La forma archetipica di una membrana che cerca di essere il più possibile perfetta rispetto al contenuto da veicolare e proteggere: il corpo.
Il concetto di perfezione al corpo è il peso della sostanza di quanto si deve mettere a disposizione nel ricevere una forma e l'operare costante e determinato per la verità che essa rappresenta ed esprime nel suo completarci.
Costanza e determinazione sono sodali nell'operato di chi affronta il corpo come linea d'orizzonte, punto d'arrivo e piano cartesiano dell'evoluzione dei costumi.
Il corpo è quell'interno che è spazio escludente a seconda delle consuetudini e regole sociali, ma è anche esclusivo a seconda di chi lo vive.
L'abito è del corpo la scena e la sua traiettoria storica e sociale, ma anche gerarchia di valore dell'uomo in relazione al mondo e a se stesso: stato relazionale.
Vi si accede attraverso la testa e mai attraverso il corpo medesimo.
Questa è la licenza che parla di un corpo interiore che interiorizza l'abito nel valore.
Il valore è riferibile al significato che l'abito possiede per chi ne fruisce e al suo significante tecnico ed estetico.
Il valore è il racconto che di esso si fa.
Questa formulazione, se rapportata al prezioso soggetto attorno al quale gran parte del tutto ruota, il corpo, definisce lo stato di coscienza di chi all'abito si rivolge, in termini ideativi e produttivi e in termini di pura scelta e fruizione d'uso.
Oggi si assiste al fenomeno diffuso dell'appropriazione indebita di formulazioni lessicali nate da stati di coscienza progettuale e produttiva altra da quella a cui si applicano.
Nate dalla necessità di un'oggettivazione definitoria di tali processi, queste formulazioni sono atte a rendere comunicabile e spendibile tale criterio: massima prestazione del pensiero dell'uomo per se medesimo, dichiarante l'avvenuta interiorizzazione dell'abito nello stesso principio produttivo: specularità qualitativa tra ciò che veste e ciò che è vestito.
Così si esprime una storia e la sua certificazione in formule che solo attraverso il valore interiore del prodotto, rispetto a chi è rivolto e alla specifica identificazione di tali caratteri, possono giungere ad adeguato sodalizio comunicativo di valore.
La non conformità di contenuto, a quanto la parola esprime, è comunque e sempre da notare come distante dal valore interiore dell'uomo.
L'interiorizzazione dell'abito si manifesta se contenente e contenuto vivono di limpida comunicazione d'opera.
Può esistere qualità comunicativa prescindendo dai suoi contenuti reali?
Fare è dell'uomo e fare è per l'uomo.
Non tutto è esperienza applicabile ad un concetto di diretta e continuata emanazione dell'uomo per l'uomo.
Nelle nozze della mente col corpo il progetto che manca di questa linearità non si posiziona in essa attraverso un'etichetta.
La capacità definitoria è possibilità concreta di rendere fruibili le cose nella loro natura: conoscenza e opportunità comunicativa che nomina il rispetto come mezzo di rapporto elettivo della vita sociale.
L'abito è il luogo più vicino a noi e quello oggi più confuso nella sua volontà espressiva.
Interiorizzandolo ne comprenderemo la traccia.