Luca mi passa a prendere alle diciannove e ventinove, in anticipo di un minuto, cosa che gli fa subito perdere dieci punti. Poco male. Se Luca fosse arrivato in anticipo di cinque minuti avrebbe perso quaranta punti, se in ritardo di venti secondi, invece, di punti ne avrebbe persi ottanta. Luca però è in anticipo di un solo minuto cosa che come ho già detto gli fa perdere solo dieci punti, e allora… Poco male.
Luca citofona e io scendo in cinque minuti – abito al quarto piano, devo prendere l’ascensore. quando le automatiche si aprono, Luca è lì ad attendermi con un fiorellino – una margherita. Questo gli fa guadagnare trenta punti. se mi avesse aspettato fuori, sarebbe andato bene ugualmente; se non mi avesse portato regali, avrebbe perso solo cinque punti – a me dei fiori e dei regalini al primo appuntamento non interessa molto; se mi avesse portato qualcosa di più di una margherita, avrebbe perso venti punti. Ho conosciuti un po’ troppi uomini che portano cose al primo appuntamento…! Un mazzo di fiori, cioccolatini, una bottiglia di vino, uno una volta un rossetto – viola, mio dio! – e quello (il nome l’ho rimosso) pretendeva pure che lo mettessi subito!
Luca mi porge il fiorellino, sorrido, io prendo, lui cerca di darmi un bacio sulle labbra, io schivo, lui arriva a una guancia: venti punti meno. poi scambiamo qualche battuta nel seminterrato a un passo dal portone. Le battute iniziali a un primo appuntamento non le classifico nemmeno (non sono mica una strega!): c’è troppa tensione, troppo imbarazzo; però mi danno l’occasione per osservare l’abbigliamento. Luca indossa un paio di scarpe di cuoio nero, liscio, lucidato, con la punta arrotondata, minimo centocinquanta euro. Indossa un paio di pantaloni blu, di lana, che fanno pensare a una giacca dello stesso colore sotto il soprabito. Il soprabito è un cappotto scuro, elegante, con il bavero tirato su, abbottonato tutto a parte l’ultimo bottone, così si può vedere il colletto della camicia bianco, pulito, e il nodo della cravatta di spugna, blu pure quella.
Abbigliamento: venti punti. Avrei anche dato trenta punti se non fosse stato tutto così tinta unita. Quanto al viso mi sembra a posto: niente barba fatta male o tagli col rasoio o pelle troppo lucente, che denota trattamenti a base di creme. Per me l’abbigliamento di una persona è un aspetto importante perché dall’abbigliamento dipende in buona misura il suo modo di muoversi; e il modo come una persona si muove è importante perché caratterizza le sue azioni. Voglio dire: accompagnarmi allo sportello della macchina (la macchina di Luca è una Rover 620 verde scuro, carrozzeria appena sgrassata, interni puliti da poco, nessun odore di tabacco, nessun profumo di arbre-magic: totale quaranta punti), aprire lo sportello dalla mia parte, entrare dall’altra parte alla svelta, inserire la chiave, partire… sono tutte azioni che si compiono abitualmente a un primo appuntamento, ma sono i movimenti che accompagnano le azioni a caratterizzarle e a renderle diverse ogni volta – e a consentire di farmi un’idea precisa riguardo alla persona che sta per passare la serata con me.
Con Luca percorriamo dal portone alla sua macchina circa duecento metri. Lui mi cammina accanto, adeguando il suo passo al mio (porto i tacchi alti), mi parla senza muovere le mani, senza gesticolare, tenendo le mani, senza guanti, lungo i fianchi, non in tasca. Non mi ha preso sotto il braccio (dieci punti solo questo). Quando arriviamo alla macchina apre lo sportello, mi offre la mano per aiutarmi a salire – c’è lo scalino del marciapiede, oltre ai tacchi alti, indosso un tailleur –, quando vede che mi sono sistemata, chiude lo sportello, senza sbattere. Poi sale, si slaccia due bottoni del cappotto – intanto parla –, inserisce la chiave che ha già in mano, avvia l’auto. L’autoradio si accende, Luca tiene la musica bassa (cinque punti solo questo), ascolta musica cubana (per questo trenta punti meno).
C’è un altro aspetto importante dell’abbigliamento: che mi consente di stabilire il tipo di luogo dove trascorrerò la serata. Luca è vestito elegante, ha la cravatta. Questo significa che non mi porterà in una trattoria o in un disco pub, ma più probabilmente in un ristorante e poi a fare una passeggiata. Ho scritto “più probabilmente”, ma avrei dovuto scrivere “più appropriatamente”. Essere appropriati è importante. Se con questo abbigliamento Luca mi porterà in un centro sociale, a un concerto ska, il punteggio che attribuisco alla sua eleganza – un punteggio alto – subito diventerà basso.
Luca guida tenendosi tra gli ottanta e i cento all’ora, con disinvoltura, con prudenza: venti punti. Non fuma sigarette durante il viaggio, né più in generale fuma sigarette: venti punti. La sua pelle emana un profumo leggero, direi di limone: venti punti. Luca finora sta andando bene, ha già totalizzato centosettantacinque punti. Con altri uomini non è sempre così. Spesso dopo un quarto d’ora dall’inizio della serata desidero già che sia tutto finito. Ho trentaquattro anni, dopo Riccardo ho avuto diciotto serate come questa, e solo quattro sono state seguite da altre serate con la stessa persona. La maggior parte dei maschi che sceglievo per uscire mi hanno fatto cambiare idea nel corso della serata, o subito agli inizi, o più tardi, verso la fine, mentre perdevano tutti i punti a loro disposizione o comunque finivano molto al di sotto della soglia di accettabilità che ho stabilito. Ricordo ad esempio Fulvio, un bel ragazzo di vent’otto anni. Agli inizi di serata, avevo assegnato a Fulvio centosessanta punti, una cosa che non avevo né ho più fatto con nessun altro, sciupare tutti i suoi punti uno dietro l’altro, senza rimedio, senza nemmeno che potessi fare qualcosa per cercare di frenare questa incessante caduta a precipizio verso il basso. Al contrario ricordo Fabio: a lui avevo assegnato sessantanove punti, il che vuol dire addirittura al disotto della soglia di accettabilità – settanta –, (adesso non ricordo, ma probabilmente sono uscita con Fabio pensando di passare una serata all’insegna del motto “facciamoci del male”) recuperare alla grande nel corso della serata, totalizzando trecento punti e convincendomi a far seguire altre serate alla prima serata con lui. Con Fabio mi sono vista otto mesi, mi sono divertita, ed è un peccato esserci lasciati.
Assegno i punti prima della serata in base a come ho conosciuto la persona e in base al suo aspetto – o meglio all’impatto che il suo aspetto ha avuto su di me (ci possono essere bellissimi ragazzi che non hanno nessun impatto su di me, ad esempio). A Luca ho assegnato cento punti (che non sono pochi) perché Luca è un bel ragazzo, ha ventinove anni, è laureato in Giurisprudenza, si chiama Manelli – qui a Tortona la famiglia Manelli è quotata – e perché l’ho conosciuto un paio di settimane fa a una mostra di acquari organizzata dalla Giunta Comunale. Mi trovavo di fronte a un acquario zen, insieme a una mia amica – Eda –, quando Luca si è avvicinato, salutando la mia amica – Eda – e cominciando a parlare di acquari zen. Sembrava esperto, anche se io non so nulla di acquari zen, né ricordo qualcosa di quel che ha detto, né mi interessa ricordarmene. Tutto quello che ricordo è che mentre Luca parlava di acquari zen, sembrava un tipo raffinato, simpatico, carino e, in virtù delle sue conoscenze di acquari zen, un tipo fuori dalle righe: insomma un tipo da cento punti. Eda me l’ha anche consigliato – non che non lo conoscessi già di vista… - e io mi fido dei consigli di Eda: due dei quattro maschi che hanno avuto una storia con me dopo Riccardo me li ha consigliati Eda.
Luca mi porta in un ristorante. Ha prenotato il tavolo (cinque punti), conosce il cuoco (cinque punti), mangeremo a base d’aglio (dieci punti meno). scherza, è una battuta (cinque punti meno, meno i dieci punti meno di prima). Aiuta a togliermi la giacca del tailleur, la appende nel vestibolo del ristorante (il nome del ristorante è Le tre delizie) , che mi sembra più un nome da pasticceria, ma dove comunque nessuno mi ha portata prima), torna a sedersi dopo pochi momenti, mi sorride. Questo aiutare a togliermi la giacca del tailleur, appenderla nel vestibolo, tornare rapidamente, sorridermi, io lo chiamo gentilezza e alla gentilezza assegno sempre dieci punti, che non è molto perché guardo sempre con una certa cautela i maschi gentili. Giudicare l’interiorità di una persona dalla sua esteriorità – intendendo per //sua esteriorità// come una persona si veste, si muove e che cosa dice – è una cosa che non faccio più da molto (da quattro anni, da dopo Riccardo), perché esistono persone – posso dire bastardi? – che curano ogni dettaglio esteriore per nascondere qualunque dettaglio interiore, che la maggior parte delle volte non esiste nemmeno. Questi bastardi sono macchine meravigliose fino a quando non apri il cofano: che è sempre vuoto del vuoto più nero… oppure guasto.
Ordiniamo vino bianco prosecco, due primi, due secondi, un dolce lui – panna cotta (per questo dieci punti meno) – un frutto io – un’arancia –, infine un caffè tutti e due. La cena dura un’ora e mezza – venti punti per questo, perché non mi piace stare inchiodata a tavola tutta sera. Luca ha parlato del suo lavoro, cosa che mi interessava molto, ma credendo che il suo lavoro fosse una cosa che non mi interessasse, si è messo invece a parlare di come nel tempo libero produce grappa alla pera. Si è messo a dire che per inserire la pera nella bottiglia di vetro si può o acquistare una bottiglia di vetro divisa in due parti simmetriche che vanno incollate attorno alla pera oppure, come lui preferisce fare, rivolgersi a un vetraio – il suo vetraio di fiducia si chiama Urbano – e far soffiare attorno alla pera il vetro della bottiglia. Con questo discorso Luca ha perso cinquanta punti e ha perso altri trenta punti quando ha cominciato a parlare di come è in grado di distinguere un mobile falso da un mobile autentico, guardando quella patina che identifica l’invecchiamento del mobile, la firma che deve sempre trovarsi in un punto poco visibile e non deve essere incisa nel legno, il tarlo che scava la galleria e, quando il filone è esaurito, esce all’esterno con un foro perfettamente circolare, e la ferramenta, e l’impiallacciatura…
Dopo cena – intorno alle dieci –, Luca mi porta a passeggiare in un parco di Salice Terme, una località a venti minuti di macchina dal ristorante Le Tre Delizie. nessun maschio mi ha mai portata prima a passeggiare nel parco di Salice Terme, e io a Salice Terme assegno più di cento punti, perché è incantevole. Prendiamo un cono gelato con panna – Luca insiste, cinquanta punti meno –, poi, quando abbiamo finito i gelati – è Marzo, ma la serata non è così fredda, è adatta a un gelato – e abbiamo esaurito la conversazione, ci fermiamo su una delle panchine di legno ai lati del viale del parco e restiamo per un po’ in silenzio. Ci sediamo vicini, il suo ginocchio tocca il mio, avverto in lui un po’ di emozione. Luca è proprio un bel ragazzo. Porta gli occhiali – particolare decisivo per i suoi cento punti di inizio serata, perché a me gli occhiali piacciono – e ha il volto dai lineamenti efebici, con una riga di barbetta lungo le mascelle. credo che sia piuttosto imbranato a letto, una cosa che lo rende anche più tenero. Si comporta bene, è romantico, ha totalizzato finora centoquarantacinque punti, che non è molto per un primo appuntamento, però può ancora migliorare.
Non credo proprio che un tipo come Luca si renda conto che ogni azione e ogni gesto che compie e ogni parola che dice venga sottoposta da parte mia a una valutazione tanto rigorosa; ma, più in generale, sono convinta che nessun maschio, per quanto smaliziato e esperto, si renda conto di quanto le donne sottopongano a valutazione qualunque dettaglio li riguardi. Certo, mi rendo conto di apparire, ora, io, qui, una caso singolare, quel che si definisce un //estremo//. Dopo Riccardo, che mi ha lasciata quando avevo trent’anni, dopo che siamo usciti insieme nove anni, ormai sul punto di sposarci, ho imparato che il romanticismo non deve essere mai – e forse non è proprio mai – una questione di istinto e di cuore, ma sempre solo di aritmetica, e pesi, e misure. Stavo per sposare Riccardo perché pensavo che di Riccardo mi potessi fidare, in altre parole valutavo di non doverlo nemmeno sottoporre a una valutazione, quel che si è rivelato un errore grossolano appunto ancora soltanto di valutazione.
No, non credo proprio che Luca sospetti che, mentre allunga un braccio, circondandomi le spalle con delicatezza – cinque punti per la delicatezza –, mentre mi parla con dolcezza di quanto io gli piaccia – cinque punti per la dolcezza –, mentre avverto la sua timidezza, che è un misto tra la volontà di stringermi e la volontà di non apparire troppo precipitoso – dieci punti per la timidezza sotto questa forma –, mentre mi scosto un po’ e poi mi alzo, facendogli capire che non è ancora il caso, e lui reagisce facendo finta di nulla, alzandosi con calma – cinque punti per la calma –, lisciandosi il cappotto, offrendomi il braccio, riprendendo a conversare come se nulla fosse, reagendo in un modo che gli fa recuperare da solo trenta punti, perché giudico pazienza e auto-controllo fondamentali, Luca non sospetta nemmeno, dicevo, che io, che sembro una persona silenziosa e portata all’ascolto, lo esamini di continuo, clinicamente, e che associ ogni sua azione e ogni suo movimento a un numero, e che il sentimento che nutro per lui non sia retto da altro che da una somma di numeri, e che quanto è più alta la somma tanto è più solido il sentimento, che si rafforza sempre attraverso azioni che diano sicurezza e che siano appropriate e che sembrino il risultato di precise geometrie di pensiero.
Luca non sa che dietro al sì di una donna sta tutto un lavoro di calcolo e di aritmetica e che quando una donna dice //ti amo//, dietro a quel //ti amo// pronuncia un punteggio, come, poniamo, //1000 punti// o //1.000.000 di punti//, e che, non solo, ma dietro ogni sua idea c’è un numero, un punteggio, una misurazione. Luca non sa queste cose e non lo sa che a serata finita, ora che mi ha riaccompagnato a casa e ha ancora perso settanta punti – venti per aver alzato la musica cubana nella sua macchina, cinquanta per non essere riuscito a trovare un posteggio vicino a casa mia, costringendomi a percorrere duecento metri con i tacchi alti – e mi chiede se mi può richiamare domani e se possiamo uscire ancora – e questo fa cento punti meno –, io dovrei dirgli che ha totalizzato ottanta punti e che ottanta punti è poco e che se dico sì con ottanta punti al primo appuntamento, so già come andrà a finire.
Ma Luca davanti al portone di casa mi guarda con gli occhi a mandorla tagliati all’ingiù dietro le lenti sottili ovali della montatura e con il cappotto elegante e con l’aria un po’ trascurata, e a vederlo mi appare così indifeso, è così indifeso che di colpo tutti i numeri che ho in testa e tutte le valutazioni che ho fatto su di lui nel corso della serata svaniscono. Guardo un momento la margherita che ho in mano, mi dico non mi importa, a lui dico va bene, vediamoci.
Testo tratto dal romanzo La mania per l’alfabeto, Sironi Editore.