Con una popolazione mondiale che invecchia sempre più, complici i progressi della medicina e i moderni sistemi di welfare, le percentuali di prevalenza del morbo di Alzheimer continuano ad aumentare con il passare degli anni. Attualmente questa patologia costituisce la settima causa di morte per gli abitanti dei paesi occidentali e, se manterrà gli attuali tassi di crescita, si calcola che entro il 2050 la sua prevalenza sarà quadruplicata.
L’Alzheimer rappresenta il quadro più diffuso di demenza e si caratterizza per una perdita progressiva e inesorabile delle funzioni cognitive (memoria, attenzione, apprendimento, concentrazione, orientamento, capacità di lettura, di scrittura e di calcolo, movimento volontario e controllo del comportamento) da parte degli individui che ne sono affetti. Al momento attuale non esistono terapie in grado di fermare - o invertire - il corso della malattia che di solito porta a morte il paziente in un periodo variabile che va dai tre ai vent’anni dalla diagnosi.
Se pensiamo che soltanto cinquant’anni fa l’Alzheimer era considerato una malattia rara, mentre oggi circa il 50% delle persone con più di 85 anni ne è affetto, questo significa che anche l’Alzheimer è stato promosso al rango di “malattia del progresso”. Come si spiega questo vertiginoso aumento di incidenza? Semplicissimo: oggi sappiamo che lo sviluppo dell’Alzheimer è legato a filo doppio alle due patologie più diffuse del secolo: obesità e diabete di tipo 2. Numerosi studi epidemiologici hanno dimostrato che il fatto di essere sovrappeso e insulino-resistenti a un'età di 40-50 anni aumenta di molto il rischio di soffrire di Alzheimer in vecchiaia. Questo significa che l’Alzheimer è una patologia dalla forte determinante metabolica.
Ma questa è anche una buona notizia. Perché le malattie metaboliche possono essere prevenute con semplici modifiche dello stile di vita. Se pensiamo che tutto ciò che ci permette di prevenire diabete e obesità è anche in grado di aiutarci a prevenire l’Alzheimer, allora non tutto è perduto. E di fatto i più accreditati protocolli per la prevenzione della malattia prevedono innanzitutto una serie di precise prescrizioni nutrizionali.
Tagliare zucchero, dolci e grassi vegetali idrogenati (o parzialmente idrogenati) e aggiungere alla dieta folati, acidi grassi Omega-3, curcuma, chiodi di garofano, cannella e zenzero, mangiare tante verdure e frutti colorati di provenienza biologica sono considerati i cardini di questa strategia preventiva. Alle modifiche della dieta si consiglia di aggiungere più movimento e tutte quelle attività che costituiscono ginnastiche per il cervello (imparare concetti nuovi, studiare nuove lingue, giocare a scacchi, dama e Sudoku, imparare nuovi sport, imparare a suonare uno strumento, ecc.). Le persone che maggiormente dovrebbero mettere in atto questi cambiamenti sono coloro che presentano una familiarità per la malattia, tutti coloro che sono obesi o che sono affetti da disturbi del metabolismo (diabete, sindrome metabolica, iperlipemie, ecc.) e più in generale le donne (la malattia è infatti molto più frequente nel sesso femminile).
E’ uscito recentemente - anche in Italia - un libro che spiega cosa cucinare per prevenire la malattia a tavola proponendo una serie di ricette di facile esecuzione che, oltre a soddisfare il palato e garantire la salute del cervello, permettono anche di ridurre il girovita e l’incidenza di obesità e diabete. Gli autori, un neurologo (Marwan Sabbagh) e uno chef (Beau MacMillan) meritano davvero un encomio perché per una volta sono riusciti a portare in cucina un po' di salutare prevenzione.
Se almeno una delle molte trasmissioni televisive che ci somministrano ricette a tutte le ore del giorno si convertisse a un approccio del genere credo che i parenti dei malati gliene sarebbero davvero grati. Duole invece constatare che la maggior parte di queste trasmissioni altro non fa se non divulgare stili culinari che sono all’esatto opposto di ciò che può essere definita una cucina salutare. E questo è un vero peccato, ma ci spiega come mai anche quest’anno (almeno stando ai dati divulgati dall’OsservaSalute 2013) gli italiani si sono scoperti più grassi e malati di sempre.
Per maggiori informazioni:
M. Sabbagh, B. McMillan, La dieta Anti-Alzheimer, Edizioni Plan