Le opere di Bradford non nascono da un’idea precostituita bensì da un immaginario ispirato alla pittura. Poche pennellate, tracciate all’interno di liquidi campi di colore, diventano arti, busti e volti di personaggi androgini. I loro corpi, realizzati con una palette radiosa e luminosa, indifferente ai limiti naturalistici, sono definiti dal colore, che svolge un’azione livellante e sfugge a etichette come quelle di genere ed etnia. Anziché rappresentare la fisicità soggettiva di persone vere e proprie, le figure hanno la possibilità di astrarsi, mentre l’audace spettro cromatico porta armonia nel rapporto pittorico e letterale che le lega. Questo aspetto risulta evidente anche nei dipinti con più soggetti correlati tra loro, le cui pose intricate mantengono un’umanità fisica ed emotiva grazie alle aure luminose che ne circondano la silhouette. In questi insiemi di blocchi orizzontali e verticali, le posture spigolose e a tratti goffe dei corpi costituiscono una sorta di impalcatura visivo-metaforica. Trasmettono l’idea di unità e di sostegno reciproco, definendo il singolo soggetto come un elemento di un gruppo sociale che si prende cura dei propri membri. In queste opere trapela l’esperienza personale di Bradford, mettendo in luce il suo impegno decennale nelle comunità di artisti a New York e nel Maine, e rivelano la sua convinzione per cui tutti gli esseri umani sono interconnessi.
Tre grandi dipinti esposti in occasione di questa mostra approfondiscono il tema dell’interazione fra persone e acqua, uno dei leitmotiv della pratica di Bradford. Le distese acquatiche blu scuro non presentano campiture che potrebbero rimandare a rive, orizzonti e cieli, mentre i corpi - distinti appena dalle leggere variazioni cromatiche della carnagione - sembrano fondersi con l’acqua che li circonda. Dissolvendo le forme figurative nella pittura liquida da cui sono composte, l’artista si avvicina ulteriormente a uno dei temi fenomenologici che più la appassionano, e che ha descritto come l’aspirazione a “inglobare il corpo umano nella pittura, e quindi nell’acqua”. Questi lavori eludono l’espressione pittorico-narrativa per concentrarsi sulla fluidità della poesia, e la fusione fra medium e soggetto – fra significante e significato – consente un’interpretazione ancora più universalistica della visione che Bradford ha del genere umano.
Katherine Bradford (New York, 1942) vive e lavora a New York. Le sue opere sono state esposte a livello internazionale, tra gli altri: Kunsthalle Emden, Emden (2024) Halle fur Kunst, Graz (2024); Frye Art Museum, Seattle (2023); Portland Museum of Art, Portland (2022); Hall Art Foundation, Reading (2021); Carpenter Center for Visual Art, Cambridge (2021); Tang Teaching Museum, Skidmore College, New York (2020); Crystal Bridges Museum of American Art, Bentonville (2019); The Brooklyn Museum, New York; Ogden Museum of Southern Art, New Orleans (2017-18); Modern Art Museum of Fort Worth, Fort Worth (2017); MoMa PS1, New York (2007). Le sue opere sono incluse in numerose collezioni, tra cui Musée d’Art Moderne, Paris; the Metropolitan Museum of Art, New York; The Brooklyn Museum, New York; Dallas Museum of Art, Dallas; the Menil Collection, Houston; Institute of Contemporary Art, Boston; and the Portland Museum of Art, Portland.