In questi giorni sto rivedendo alcuni miei appunti assai temerari su Husserl (nei quali si azzarda un'assimilazione Husserl-Hegel), e ovviamente ho incrociato sul cammino Martin Heidegger. Mentre rivisitavo il concetto heideggeriano di "destinalità", mi è venuto fatto di domandarmi: ma perché poi Heidegger si staccò realmente da Husserl? Husserl da ebreo si era convertito al Cristianesimo - evento a parer mio importantissimo. Heidegger invece aveva radici luterane. I discorsi di Heidegger sul "destino" sono assimilabili, certo andandoci cauti e prendendola con calma, all'eresia luterana della "grazia" e della "predestinazione". Peraltro, Heidegger si occupò di San Paolo: il Santo, come si usa dire, dei disobbedienti. Dunque, perché Heidegger deviò da Husserl? Heidegger deviò da Husserl a causa delle diverse radici teologico-religiose. Teologia. La divisione tra Husserl e Heidegger, anche se non sembra, è dovuta a faccende teologico-religiose.,

A timido supporto dell'ardita tesi, qui stringatamente introdotta, ho trovato il saggio "L'inquietudine dell'esistenza" di Valentina Surace, con una magnifica bandella.

Eccola:

Nei corsi friburghesi degli anni Venti la lettura heideggeriana non solo degli autori cristiani (Paolo e Agostino), ma anche del “pagano” Aristotele, subisce la decisiva influenza – spesso ignorata o misconosciuta – del giovane Lutero, colui che mette in atto una destructio radicale del “vecchio Adamo”, l’uomo del peccato, in vista della sua rinascita, nonché della theologia gloriae, la teologia scolastica, in vista di una theologia crucis, l’esperienza storica di un Dio che si fa uomo e muore crocifisso. In modo analogo Heidegger decostruisce la filosofia speculativa della vita ed elabora una comprensione della vita fattizia, storico-concreta, realizzabile solo attraverso la metánoia dell’esistenza. Nel solco dell’interpretazione luterana, Heidegger ricava dalle Lettere paoline, dalle Confessioni agostiniane e dagli scritti aristotelici le categorie proto-cristiane e proto-fenomenologiche, che indicano formalmente come la vita si attua, lacerata tra possibilità opposte – di cui quella più propria, da assumere o fuggire, è la morte –, che la rendono massimamente in-quieta. Tali categorie rappresentano il laboratorio da cui sorgerà l’analitica esistenziale di Essere e tempo, l’analitica di un Dasein finito, gettato-nel-mondo, che non è una “sostanza” fissa e immobile, ma, in quanto apertura al possibile, un a-venire.

L'idealismo filosofico tedesco possiamo intenderlo come teoresi della tradizione giudaico-cristiana. Schelling elabora una Fenomenologia del Figlio, Hegel dello Spirito.

Poi, Schopenhauer elabora il suo pensiero a partire dalla Sacra Trimurti Induista - concezione "trinitaria" assimilabile a quella giudaico-cristiana. Nietzsche, sulle orme di Schopenhauer, apre ulteriormente al mazdeismo - "Also Sprach Zarathustra". Perciò, potremmo dire schematizzando, si passa da una teoresi della tradizione giudaico-cristiana a una riformulazione (perché Nietzsche, sulle orme di Schopenhauer, è a-sistematico: non è certo paragonabile a Fichte, Schelling ed Hegel - del resto, convinti assertori di Kant) della tradizione giudaico... persiana. Si ha, insomma, una "orientalizzazione" delle matrici originarie del pensiero filosofico tedesco, anche se "orientalizzazione" solo apparente dato che le tradizioni religiose, in linea con quanto teorizzato nel Rinascimento da Marsilio Ficino, e giunta, tale teorizzazione, a Schelling, Schopenhauer e Nietzsche attraverso Giordano Bruno, sono, in linea generale, sovrapponibili. Ricordo un serrato quanto curioso dibattito tra Umberto Galimberti e altri relatori circa la necessità di porre o non porre il trattino (-) nell'espressione "giudaico cristiano". Lì per lì, mi parve singolare ci si potesse accapigliare tanto per un trattino.

Adesso dico che i trattini da porre sono addirittura due: giudaico-platonico-cristiano. E addirittura tre aggiungendo una parola: giudaico-persiano-platonico-cristiano. Giudaismo, platonismo e cristianesimo, possiamo concludere, hanno radici perse.

Ma, aggiungiamo, le differenze sussistono e sono fondamentali.

La Scienza del Bene di Platone ripensa radicalmente il dualismo iranico: il Demiurgo di cui narra Timeo nell'omonimo dialogo platonico, non dimentichiamolo, opera per il Bene della Chora. Nello gnosticismo, derivante dal "vero" dualismo iranico, il Demiurgo è invece malvagio.

Un elemento di continuità tra Schopenhauer e Kant, e quindi in un certo senso tra Schopenhauer e l'idealismo romantico, è l'apertura da parte di Schopenhauer all'arte come mezzo euristico-ascensivo. Kant ha scritto la "Critica del giudizio" attinente al "bello". Dunque, Schopenhauer, in fondo, in questo aspetto, ma non solo, riprende Kant. Fichte, Schelling ed Hegel si concentrano più sulla teologia. Schopenhauer sull'arte. Per prendere la parola dopo il giganteggiamento hegeliano (di cui Schopenhauer è contemporaneo), Schopenhauer attua, in prima istanza, uno dei principi da lui stesso enunciati nel suo “L'Arte di avere ragione”: se in una discussione l'avversario ti mette alle strette, non ti rimane che screditarlo e insultarlo a bella posta. Schopenhauer e Kierkegaard (questi con più riguardo) fanno esattamente questo: accusano Hegel di cialtroneria, e ripartono.

Interessante anche questo: Kierkegaard e Nietzsche, immediatamente successivi a Schopenhauer, passano, per così dire, alle vie di fatto. Kierkegaard facendosi autore del romanzo filosofico "Diario di un seduttore"; Nietzsche con il romanzo filosofico "Così parlò Zarathustra" personaggio che condensa in sé alquanto esotericamente Zarathustra-Dioniso-Zagreo-Gesù. Del resto, Voltaire, in età illuminista, è già autore di un conte philosophique. E del resto, gli antichi pre-filosofi, come Parmenide, non disdegnavano certo l'arte come veicolo formale della loro filosofia - o pre-filosofia. Persino Platone cominciò componendo tragedie - e infatti il mito della caverna, in fondo, ha i connotati dell'incubo.

Fichte intendeva unificare la “Critica della Ragion Pura”, “La Critica della Ragione Pratica” e “La Critica del Giudizio” di Kant in un'unica dottrina [Cortella]. Del resto, mi è sempre parso utile rappresentarmi Kant come un incrocio tra Davide Hume e Newton: ubicazione dell'intuizione sensibile (Hume) negli apriori dello spazio e del tempo (Newton) attivando così le categorie. Certo, Kant pare teorizzare assai prima di Nietzsche un superuomo: un Robocop, un Terminator, un Ivan Drago. Quando mai un umano ubica l'intuizione sensibile nello spazio-tempo attivando le categorie in modo così fluido e automatico?! Hegel si propone, almeno inizialmente, di riportare Kant all'idealismo oggettivo (del quale farà parte Rudolph Steiner): incrociare Kant a Platone, potremmo dire pasticciando, l'Idea e la Categoria. Incroci. Non propriamente sintesi. Non ancora. Ma poi, Hegel concepisce la logica dialettica e... le triadi.

La logica dialettica sembra un'antinomia. Come fa infatti ad esserci "concatenazione" logica (come ad esempio in un sistema assiomatico-deduttivo) nella "contrapposizione" dialettica?

È possibile solo immaginando come anelli della con-catena-zione le cosiddette "sintesi" delle triadi pseudohegeliane. Le "sintesi" di concetti contrapposti sono i portachiavi dei due concetti contrapposti. La catena è formata da portachiavi e da ciascun portachiavi penzolano le "due chiavi". Le due chiavi rimangono a penzolare sbattacchiandosi addosso, ma sono unite dal portachiavi. Perciò di "concatenazione logica" si può parlare solo se di tale "concatenazione" si considerano le "sintesi", i "portachiavi".

Metafora kitsch, ma mi aiuta. (Offro un'altra immagine più efficace alla fine del post, nda).

La tesi e l'antitesi non danno luogo ad "altro". Piuttosto tesi e antitesi sono forze contrapposte interne a un'unità (Gadamer). La "sintesi" non elimina le contrapposizioni, ma le rivela come parti di un'unità (mio tentativo di comprensione). Esempio classico di triade hegeliana: l'Essere e il Non-Essere esistono nel Divenire. Non si trasformano nel Divenire. Sussistono nel Divenire. Così come Famiglia e Società non si trasformano nello Stato. Sussistono in una relazione chiaramente dialettica nello Stato - che li ricomprende entrambi così come sono. E d'altra parte, la sintesi provvede a colmare i non sequitur dialettici. I dislivelli dialettici tra Essere e Non-Essere sono armonizzati dal Divenire. Lo Stato provvede a normare i dislivelli tra Famiglia e Società Civile. In una classica disputa giuridica (da cui deriva la primeva forma di "dialettica") la contesa si risolve quando il giudice descrive ciò che le parti contrapposte "hanno fatto". Solo così posso cercare di spiegarmi la logica hegeliana.

Diritto e Morale sono concetti contrapposti interni all'Eticità. Comprare e vendere sono concetti contrapposti ma unendosi la compravendita diventa sinonimo di commercio.

Ogni sintesi è tesi di una nuova triade. Così, davvero si ha "concatenazione". Immagine più efficace della "catena" (come anticipato, nda) è il "tessuto". Ogni maglia del tessuto è concatenata all'altra: un tessuto a maglie triangolari. Perciò, sì il movimento relazionale (ogni cosa per Hegel, si eleva a puro concetto, liberandosi dalla sua sostanza, dalla sua cosalità, e dunque diventa razionale e reale, quando si pensa come relazione, come ente singolare plurale, parafrasando Jean-Luc Nancy), sì il divenire del reale che non è oggetto ma soggetto in perenne trasformazione, ma anche innumere concatenazione a formare il tessuto dell'Idea, dello Spirito, dell'Assoluto. Questa compresenza di concatenazione e flusso diveniente, trasformativo: questo "in sé" contrapposto e saldato a questo "per sé" dà la logica dialettica "in sé e per sé".

Finale assolutamente barbaro dell'appunto (già assai barbarello, eh?!): Hegel alza una bufera di polvere, intorno alla sua idea di triade: la pone al centro di un sistema di pensiero tra i più complicati mai esistiti, e ciò per nascondere il fatto puro e semplice che la triade hegeliana è un'idea dotata di straordinaria carineria, la quale ispira più istintiva simpatia che senso di importanza... Potrebbe essere il know-how di un gioco in scatola: le "Triadi Hegeliane" prodotto dalla "Clem-Clem" Clementoni.

Il controverso teologo Hans Küng introduce il concetto di "paradigma" anche per le scienze teologiche. Hans Küng è il Thomas Kuhn della Teologia: nomen omen. Ne elabora 7: e un paradigma riguarda, ad esempio, la riforma di Gregorio VII nell'Alto Medioevo, che sulla base della riforma cluniacense, grazie all'opera di Umberto di Silva Candida, di Umberto da Lucca e dello stesso Gregorio VII, introdusse, inverandosi nella riforma gregoriana, oltre alla struttura monarchico-verticistica e altro anche il celibato; e un altro paradigma è costituito, ad esempio, dalla Riforma Luterana, in età moderna, nel '500.

Dunque, per Hans Kung Martin Lutero è un paradigma: un fenomeno storico, potremmo braudelianamente dire, di "lunga durata".

Ora, bisognerà, a parer mio, avvalersi un poco anche del metodo genealogico (fornirsi di libri che presentino questo lavoro già svolto) per comprendere sul serio la figura di Lutero. In altre parole, cosa diciamo esattamente quando diciamo Lutero? Lutero ha avuto un impatto, ha appunto funto da paradigma come Gesù Cristo Nostro Signore nato da Maria Vergine oppure ha espresso il reale germanesimo a Lutero preesistente e di cui Lutero è stato catalizzatore?

Fatto è che questo paradigma luterano inerente le scienze teologiche è paradigma anche della produzione filosofica germanica, anche ammettendo, come presupposto, un sostrato identitario tra Filosofia e Teologia. La radice Luterana è alla base non solo di Heidegger, ma di Kant, di Hegel, è evidente in Schelling, è evidente in Nietzsche. Le elaborazioni teoretiche degli idealisti ottocenteschi germanici avvengono su basi luterane: cioè su una teologia deviata, una teologia cristiano-eretica. La teosofia schellingiana afferma il primato del Figlio. Hegel dello Spirito. Nietzsche dell'Uomo: nel senso che Nietzsche parla di superuomo e non di superdio o di superstato: super sì, ma pur sempre uomo. È possibile, pertanto, parlare di una Filosofia Eretica? Da un punto di vista contenutistico sì, se si basa su eresie. Può esserci verità dall'eresia? Può esserci sistema assiomatico-deduttivo (o ipotetico-abduttivo, se si preferisce) fondato su un prius eretico?

Peraltro, nella Scienza con la S Maiuscola, paradigmi scientifici errati ne esistono: il sistema aristotelico-tolemaico, il modello dell'atomo di Bohr e così via... Dunque, che un paradigma basato su presupposti errati abbia avuto effetti sulle scienze teologiche, e in particolare su quel particolare tipo di teologia nota come filosofia, è fatto assolutamente accettabile.

Ma non intendo l'eresia contro il pensiero dominante (l'"eppur si move" galileiano). Intendo chi si muove all'interno del pensiero cristiano. In altre parole, mi domando se i filosofi tedeschi avessero realmente compreso i dogmi di Trinità e Resurrezione - comprenndone anche la necessità. Evidentemente no, se elaborano filosofie "eretiche" su basi, a mio dire, luterane. Tra l'altro, una Filosofia teoretica basata sulla preminenza della figura di Maria esiste?

Concludo questo breve appunto ribadendo l'importanza di una seria riflessione su Lutero. Stiamo ancora a domandarci di Gesù Cristo, quando il suo messaggio è chiaro; e ignoriamo in gran parte la figura di Lutero, che ha dalla sua, al posto dei Vangeli, la produzione filosofica tedesca più importante. Lutero si è radicato nella cultura germanico-americana, e dobbiamo chiederci perché.

Il luteranesimo ebbe successo perché consentiva il progresso. Il calvinismo fu l'eresia dell'eresia: la grazia si manifesta se gli affari ti vanno bene. Il problema è che se si pone l'uomo al centro ci si dimentica del primo comandamento "Non avrai altro Dio al di fuori di Me", che, leggiamo nel Vangelo di Marco, è secondo Gesù Cristo il più importante comandamento. Dunque, il luteranesimo è alla base dello sviluppo delle "magnifiche sorti e progressive" e del modello occidentale così come lo conosciamo oggi. Non Cristo. Lutero. Poche centinaia di anni dopo Nietzsche teorizza il Superuomo appunto cadendo nell'idolatria di se stessi. E Heidegger cosa fa? Se la prende con quel diavolo di sviluppo tecnico che sta sempre di più inaridendo il cuore dell'uomo. Cioè, da buon gatto che si morde la coda, se la prende col Progresso. Appunto. Date le premesse, ecco gli scontati esiti.

La questione è importante. Ripeto: la questione è importante. Gli scontri di civiltà tra Occidente e tutto ciò che Occidente non è, non sono esattamente uno scontro tra radici giudaico-cristiane e tutto ciò che da tali radici sia diverso; ma, ma!: tra radici cristiano-luterane e il resto del mondo. I punti critici occidentali (i pluralismi confessionali, lo smodato sviluppo tecnico... chi è il faro dell'Europa... ma la Germania, ovviamente!) se andiamo a vedere poggiano non sulla Parola di Cristo, ma sulla Pratica di Lutero (tra l'altro la parola "Lutero" non somiglia alla parola "Lucifero"?) , quel gesto originario, per noi oggi tanto semplice e innocuo, di aprire un libro e andare a vedere in prima persona che c'è scritto. (Non capendoci peraltro assolutamente un'acca). Un Libro Sacro è un libro come un altro. Sacrosante parole, teoricamente, ma così facendo Lutero ha distorto tutto. Tutta quanta la storia dell'Occidente.

È importante capire che qui non si parla di "tradizione". La tradizione è un concetto troppo simile al passaparola: qui si parla di spirito. Qualcosa di non realmente definibile. Di un something in the air. Lo spirito di una nazione. Lo spirito di una moltitudine di individui. Individui, sì. Monadi. Che in quanto tali si comporterebbero in un certo modo indipendentemente dai contesti storico-culturali. Leibniz era pur sempre un matematico. 2+2 fa 4, e i relativisti culturali possono trasferirsi nell'aula di etologia, grazie. Spirito. Non ciò che si conserva a dispetto di ogni variabile trasformativa: ma ciò che è. Rimane e permane a dispetto di ogni variabile. Ecco qual era il tentativo di Hegel e di trasformare tutto secondo logica. C'è qualcosa di terrorizzante nell'atto di conservare: perché l'atto del conservare è arbitrario. Non è detto si conservi ciò che serve. E allora: essenza, logica, idealismo, disperato tentativo di scollegamento dal terrorizzante atto conservativo. Si conserva ex post. Si è ex ante.

La filosofia tedesca è un gigantesco, hegeliano cammino verso la presa di coscienza di un unico e semplice fatto: di essere in errore e di essere partita da premesse non veritative (l'uomo può fare, l'uomo può prendere l'iniziativa, l'uomo è il fondamento).

Domandiamoci: come mai in Italia la filosofia non ha conosciuto lo sviluppo di Germania, Francia, Inghilterra? Perché noi avevamo Sacra Romana Chiesa. I Francesi sempre stati ereticucci... Gli Inglesi insofferenti. I Tedeschi barbari totali. Eretici, appunto. Eretici. E gli americani dietro come tanti pecoroni - ma in modo più allegro e spensierato, e un po' scemo, senza la cattiveria europea.

Husserl era un filosofo. Questo filosofo si convertì da ebreo al Cristianesimo. Lo fece come vano tentativo di sfuggire alle persecuzioni naziste? Lo fece, Husserl, perché pensò: "Ecco, la storia si ripete. I cristiani sono tornati a colpire". Se è così (e non è così perché Husserl era un filosofo e non faceva cose a cuor leggero) allora Husserl avrebbe dovuto convertirsi non al Cristianesimo bensì al luteranesimo - cosa che non avrebbe parimente funzionato. Alcuni ebrei nel panico totale pensarono che il nazismo fosse una questione cristiana e invece era una distorsione tutta di radici eretiche.

Mi chiedo poi come si possa fondare una pratica religiosa da due versi mal interpretati della Bibbia. Anche Yogananda l'ha fatto. Anche gli Ufologi lo fanno. Ecco l'"esegesi" di Lutero. Ecco in campo prettamente spirituale-religioso a cosa ha dato vita Lutero: all'Ufologia o al melting pot confessionale american style. Bella roba!

E oggi siamo al culmine di un processo dalle premesse idiote.

Quando invece, e lo sappiamo, nel Vangelo tutto è finalizzato allo sviluppo umano. Tutto quanto. Nel cattolicesimo si ricomprendono anche posizioni al limite dell'eresia. Cos'altro è San Francesco se non un Valdo che non mandò al diavolo la Chiesa, ma obbedì docilmente? E infatti oggi a Papa Ratzinger (amico di Hans Küng) chi è succeduto? Papa Francesco. Volete una Chiesa più agile, più "eretica"? Eccovi serviti. Prima un bel tedesco che respira l'aria eretica, lo spirito germanico dei Lutero, dei Goethe, dei Kant... E poi, un Papa di nome Francesco. Che è quasi un commento ironico al predecessore.

Quindi, solo una profonda auto-riflessione collettiva sulle nostre reali radici potrà rimetterci in carreggiata. Potrà perfino salvarlo, il mondo. Potrà perfino portarlo alla pace, il Mondo.