E’ nel centenario della morte del grande musicista Giacomo Puccini, (Lucca 1858 - Bruxelles 1924), che Venezia con la Fondazione Teatro La Fenice omaggerà il compositore di Lucca con un grande concerto in Piazza San Marco, dal titolo Omaggi a Puccini dal mondo.

Il direttore d’orchestra statunitense James Conlon (1950) alla testa di Orchestra e Coro del Teatro La Fenice, con Alfonso Caiani maestro del Coro, il soprano Selene Zanetti, il tenore Francesco Demuro e il pianista Alexander Malofeev saranno gli interpreti di un programma musicale composto da pagine di Wagner, Ravel, Gershwin, Verdi e dello stesso Puccini.

Questa grande ricorrenza del centesimo anniversario della morte di Giacomo Puccini rappresenta un’occasione per celebrare la vita e l’arte di uno dei più amati compositori della storia. Le sue opere, dalla straordinaria intensità emotiva, sono ancora oggi capaci di rapire lo spettatore grazie all’intelligenza delle armonie e alla bellezza delle melodie, e continuano a incantare intere generazioni di appassionati, con il pregio sempre più raro, tra l’altro, di mettere d’accordo neofiti e cultori della lirica.

Nel programma del concerto della Fenice in Piazza San Marco – già di per sé, per lo scenario che accoglierà l’evento, di forte intensità emotiva – molti saranno gli interpreti d’eccellenza, specialisti di questo repertorio, che ripercorreranno alcune delle pagine del suo catalogo, alternando brani pucciniani a pagine di altri autori, in qualche modo legati, per influenze e scambi, al compositore toscano.

Il programma musicale dell’evento inizierà e finirà con la musica e di Giacomo Puccini. In apertura il tenore Francesco Demuro eseguirà l’aria di Cavaradossi «E lucevan le stelle» da Tosca; il soprano Selene Zanetti l’aria di Cio-Cio-San «Un bel dì vedremo» da Madama Butterfly.

A seguire un brano strumentale, la Rhapsody in Blue di George Gershwin, che sarà proposta nel centenario della prima assoluta – fu eseguita per la prima volta il 12 febbraio 1924 a New York – nell’interpretazione di Alexander Malofeev: pianista classe 2001, giovane interprete alla tastiera salito alla ribalta internazionale nel 2014, ottenendo a soli tredici anni il Primo Premio al Concorso Čajkovskij per Giovani Musicisti. Ad oggi è uno dei più famosi pianisti della sua generazione.

Il programma proseguirà con alcuni brani di impatto spettacolare. Di Giuseppe Verdi, la marcia trionfale, danze e finale del secondo atto di Aida; di Puccini, il finale dell’atto primo della Bohème. Altro brano di sicura presa, verrà eseguito il Bolero di Maurice Ravel, testimonianza dell’influenza pucciniana sul mondo musicale francese. E poi ancora l’impetuosità della Walkürenritt, la Cavalcata delle Valchirie dalla Walküre di Richard Wagner. Il gran finale è ancora una volta con Giacomo Puccini, con tre brani dalla Turandot, la sua ultima partitura, autografa proprio fino all’aria di Liù «Tu che di gel sei cinta». E dopo l’aria del principe Calaf «Nessun dorma», un brano che non ha più bisogno di presentazioni, il finale sarà con «Padre augusto»: la soluzione dell’ultimo enigma dell’opera, e il lieto fine della vicenda, sono affidati alla voce di Turandot, che innesca il fastoso inno conclusivo nel quale l’integrazione firmata da Franco Alfano sprigiona tutte le solennità corali della scrittura pucciniana.

Biografia

Discendente da un'antica famiglia di musicisti, Giacomo Puccini studiò con Carlo Angeloni all'istituto lucchese G. Pacini, poi al Conservatorio di Milano con Bazzini e Amilcare Ponchielli. Ebbe il primo successo teatrale con Le Villi (libretto di F. Fontana), opera-ballo d'indole fantastica e romantica (1ª rappresentazione, Milano 1884). Seguì l'Edgar anch'essa d'indole romantica (Milano 1889).

Il più vivo plauso arrise invece con Manon Lescaut rappresentata a Torino nel 1893, rivelò la personalità artistica di Puccini. E le opere che seguirono, ad eccezione di La Bohème (libretto di G. Giacosa e L. Illica; Torino 1896) e di Madama Butterfly (libretto di G. Giacosa e L. Illica; Milano 1904), accolte dapprima con riserva, ebbero ben presto un esito incontrastato e - tranne La rondine (libretto di G. Adami; Montecarlo 1917) - entrarono rapidamente nel repertorio dei teatri di tutto il mondo.

L'ultima opera, Turandot (libretto di R. Simoni e G. Adami; Milano, 1926), rimasta incompiuta (fu interrotta alla fine della scena della morte di Liù) e portata a termine da Franco Alfano, riscuotendo un grande successo.

Puccini non dimenticò neppure la tradizione dell'Ottocento, e nel segno di un'innata originalità immediatamente comunicativa riuscì a realizzare felicemente, un'opera in musica che, dopo quelle di Verdi e di Wagner, conquistò i teatri del mondo.

Con uguale fortuna egli toccò tutti i generi: dal lirico (Manon Lescaut, La Bohème) al drammatico e al tragico (Tosca, Il tabarro), al mistico (Suor Angelica) e al comico (Gianni Schicchi). Ma le sue corde più intime restano quelle liriche; dell'idillio, della nostalgia, della piccola vita a due, della morte, come quella rappresentata con tanta poesia nel quarto atto de La Bohème. Ma assai curato nei riguardi della parola è stato anche il suo espressivo e personale recitativo melodico.

Giova ricordare che fu proprio la soluzione lirica della scena pucciniana ad espandersi in melodia. E tra le ulteriori opere da ricordare e i relativi librettisti: Tosca (G. Giacosa e L. Illica; Roma, 1900); La Fanciulla del West (G. Civinini e C. Zangarini; New York, 1910); Il tabarro (G. Adami), Suor Angelica (G. Forzano), Gianni Schicchi (G. Forzano), queste ultime tre riunite in un Trittico (New York 1918). E inoltre una Messa (1878-80), un Capriccio sinfonico (1883) e l'Inno a Roma (1919).