In questo angosciante periodo di guerre ed emergenze climatiche ci voleva l’islandese Hoss Hauksson – l’unico produttore di vini islandese al mondo – per farmi tornare il buon umore, permettendomi di guardare al futuro con rinnovata fiducia. Nella sua azienda, piccola ma decisamente all’avanguardia, i suoi filari di uva situati nel Cantone Argovia in Svizzera, sono molto promettenti e non solo per gli appassionati di vino. La visione di Hoss e il suo impegno rappresentano infatti un esempio luminoso per tutti quelli che credono che un rispettoso equilibrio tra l’essere umano e la Natura sia ancora possibile.

Quando hai sentito la chiamata? Quando hai capito che il mondo del vino sarebbe diventato così importante nella tua vita?”

Sono cresciuto in Islanda e sono sempre stato molto interessato alla natura. Caccia e pesca hanno sempre fatto parte della nostra cultura e già dall’età di 9 anni trascorrevo le estati nell’azienda agricola dei miei zii. Credo però che il primo vero seme del mio interesse per il vino sia stato messo in California, durante i miei studi. E’ stato là che ho cominciato a interessarmi al vino, visitando diversi produttori e imparando molto sui diversi metodi e sulle diverse varietà di uva.

Ogni produttore di vino dovrebbe avere la capacità di valorizzare non solo il prodotto finale ma prima ancora capire quale può essere il vitigno ideale per un certo terreno, non ultimo quello che il mercato e il consumatore chiedono. Quali sono le motivazioni che ti spingono nelle tue scelte? Che storie hanno da raccontare i tuoi vini?

I bisogni dei clienti e le richieste del mercato sono sempre state questioni secondarie per me. Sono felice e orgoglioso di fare vino veramente “ in vigna”. Ci sforziamo tantissimo nel cercare di creare una vera bio-diversità nei nostri vigneti, integrando per esempio la presenza di pecore al pascolo durante tutto l’anno con importanti elementi di agro-forestazione. In cantina, infine, il lavoro è ridotto ai minimi termini. Anche là cerchiamo di mettere meno mano possibile, riuscendo ad avere un vino puro, dagli aromi straordinari.

Vuoi dirci qualcosa di più a proposito dei vini che nascono nei vostri vigneti

Abbiamo cominciato la conversione biodinamica nel 2018 e le nostre annate più recenti stanno mostrando gli effetti di questa scelta con acidità più evidente e maggiore espressione del terroir. Il nostro modo di fare vino si è da sempre evoluto ma è ufficialmente dal 2021 in avanti che i tutti i nostri vini sono fatti con fermentazione a grappolo, tecnica che applichiamo sia con i bianchi che con i rossi. Inoltre non facciamo follature meccaniche preferendo operare un primo schiacciamento delle vinacce con i piedi mantenendo lo strato superficiale bagnato con l’aggiunta di piccole quantità di mosto versato gentilmente a mano con l’aiuto di un secchio. Lo scopo è quello di avere una estrazione super morbida in modo da salvare gli aromi più delicati presenti negli acini e nei raspi. Poichè includiamo sempre il 100% dei raspi, i nostri vini tendono ad essere piuttosto erbacei da giovani, trasformando poi col tempo questa caratteristica in straordinarie fragranze floreali. La presenza dei raspi è determinante nel contribuire e mantenere fresco e a lungo il gusto del vino. Produciamo principalmente Pinot Noir. Facciamo 5 differenti varietà di bianco e Blaufrankisch, Malbec e Merlot in piccole quantità.

Chi produce vino al giorno d’oggi deve possedere una coscienza ecologica, deve essere informato sul cambiamento climatico in corso. Come ti senti riguardo a questo tema ?

Purtroppo ancora oggi si tende a considerare l’essere umano separato dalla natura. Tuttavia resta indubbio il fatto che facciamo parte della natura e abbiamo bisogno di un ambiente sano e pulito per vivere. I requisiti richiesti per una produzione bio-dinamica sono un ottimo punto di partenza, ma credo che si debba andare oltre. Penso, per esempio, all’evoluzione della vite, per migliaia di anni è stata parte integrante della foresta, arrampicandosi agli alberi e mettendo le proprie radici tra le innumerevoli specie già pre-esistenti nel terreno. Il paesaggio della viticoltura odierno appare decisamente diverso. Sono fermamente convinto che la vite sarebbe molto più felice e in salute se crescesse in un ambiente agro-forestale, in un sistema insomma che assomigli alla foresta originaria dalla quale proviene. I vini prodotti in un ambiente simile hanno inevitabilmente un sapore diverso, un gusto che trovo delizioso.

Tu vieni da un paese speciale – l’Islanda – una terra dove la natura è predominante e l’essere umano in qualche modo ospite e dove a dispetto della modernità imperante sembra esserci ancora spazio per l’inconoscibile e il magico. In che modo la tua cultura ha influenzato e influenza oggi la tua ricerca in campo vinicolo?

Non devi dimenticare che provengo da una formazione fisico-matematica, grazie a essa posso osservare la realtà da vari punti di vista. Detto ciò sono convinto che la visione del mondo proposta dalla scienza non sia assoluta e soprattutto non sia definitiva. Quando l’umanità credeva nell’esistenza di una Terra piatta il 99% delle persone era convinta che fosse tale. Ma dopo le cose sono cambiate. Oggi crediamo in qualcos’altro. Sono affascinato dalle recenti scoperte riguardo l’esistenza di una coscienza della Terra e sono ottimista perchè presto assisteremo ad un nuovo salto evolutivo. Mi chiedi come tutto questo influenzi il nostro lavoro in vigna... Beh ti voglio ricordare che quando si lavora nella bio-dinamica si includono naturalmente anche elementi non strettamente bio-chimici, diciamo esoterici. Restiamo perciò molto aperti a esperimenti di ogni tipo nei nostri vigneti. Si tratta al momento di esperimenti e sarebbe prematuro parlarne.

Che cosa vorresti dire a un giovane interessato al vino e alla produzione vinicola, magari con il sogno di avere un giorno un vigneto proprio? Quali sono i tuoi consigli? Quale la migliore formazione? Tra tutte le esperienze possibili quale ritieni quella fondamentale?

Certamente lo incoraggerei ponendo però subito una domanda: perché vuoi un vigneto? Perchè vuoi produrre vino? Se il suo focus è concentrato su una natura sana, prodotti sani , insieme alla felicità dei propri collaboratori e dei clienti, direi di cominciare e imparare strada facendo. Si può imparare moltissimo leggendo o semplicemente chiedendo in giro informazioni – non sono a conoscenza di scuole o programmi educativi mirati. Se invece il focus è orientato al fare business e soldi producendo vini convenzionali beh, a quel punto direi di imparare da qualcuno che è già bravo in quello.

A questo punto quali sono I tuoi programmi? E quali I tuoi sogni?

Vigne completamente selvatiche con pecore che brucano sotto I grappoli. E poi alberi da frutta, noccioli , cespugli di bacche, fiori ed erbe aromatiche. Questo mi permetterà di avere il terreno perfetto per creare deliziosi prodotti per i nostri clienti. Il nostro vermouth PètNat è il nostro primo prodotto che va in quella direzione. Non è un caso che sia stato accolto molto bene dal pubblico.

Chi sono stati i tuoi maestri? Quali sono i produttori di vino che più stimi e apprezzi? E quali le zone vinicole che più ami?

Non ho avuto dei veri maestri. Ma sono decisamente un grande fan di Nate Ready a Hiyu e Mimi Casteel at Hope Well, entrambi in Oregon (USA), non meno di Hans-Peter Schmidt e la sua Mythopia, in Svizzera. E’ sempre e solo quel mix di vigna, arbusti, erbe e animali che fa senso per me, piuttosto che il vigneto classico tutto pulito con l’erbetta ben tagliata alla base…

E il vino degli altri? Quali sono i tuoi preferiti?

Tra i vini che sicuramente mi hanno influenzato c’è Les Herbues di Nicolas Faure, che è poi quello che mi ha spinto ad usare tutto il grappolo al 100% e la fantastica produzione di Fred Cossard che mi ha motivato nella ricerca di vini senza aggiunta di solfiti. Conosco inoltre la storia di Josko Gravner e ho avuto il piacere di assaggiare diversi suoi vini. Capisco perché ora sia tornato ad aggiungere solfiti nei suoi vini, mi trovo anch’io ad un bivio al momento. Tutto il vino prodotto nel 2021 e 2022 è stato fatto senza l’aggiunta di solfiti e oggi devo riconoscere che in questo modo abbiamo perduto gran parte del carattere del terroir. Credo, come Josko, che si possa trovare un giusto equilibrio aggiungendo solo minime quantità di solfiti ma preservando l’espressione unica ed irripetibile di ogni terroir.

La scelta bio-dinamica è anche una scelta etica. Anche la tua vita ruota intorno agli stessi princìpi?

Sono stato profondamente ispirato dai testi e dalle conferenze di Steiner sul tema dell’agricoltura, ma ho considerato meno interessanti l’evoluzione delle sue idee dopo la sua scomparsa. Per intenderci trovo vengano enfatizzate le pratiche delle preparazioni da spruzzare sulle piante invece di dare, prima di tutto, importanza alla creazione di un terreno dalla natura complessa e sana. Riconosco le preparazioni quali validi trattamenti da usare in caso di malattia o in presenza di terre sfruttate e impoverite ma il focus dovrebbe essere concentrato verso altro.Se guardi ad un ambiente di natura incontaminata vedrai sempre che la natura ama complessità spesso caotiche alla vista, con animali e piante tutti insieme, mescolati. E questo è ciò che mi ispira e al quale tendo costantemente.