Ogni giorno le analisi sull’impatto economico e sociale dell’AI aggiornano gli elenchi di professioni che scompariranno e dei lavoratori che saranno sostituiti dalle macchine intelligenti. All’uomo toccherà adattarsi ai nuovi imperativi tecnologici e produttivi, oppure perire.
La preoccupazione è fondata. La storia ha dimostrato che alcune tecnologie sono capaci di travolgere ogni argine e rendere vane le resistenze culturali, sociali e politiche. Se una nuova tecnologia promette una più potente capacità d’azione, prima o poi qualcuno (una impresa, una nazione) la utilizzerà per il semplice motivo che il primato gli garantirà un enorme vantaggio competitivo.
Nei prossimi anni assisteremo a quanto già accaduto per l’automobile all’inizio del Novecento. Nel 1883 furono realizzate le prime fabbriche di automobili. Nel 1908, venticinque anni dopo, col Modello T della Ford, l’automobile diventò una delle forze propulsive più importanti del Novecento. Per liberare la propria energia trasformatrice, l’automobile dovette inventare una nuova ecologia economica e sociale: produttori di pneumatici e di batterie, raffinerie, reti di distribuzione del carburante, strade asfaltate, regolamenti stradali, corpi di vigili urbani, città riprogettate, nuove abitudini di consumo, e buona parte del mondo in cui viviamo. Nel frattempo, mise fuori gioco tutto il precedente mondo, a cominciare dal trasporto che ruotava intorno al cavallo.
L’AI sarà il motore generativo di una ecologia economica e sociale ancora più potente, perché l’AI non si limiterà all’automazione di processi o alla elaborazione di dati, ma si spingerà molto più in là, verso una intelligenza generalista dotata della flessibilità e delle capacità creative e di apprendimento proprie degli umani.
La traiettoria di sviluppo della nuova ecologia è imprevedibile perché molte sono le domande a cui non sappiamo dare una risposta. Quanto intelligenti saranno le Entità Artificiali? Ogni giorno gli Artificiali esibiscono nuove sorprendenti capacità, che spostano in avanti il limite di ciò che sanno fare. Fino a qualche tempo fa si credeva che non potessero simulare le emozioni: poi in un qualche laboratorio hanno messo a punto sistemi in grado di riconoscerle e di riprodurle, aprendo lo scenario a macchine empatiche in grado di assistere anziani e disabili.
Qual è il tipo di intelligenza degli Artificiali? Attualmente le Entità Artificiali si danno da fare per imitare gli Umani. Ma poi? Già gli algoritmi giocano in borsa prendendo decisioni secondo criteri che ci sfuggono, essendo in grado di riconoscere tendenze nel flusso dei dati che noi non siamo in grado di vedere. E domani? Che accadrà quando gli algoritmi intelligenti prederanno decisioni sui processi produttivi o sulla nostra vita che non saremo in grado di capire?
Ed infine, una questione decisiva. Le Entità Artificiali sono proprietà di qualcuno, di imprese private o di governi autocratici. Come sono state addestrate? A quali valori e a quali finalità rispondono? Si aprono scenari inquietanti.
Ilya Sutskever, il direttore scientifico di OpenAi, l’azienda che ha progettato ChatGPT, così definisce la portata della sfida: «Penso che una buona analogia per capire che rapporto ci sarà tra l’AGI e l'uomo potrebbe essere il modo in cui gli esseri umani trattano gli animali non è che odiamo gli animali penso che gli esseri umani amino gli animali e provino molto affetto per loro ma quando arriva il momento di costruire un'autostrada tra due città non chiediamo il permesso agli animali lo facciamo semplicemente perché per noi è importante».
Ciò che prospetta Sutskever è uno scenario da brividi: una società in cui l’uomo delegherà alle Entità Artificiali il compito di gestire i processi produttivi, supervisionare i comportamenti, combattere la criminalità, prendere decisioni, risolvere problemi, fare piani per il futuro: insomma, agli Artificiali toccherà governare la complessità di un mondo iperconnesso che gli Umani non riescono né a comprendere né a gestire.
Se vogliamo prestare fede alla previsione di Sutskever, gli Umani cederanno con piacere agli Artificiali il compito gravoso di provvedere alle nostre esigenze materiali in cambio della possibilità di vivere come beoti in una sorta di paradiso terrestre. E alla fine ameremo le macchine intelligenti come i cagnolini il loro padrone. Un paradiso che potrebbe trasformarsi presto in un incubo, come nei migliori romanzi di fantascienza, quando gli Artificiali decideranno di costruire la loro ‘autostrada’ senza chiedere il permesso agli Umani.
Ho la spiacevole sensazione di essere stato vittima di un imbroglio ordito con crudele sadismo da pensatori, filosofi e teologi che hanno fatto di tutto per convincermi che l’uomo è ai vertici del creato, che ha virtù inimitabili, che il linguaggio e l’intelligenza ne fanno un essere speciale. Ora che abbiamo scoperto che linguaggio e intelligenza non sono più una virtù peculiare degli Umani, gli stessi pensatori si affannano a sostenere che gli Umani hanno qualcosa che gli Artificiali non avranno mai. Quel quid propriamente umano, quell’ultimo fortino inespugnabile è la coscienza.
Sono rassegnato. Faccio finta di crederci, ma sotto sotto già sento che la fiducia è solcata da crepe sempre più profonde.