L’argomento di questo articolo sono le previsioni del tempo. Le noiose, banali, spesso errate, previsioni del tempo. L’argomento di conversazione più sbeffeggiato e umiliato del nostro tempo, relegato alle conversazioni di circostanza con il vicino di casa infaustamente incontrato in ascensore la mattina troppo presto, o l’obiettivo della nostra rabbia nel momento in cui un acquazzone fuori stagione si abbatte sui nostri speranzosi abiti primaverili.
L’argomento di questo articolo sono le previsioni del tempo perché l’autrice è fermamente convinta della necessità di una loro riabilitazione. In fondo, prevedere il tempo metereologico è un’attività in cui, come uomini, ci siamo cimentati per millenni, e da cui dipendeva la nostra stessa sopravvivenza, legata alla capacità di saper prevedere inondazioni e periodi di siccità.
Se questo non bastasse, si pensi che ancora oggi fornire previsioni accurate è una sfida complessa. Scienziati e organizzazioni intergovernative, in un poderoso sforzo coordinato, sfidano ogni giorno i limiti imposti dalla natura per cercare di spingere la nostra capacità di fare previsioni sempre un po’ più in là. In un mondo sempre più spesso vittima di eventi metereologici estremi e improvvisi, che siano ondate di calore o grandinate con chicchi di calibro impressionante, questa sfida assume un’importanza ancora maggiore che in passato.
Se volete dare una chance alle previsioni metereologiche, in questo articolo racconteremo cosa vuol dire oggi realizzare previsioni accurate, chi lo fa, con quali mezzi e con quali scopi. La nostra speranza è di accendere un rinnovato interesse verso questa tecnica, a cui tanto dobbiamo.
Il mestiere più antico del mondo
Una delle prime testimonianze scritte sull’arte di prevedere il tempo meteorologico si fa risalire ad Aristotele, che nel trattato Meteorologica condensa la conoscenza meteorologica dell’epoca, probabilmente di derivazione egizia e babilonese, oltre che greca. Si pensa che parallelamente, cinesi e indiani avessero messo a punto delle loro tecniche complementari per prevedere il tempo.
Per lungo tempo le previsioni meteo sono state basate su un’osservazione qualitativa dei fenomeni, come la forma delle nuvole, il colore del cielo e il comportamento degli animali. Spesso queste tecniche sono arrivate fino a noi condensate in proverbi più o meno noti come “una rondine non fa primavera” o il celebre “rosso di sera bel tempo si spera” (seguito dal meno noto “rosso di mattina, mal tempo s’avvicina”). Questo corpo di conoscenze, che per lo più sono poi state smentite da più dettagliate analisi statistiche, prende il nome di meteorognostica, ed è presente più o meno in tutte le culture.
Solo alla fine dell’Ottocento su impulso della Marina Navale Britannica, si inizia ad avere un approccio scientifico alla previsione del tempo. Le prime previsioni meteo compaiono sul Times nel 1861, ma bisognerà aspettare il Novecento perché si inizi a parlare di previsioni basate su modelli matematici, e la metà del secolo scorso, perché questi modelli diventino utilizzati su larga scala, grazie alle capacità computazionali dei computer.
Da allora si è assistito a un costante miglioramento della nostra capacità di predire il meteo. Secondo l’Organizzazione Metereologica Mondiale (World Meteorological Organization, WMO), oggi una predizione a cinque giorni di distanza è accurata come venticinque anni fa lo era una predizione a due giorni di distanza. Ma a cosa dobbiamo un tale impressionante miglioramento? E di quali mezzi disponiamo oggi, che non erano disponibili qualche decennio fa? Sorprendentemente, molte delle risposte a queste domande possiamo trovarle relativamente vicino a casa.
A Bologna si doma il caos
Il Centro Europeo per le Previsioni Meteorologiche a Medio Termine (European Centre for Medium-Range Weather Forecasts, ECMWF) è un’organizzazione indipendente intergovernativa con l’obiettivo di produrre previsioni meteorologiche accurate, monitorare il clima terrestre, condurre ricerche su nuovi metodi di previsione e tenere un archivio dei dati meteorologici. Oggi fornisce le previsioni a 35 Stati, oltre a collaborare con l’Agenzia Spaziale Europea per il progetto Copernicus, l’iniziativa che dal 2001 osserva la Terra fornendo dati preziosi per analizzare e controllare l’impatto del cambiamento climatico in Europa.
Dal 2022 uno dei quartier generali dell’ECMWF si trova a Bologna, ospitato in una vecchia fabbrica di tabacco riadattata. Possiamo immaginarlo come uno snodo cruciale, in cui ogni giorno confluiscono senza sosta flussi di osservazioni rilevate da satelliti e stazioni meteorologiche sparse nel mondo. Questi dati vengono poi immessi in modelli matematici estremamente complessi, che li utilizzano per simulare possibili modi di evolvere del tempo meteorologico. Ed è qui che ci scontriamo con il grande scoglio dell’impresa meteorologica: la caoticità del fenomeno.
Semplificando un po’, in fisica un fenomeno è definito caotico quando a piccole perturbazioni delle condizioni iniziali corrispondono grandi perturbazioni nel fenomeno osservato. Possiamo immaginare cosa succede quando lasciamo cadere un oggetto da una certa posizione e da una posizione molto vicina alla precedente: i punti di arrivo a terra dell’oggetto saranno a loro volta molto vicini. Questo è un esempio di fenomeno non caotico. Al contrario, se immaginiamo di lasciare due oggetti liberi di muoversi in un mare in tempesta, anche se i punti di partenza dei due oggetti sono molto vicini e probabile che dopo poco tempo le loro posizioni saranno molto distanti. Allo stesso tempo risulta difficile prevedere dove si troverà un terzo oggetto che parte da una posizione vicina alle altre due.
Con le previsioni del tempo ci troviamo costantemente in un mare in tempesta. Condizioni simili possono rapidamente sfociare in quadri metereologici diversi, e le misurazioni in un punto del globo possono rapidamente influenzare quelle su un punto molto distante. In fondo, quando si parla di caos si cita sempre “il battito di ali della farfalla che scatena un uragano dall’altra parte del mondo”. Per questo motivo, i modelli utilizzati a Bologna devono tenere conto di migliaia di variabili, e ricostruire il globo terrestre in maniera quanto più dettagliata possibile. Per farlo, suddividono la superficie terrestre in quadratini e l’atmosfera in strati: tanto più fine la suddivisione, tanto più dettagliato il modello, e tanto più costoso fare le simulazioni. A Bologna i quadratini hanno lato 9 km e l’atmosfera è divisa in più di cento strati, ma modelli locali, che ricostruiscono solo determinate regioni della superficie terrestre, arrivano a una risoluzione di 1 km.
Pensando al caos, è facile concludere che due simulazioni, anche partendo dagli stessi dati iniziali, possano dare risultati molto diversi. Per ovviare a questo si utilizzano metodi statistici, che, dopo aver effettuato migliaia e migliaia di simulazioni consentono di estrarre lo scenario più probabile. Ma questo non basta: piccole modifiche al modello potrebbero portare a risultati ancora diversi, per cui si ricorre al cosidetto apprendimento d’insieme (ensemble learning) per mettere insieme le previsioni provenienti da modelli diversi.
Un’altra conseguenza della caoticità è il fatto che esista un limite naturale oltre il quale diventa pressoché impossibile avere predizioni accurate, perché le possibilità diverse che si possono ottenere dalla stessa condizione iniziale, diventano troppo diverse. Si stima che questo limite sia di 15 giorni e, secondo la WMO, con il ritmo di progresso attuale nelle nostre capacità predittive, sarà raggiunto entro il 2050.
Potrete a questo punto immaginare la mole insormontabile di calcoli che vengono costantemente effettuati dai supercomputer collegati al laboratorio di Bologna: un’impresa titanica che si perpetua senza sosta, ventiquattro ore al giorno, i cui risultati forniscono le previsioni per i quindici giorni seguenti a 35 governi nazionali, le cui decisioni in materia di emergenza meteorologica, agricoltura e trasporti, tra le altre, dipenderanno da esse.
Nuove frontiere e nuovi mezzi
Quello di Bologna non è l’unico modo per fare le previsioni del tempo. Data l’importanza del meteo per una varietà di applicazioni oggi si cercano soluzioni sempre nuove a tutti i livelli del processo predittivo.
Ad esempio, ci sono aziende specializzate in previsioni iper-locali, cioè ristrette ad aree geografiche precise e ad un arco di tempo di poche decine di ore. Questo consente di sfornare predizioni piuttosto accurate effettuando una quantità di calcoli significativamente minore di quella necessaria ai modelli globali. Questo consente un aggiornamento più frequente delle predizioni, che compensa in parte la minore informatività.
Un esempio di applicazione di questo tipo di previsione è dato dalle energie rinnovabili in cui è importante conoscere l’andamento dell’esposizione solare o del vento nelle ore seguenti per calcolare la quantità di energia che potrà essere immessa nella rete elettrica. Un altro esempio in cui anche qualche ora di anticipo è sufficiente per rendere una previsione utile è il traffico urbano, in cui un rovescio improvviso può causare rallentamenti significativi.
In altre aree del mondo sono disponibili meno informazioni sull’andamento meteorologico, a causa della scarsità di stazioni per la raccolta dei dati, come accade in gran parte dell’Africa subsahariana. Anche in questi casi piuttosto che cercare di realizzare modelli globali, ha più senso restringersi ad aree locali cercando di sfruttare al meglio le informazioni disponibili. Inoltre, piuttosto che cercare di prevedere a grandi linee l’andamento meteorologico, si cerca di calcolare direttamente l’impatto sulle colture o l’irrigazione, per ottimizzarle al meglio. Questo tipo di analisi prende il nome di weather intelligence.
Ovviamente, alla lista dei metodi sempre più utilizzati non può mancare il grande protagonista dei nostri tempi: l’intelligenza artificiale. Nelle previsioni metereologiche è entrata soprattutto sottoforma di machine learning, cioè quella branca che mette a punto metodi automatici per estrarre (letteralmente “imparare”) motivi ricorrenti da grandi moli di dati. In un sistema caotico, in cui trovare comportamenti ricorrenti è difficile per definizione, queste tecniche hanno dato ottimi risultati, riducendo sensibilmente i tempi di calcolo.
Va però notato un fattore importante: perché il machine learning arrivi a delle conclusioni sensate è necessario che i dati da cui le estrapola siano affidabili e in grande quantità. Come abbiamo visto, questo non è vero per tutte le zone del pianeta, e, in un momento in cui il clima sta globalmente cambiando, anche basarsi sui dati storici non è più un’opzione. Per questo, in generale si pensa che le previsioni del tempo difficilmente arriveranno a fare a meno dei modelli matematici tradizionali e la direzione più promettente sembra una loro integrazione con l’intelligenza artificiale, piuttosto che una loro completa sostituzione.
Uno sforzo globale
Per concludere, torniamo a Bologna e, come in un film, effettuiamo uno zoom indietro. Il laboratorio, parte dell’ECMWF, è solo uno delle sue tre sedi principali, le altre due si trovano a Reading, in UK, e a Bonn, in Germania. Sul suo sito, l’ECMWF dichiara di partecipare a uno sforzo più ampio, quello della WMO. Questa, a cui aderiscono 191 Stati membri, ha come obiettivo la promozione di collaborazioni internazionali in materia di ricerca meteorologica e di applicazione dei suoi risultati, dall’aeronautica all’agricoltura.
Insomma, le previsioni del tempo, le banali, sbeffeggiate, anonime previsioni del tempo, sono parte di uno sforzo globale collettivo, da cui oggi dipende significativamente, e lo farà sempre di più negli anni a venire, la nostra qualità di vita. La nostra speranza è che la prossima volta che penserete ad usare il meteo come argomento di conversazione, lo farete non per la fretta di trovare qualcosa da dire in un momento di silenzio imbarazzante, ma per mostrare ad altri l’incredibile sfida che si cela dietro questo evento quotidiano.