La Cambogia ha 14 milioni di abitanti e una superficie di 181.040 km2 completamente pianeggiante, a eccezione di due piccoli rilievi montuosi. È uno dei Paesi più belli di tutto il sud-est asiatico anche se dal 1970 al 1998 è stato devastato da una lunga guerra civile che ha causato milioni di morti. Attualmente il 90% della sua popolazione vive nelle zone rurali e con una speranza di vita di circa 62 anni: una delle più basse al mondo. Il 50% è costituito da giovani al di sotto dei 18 anni, una percentuale però uguale a quella del tasso di mortalità infantile.
Nel periodo in cui il dittatore sanguinario Pol Pot è stato al potere, dal 1975 al 1979, è scomparso un terzo della popolazione cambogiana. A quei tempi la vita di un uomo valeva meno di una pallottola! Nonostante ciò, tutti i Paesi europei e gli Stati Uniti d’America continuarono a mantenere relazioni diplomatiche con il regime di Pol Pot. Nel 1979 il Vietnam invase la Cambogia, spodestò Pol Pot e controllò il Paese fino al 1982. Dal 1993 la Cambogia è diventato un Paese libero anche se la sua situazione rimane non molto rosea.
La Cambogia ha avuto un passato molto glorioso durante il Regno Khmer e ne sono testimonianza le rovine di Angkor Wat, Siem Reap, i templi di Angkor Thom e il Ta Som, solo per citarne alcuni, ma successivamente, con i siamesi prima, poi con i francesi, poi con i giapponesi e ancora con i francesi, tutto sprofondò nell’abbandono e nella povertà. La Cambogia, dopo essere entrata nel 1999 nel mercato comune asiatico, fatto che avrebbe dovuto rappresentare un’opportunità, è stata coinvolta in un processo di svendita del suo territorio, con un intreccio perverso tra l’élite politica locale (tutta coinvolta con le atrocità del passato) e le multinazionali del legno che ha stravolto tutto il suo ambiente naturale. Intorno al commercio del legno pregiato, quasi tutto illegale e senza controllo, esiste un giro di affari di circa 10 milioni di dollari all’anno.
È vero che in Cambogia esistono ancora molte specie animali, coccodrilli, elefanti, leopardi, tigri, antilopi, bufali, aquile e nibbi, ma non tutti godono di ottima salute. Per esempio molte specie di scimmie sono al 90% in via di estinzione: significa praticamente tutte. Inoltre è assurdo che un animale in via di estinzione sia l’emblema della nazione. Si tratta del rinoceronte di Giava che più comunemente viene chiamato “mucca della giungla”. Il danno più grave in Cambogia, però, è l’indifferenza, sia dell’Occidente sia delle autorità locali, circa l’elevato livello di estinzione degli animali selvatici. La giustificazione, dicono, è che in questo Paese esistono priorità più importanti.
Gli stranieri che visitano la Cambogia amano soffermarsi solo sugli aspetti positivi della sua storia millenaria ma anche queste bellezze architettoniche potrebbero scomparire, come è già successo in passato, insieme alla natura circostante. In ultimo, se la Cambogia dovesse perdere l’ultima “mucca della giungla”, che senso avrebbe sostenere che questo animale sia il suo simbolo? Certo, ciò dovrebbe valere anche per altri Paesi: l’aquila nella bandiera dell’Albania, la gru in quella ugandese e il leone in quella dello Sri Lanka. Il fatto è che, quando sono stati elevati degli animali a simboli nazionali, i tempi erano molto diversi e lontani.
Tornando agli animali selvatici che sopravvivono ancora in Cambogia, ci sono delle iniziative che cercano di salvare il salvabile. A dire il vero esistono diversi organismi governativi e non governativi che controllano lo stato di conservazione della foresta e degli animali. I più importanti sono la Forestry Administration, il Department of Nature Conservation and Protection e la Fauna & Flora International. Insieme danno lavoro a più di mille persone, tra esperti locali e ricercatori stranieri che tutto il giorno perlustrano il territorio, tengono corsi di aggiornamento, studiano sistemi sempre più adeguati di monitoraggio, costruiscono griglie per verificare la distribuzione degli animali nella foresta, inclusa quella delle scimmie, e infine studiano l’impatto della popolazione umana locale sugli animali selvatici e viceversa.
Per quanto concerne le scimmie, per esempio, gli organismi appena menzionati hanno permesso di censire nel territorio cambogiano circa 30.000 Gibboni dal berretto (Hylobates pileatus) e 20.000 Gibboni dalle guance dorate (Nomascus gabriellae). Abbiamo citato queste due specie per il fatto che sono quelle che si trovano maggiormente in pericolo, ma, considerato che l’ultimo censimento si riferisce a più di dieci anni fa, è prevedibile che ora siano molte meno se non praticamente scomparse. Ovviamente in Cambogia vivono altre scimmie, oltre alle due appena citate: il Lori lento (Nycticebus coucang), tre specie di Macaca, il Nemestrino (Macaca nemestrina), il Macaco cinomolgo (Macaca fascicularis) e il Macaco orsino (Macaca speciosa), poi il Langur duca (Pygathrix nemaeus), il Presbite dalla cresta (Trachypithecus cristatus) e il Gibbone col ciuffo (Hylobates concolor).
In Cambogia oltre alle strategie convenzionali per la protezione degli animali selvatici, si sono volute trovare delle vie alternative, per esempio attraverso l’educazione ambientale nei villaggi e nelle scuole, ma tutte le varie iniziative sono fallite, non per cattiva volontà degli addetti ai lavori, ma semplicemente perché, per esempio, per salvare il Nomascus gabriellae, non è possibile fare molto, poiché il suo ambiente naturale è stato completamente distrutto dalla guerra civile.