Inevitabile, parlando di Lampedusa, il riferimento alle rotte dei migranti e alla complessa problematica dell’accoglienza e del governo di un fenomeno di livello mondiale difficile persino da analizzare in modo soddisfacente. Ma l’isola delle Pelagie è anche una sorta di faro, di stazione di studio anche sul fronte altrettanto caldo del cambiamento climatico delle inevitabili e pesanti ripercussioni sulle nostre stesse vite oltreché negli equilibri planetari.
Per una volta volgiamo l’attenzione sul tema del clima e di quello che si può fare per comprendere soprattutto le dinamiche in atto e immaginare, studiare, predisporre ogni tipo di misura praticabile per far fronte a mutamenti sempre più accentuati ed anche essi introllabili.
In questo quadro ha assunto notevole rilievo, poche settimane fa, proprio a Lampedusa ICOS Italy meets in Lampedusa, organizzato dall’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iret) e dall’ENEA. Un evento con il duplice obiettivo di fare il punto sull’infrastruttura europea di ricerca ICOS (Integrated Carbon Observation System), e presentare risultati e prospettive del progetto Potenziamento della Rete di Osservazione ICOS-Italia nel Mediterraneo, finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca (Miur) e avviato nel 2019. All’evento, tenutosi nella sede dell’Area Marina Protetta delle Isole Pelagie, hanno portato il loro contributo anche i Presidenti di Cnr ed ENEA, Maria Chiara Carrozza e Gilberto Dialuce.
Proprio la presidente del Cnr, ha sottolineato in proposito che «il progetto PRO-ICOS_Med aggiunge un tassello importante nella messa a punto di strategie di monitoraggio sempre più efficaci per lo studio del clima e dei cambiamenti in atto, non solo perché ha permesso di potenziare le infrastrutture nazionali, ma anche e soprattutto per le future connessioni con l’infrastruttura di ricerca europea e con le componenti italiane di altre infrastrutture ambientali: ne è un esempio il progetto Italian Integrated Environmental Research Infrastructures System (ITINERIS) finanziato nell’ambito del Pnrr, che ha l’obiettivo di creare sinergie tra i nodi italiani di varie infrastrutture ambientali europee ed amplificarne i risultati scientifici e le ricadute.
D’altro canto, il presidente dell’ENEA ha sottolineato come «osservatori delle rete ICOS come quello di Lampedusa sono fondamentali sia per comprendere come le attività antropiche stiano influenzando negativamente il clima che per calibrare le politiche di contenimento degli effetti del cambiamento climatico». Aggiungendo «l’Osservatorio Climatico ENEA di Lampedusa svolge un ruolo primario nel progetto in quanto è l'unico della rete europea di ICOS a comprendere misure nei tre domini coinvolti nel ciclo del carbonio, vale a dire mare, terra e atmosfera. Le misure atmosferiche che effettuiamo da oltre trent’anni hanno permesso di stabilire che l’ultimo decennio è stato caratterizzato da un tasso di crescita annuale di CO2 ancora maggiore rispetto ai due decenni precedenti. Inoltre, abbiamo rilevato che il metano sta crescendo sempre più rapidamente e questo preoccupa perché il suo potenziale di riscaldamento è superiore rispetto a quello della CO2».
Per comprendere il ruolo di questa infrastruttura ricordiamo che ICOS è una rete di osservazione - si legge in un comunicato sull’evento - distribuita in 16 Paesi, finalizzata a effettuare misure ad alta accuratezza dell’evoluzione della concentrazione dei gas ad effetto serra e dei loro flussi tra atmosfera, oceano e vegetazione. A livello europeo sono più di 500 gli scienziati coinvolti nelle operazioni di monitoraggio dell’ambiente e manutenzione delle diverse stazioni.
La rete italiana si compone attualmente di 19 stazioni che raccolgono misurazioni e dati necessari per comprendere quanto le attività dell’uomo stiano influenzando il clima. Le informazioni elaborate dagli strumenti sono inoltre fondamentali per indirizzare le politiche di mitigazione dei cambiamenti climatici presenti e future.
Nell’ambito dell’infrastruttura si inquadra il progetto PRO-ICOS_Med, ora giunto a conclusione, che ha coinvolto il Cnr in qualità di coordinatore, ENEA e Crea. Il progetto ha portato al potenziamento della rete di osservatori ICOS nelle tre componenti cruciali - atmosfera, ecosistema terreste e mare - con particolare riferimento al potenziamento degli osservatori nel Sud d’Italia.
Scendendo nel concreto, si può dire che l’Osservatorio climatico ENEA di Lampedusa è divenuto l'unico della rete europea di ICOS ad effettuare misure in tutte e tre le componenti indicate; è in via di realizzazione una torre di 100 m per lo studio dei flussi di carbonio, a cura dell’Istituto di metodologie per l’analisi ambientale del Cnr di Potenza (Cnr-Imaa); le stazioni di Capodimonte (Napoli) gestita dall’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Cnr (Cnr-Iret), e quella di Castelporziano, gestita da Crea e Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo (Cnr-Isafom) sono tra i siti ecosistemici urbani e periurbani più attrezzati a livello internazionale.
Inoltre, sono stati sviluppati centri di supporto nazionali (hub) per i tre settori (atmosferico, ecosistemico, marino), oltre a una banca dati centralizzata e a un laboratorio per le analisi isotopiche.
Sono ormai oltre trenta anni che le misure di gas ad effetto serra sono iniziate a Lampedusa. Da allora, era il 1992, ad oggi il contenuto atmosferico di CO2, che va ad incrementare il riscaldamento del pianeta, è aumentato di oltre 60 parti per milione, con una crescita annuale che è arrivata a 2,7 ppm (parti per milione) / anno. I dati più recenti raccolti nell’ambito del Progetto PRO-ICOS-Med mostrano che la parte centrale del Mediterraneo assorbe CO2 dall’atmosfera nei mesi freddi, mentre rilascia CO2 nei periodi più caldi. Fortunatamente, la quantità di CO2 assorbita dall’oceano in inverno è il doppio di quella rilasciata in estate, portando a ridurre l’incremento in atmosfera e a mitigare la perturbazione antropica del clima. La nuova installazione della torre per la misura degli scambi con l’ecosistema terrestre, di cui è prevista la realizzazione, permetterà di capire quanto la vegetazione tipica dell’isola, la macchia mediterranea, contribuisca a limitare l’accumulo di CO2 in atmosfera.
I dati più recenti indicano - sottolineano i risultati del progetto - anche che tra maggio 2022 e marzo 2023 nel Mediterraneo ha avuto luogo una ondata di calore di forte intensità e soprattutto di durata eccezionale, mai registrata negli ultimi 40 anni. Questa ondata di calore ha comportato l’aumento fino a 4 °C delle temperature del mare in alcune aree del bacino. I processi di trasferimento ed accumulo di CO2 nell’oceano e nella vegetazione terrestre dipendono dalla temperatura, e ci si aspetta che alcuni di essi, con il riscaldamento globale, divengano sempre meno efficienti. I dati raccolti, in particolare durante la recente ondata di calore, sono quindi fondamentali per studiare queste relazioni e capire le possibili evoluzioni future del ciclo del carbonio. L’indagine di questi aspetti è in corso.
La coesistenza di queste tre componenti in un unico sito posto al centro del Mediterraneo, lontano da rilevanti sorgenti di emissioni antropiche, quello atmosferico sull’estremità nord-orientale dell’isola, quello marino posto a 3,3 miglia a sud ovest di Lampedusa, e quello dell’ecosistema terrestre presso l’area di rimboschimento situata nella zona occidentale, rende l’Osservatorio di Lampedusa un esempio singolare nel panorama mondiale per quello che riguarda lo studio delle complesse relazioni che regolano il ciclo del carbonio.
L’umanità è immersa nel flusso inarrestabile dei mutamenti dell’ecosistema oltreché aver inciso in modo crescente su di essi con l’attività antropica negli ultimi due secoli all’indomani della rivoluzione industriale e dal secolo scorso in modo incisivo su quasi tutti i gangli del sistema inteso come un delicato equilibrio da preservare e non come è avvenuto da perturbare in modo incosciente e irrazionale. Oggi ci troviamo nella necessità incontrovertibile di rimediare dove possibile ai danni già inferti e soprattutto immaginare dopo decenni di incoscienza una convivenza con un clima irrimediabilmente modificatosi in modo eccentrico. Qualcuno potrà dire che in passato eruzioni, piccole glaciazioni, meteoriti hanno cambiato con i loro effetti il clima terrestre, solo che allora la consapevolezza delle interazioni non c’era o era alle prime armi. Oggi abbiamo tutti gli strumenti per capire dove stiamo andando e reagire senza fatalismo ma con determinazione e saggezza! Ricordando che per le nostre generazioni il pianeta è e resta unico nel cosmo e che la ricerca di nuovi mondi abitabili è ancora avvolta nelle nebbie delle distanze immense e delle difficoltà di conoscenza diretta.