Soriano nel Cimino è un borgo che si trova da un lato a ridosso della selva Cimina, famosa nella storia per la sua impenetrabilità, e dall’altro, sulla cima di una collina che domina interamente la Valle del Tevere, regalando una visuale mozzafiato che arriva fino agli Appennini. La strategica torre di Chia è stata posta dal lato opposto della valle per comunicare in tempo reale con la fortezza di Soriano, che si trova, appunto, in cima alla collina.
Le prime notizie storiche sulla città di Soriano si hanno da Tito Livio, che nella sua Ab Urbe Condita Historia (443 a.C.), racconta che Soriano fu invasa dai Romani, dopo che le milizie, riuscite a penetrare la selva del Cimino, avevano ammirato i suoi campi sottostanti che si espandevano lungo la valle del Tevere. Oltre un millennio più tardi, Soriano faceva parte di quel gruppo di paesi che nel 728 d.C. fu donato al papa dal re Longobardo Liutprado.
Notizie della fortezza, invece, risalgono al XIII secolo, quando il borgo fu costruito intorno alla rocca che già si trovava sulla collina. La famiglia che allora governava Soriano, i Guastapane-Pandolfo, accolse Rosa da Viterbo (colei cui è dedicata la festa di Viterbo) e le diedero asilo politico. Nel 1278, questi furono accusati di eresia e il territorio passò sotto il comando di Orso Orsini, nipote del papa Niccolò III.
Nel XVI secolo, il paese passò sotto la tutela del papa Alessandro Borgia, ma il conte di Vignanello, cercando di impossessarsi del paese, il 7 Novembre del 1489 attaccò e uccise il castellano. I paesani riuscirono a resistere e a catturare il conte responsabile, che fu fatto precipitare dalla rocca. Questo gesto guadagnò al paese il titolo di Fidelitas. Una rievocazione storica ricorda questo evento ogni anno durante la famosa sagra delle castagne, che si svolge nel paese durante le prime due settimane di Ottobre.
Dopo essere passato di mano in mano, nel XVIII secolo, finalmente, Soriano conosce un periodo di calma sotto la famiglia Altemps e, successivamente, sotto la famiglia Chigi-Albani, per poi diventare parte del Regno d’Italia nel 1870. La vita del castello come dimora cessa durante il XIX secolo. Dopo l’Unità di Italia, fu utilizzato come esilio per ospitare le famiglie romane sgradite nella capitale e coloro che si opponevano alla monarchia e al Regno d’Italia. In seguito, divenne un carcere di massima sicurezza, fino agli inizi degli anni Novanta. Questa trasformazione ha completamente snaturato l’interno del castello, che oggi presenta le classiche fattezze di un carcere con numerose celle e cancelli. Tutti i suoi intriganti e misteriosi passaggi segreti sono stati chiusi, la loggia e la balconata sono state murate e se mai ci sono stati degli affreschi, essi sono stati ricoperti (tranne alcuni, visibilmente “restaurati” dai carcerati), e la sua fisionomia alterata per sempre.
Tuttavia, anche questa sua storia è affascinante, e malgrado una visita al castello non comporti la vista di meravigliose opere d’arte o magici giardini, esso rivela un aspetto umano, facendoci percepire il ruolo del castello come vera e propria fortezza e edificio protettivo, piuttosto che di un castello da fiaba con principi e cavalieri erranti, che in ogni caso, non sono mancati.
Al suo interno si possono visitare le celle d’isolamento così come le celle dei privilegiati e le celle comuni. Nella zona riservata alle celle d’isolamento, su una delle porte, si legge la scritta “libertà” incisa con un materiale appuntito nel legno. Chissà quante storie avrebbero da raccontare ancora queste mura… Il viaggio nella Tuscia continua il 26 Febbraio...