Prendersi cura dell’intero ciclo di produzione dei propri capi, cercando di mitigare i maggiori impatti ambientali associati alla manifattura, all’uso e allo smaltimento dei prodotti tessili è l’obiettivo che ha portato alla nascita nel 2020 del brand Skin of Nature, fondato dalla giovane designer Elena Beraldo. Creare pezzi originali e innovativi, nel pieno rispetto del pianeta, ispirati dalla bellezza della natura e della cultura metropolitana, è stata l’idea vincente di Elena, che specializzatasi in Sustainable Fashion, è riuscita a trasformare in lavoro la sua passione innata per il design innovativo.
Sospesa tra l’Italia e l’Hong Kong dove vive e lavora, occupandosi anche di sviluppo sostenibile per piccole e grandi aziende di moda, abbiamo chiesto a Elena di svelarci le caratteristiche che rendono unico il suo brand.
“Guardare la bellezza della natura è il primo passo per purificare la mente”. Perché la natura come fonte di ispirazione?
Con la natura come mia fonte di ispirazione principale, Skin of Nature diventa un foglio bianco, dove posso scrivere ciò che voglio senza dover fare troppa attenzione ai trend passeggeri. Creando Skin of Nature mi avvicino a me stessa, perché in qualche modo mi rappresenta esattamente per come sono. La passione per la natura l’ho avuta fin da bambina. Vivevo all’aperto, collezionavo conchiglie, fiori secchi e pietre, tutto ciò che era piccolo e naturale mi affascinava. Sono sempre stata meravigliata dalle miriadi di combinazioni di colori, forme, textures che la natura offre. Tanti gli artisti che hanno preso ispirazione e nel mio caso si è trasformata in qualcosa da indossare attraverso l’uso delle stampe di fotografie. Prendendone i colori, le linee e le sfumature così come sono, catturate da una lente della macchina fotografica, nella loro rappresentazione più fedele. Indossare la natura diventa un modo per celebrarne la bellezza ogni giorno.
Il vostro è un marchio active–lifestyle: potrebbe spiegarci bene cosa significa?
Active da activewear, abbigliamento volto alla performance, che permette il movimento, una vita attiva, uno stile di vita dinamico. Ma ancora “active” come opposto di “passive”, l’idea di uno stile di vita pro-attivo e attento. Marchio “lifestyle” perchè è uno stile di vita che vogliamo rappresentare, l’essere consapevoli e originali, avere un’indole avventurosa, stare bene con la natura, sentirsi cosmopolita e viaggiatore. Siamo un marchio che nasce con dei valori forti e che vuole coltivare il senso di appartenenza ad una community.
Se le dico sostenibilità e responsabilità?
Let your people go surfing di Y. Chouinard, fondatore di Patagonia tocca questo tema. È un libro fantastico che consiglio a tutti gli imprenditori. Condivido pienamente il suo pensiero che essere responsabili sia più significativo che descriversi sostenibili. La parola responsabilità racchiude la consapevolezza e l’impegno serio per fare meglio. La sostenibilità è un obiettivo importantissimo, che però rimane obiettivo e non dovrebbe diventare aggettivo perchè non è quasi mai veramente raggiunta quando si crea qualcosa di nuovo.
Se ci dovesse descrivere il suo DNA, cosa troveremmo all’interno?
Un amalgamarsi di storie di avventura. Uno spirito un po’ ' selvaggio, curioso ed eclettico. Troveremmo la meraviglia e il rispetto verso tutto ciò che è natura.
Che significa essere specializzata in “Sustainable Fashion”?
Nel 2017, ho seguito un corso alla Sustainable Fashion Academy che è stata la mia prima formazione su come ideare, progettare e realizzare abbigliamento in modo più responsabile. È stato l’inizio di un percorso all’interno di una complessa catena di produzione, che si è fatto sempre più approfondito e concreto attraverso il continuo dialogo e lavoro con i fornitori di tutta la filiera. La vera specializzazione, ovvero l’esperienza e la conoscenza talvolta anche molto tecnica, l’ho acquisita sul campo.
Dopo aver viaggiato tra Vietnam, Cambogia, Corea, come mai ha scelto Hong Kong?
Hong Kong è una meravigliosa metropoli cosmopolita, immersa nella giungla e circondata dal mare. Per me che amo natura e città allo stesso modo è stata la più bella scoperta. Un luogo di cui mi sono letteralmente innamorata e che mi ha permesso di crescere e di vedere un lato del mondo che ha lasciato un forte segno in me. Amavo andare al lavoro tra i grattacieli color pastello e le strade affollate e poi, alla sera, risalire la montagna dietro casa, immergendomi nella giungla tropicale dalla quale vedere la città luccicante più in basso. Lanciare il marchio con una collezione prettamente activewear è stata una scelta anche dettata dal mercato di Hong Kong. Le clienti lì acquistano molto online, sono attente alla performance e hanno una vita molto movimentata, amano l’hiking e lo yoga.
La “wellness culture” è molto avanzata, in modo simile a città come Los Angeles, Vancouver e New York. L’activewear fa parte dello stile quotidiano di tante donne che lo abbinano ad abbigliamento casual ed anche formale. È un mercato ricettivo e non molto saturo; è anche, però, un mercato molto piccolo. La Cina è tutt’altro, e fino ad ora non ho esplorato opportunità lì. L’Italia è un mercato interessantissimo, non così in crescita nel nostro settore come, per esempio, gli Stati Uniti o l’Australia, ma anche meno saturo. Inizia ad esserci attenzione verso temi come la sostenibilità, ma comunque solo se alla base c’è una forte identità stilistica.
Si mescolano in modo più complesso capi activewear con quelli casual e si punta di più su un capospalla tecnico ed una sneaker per rendere il look più sportivo e funzionale. Mi interessa molto vedere come reagirà il pubblico alle proposte sempre più genderless che offriremo nell’outerwear e capire se veramente c’è un interesse verso un'offerta più all’avanguardia rispetto a materiali e progettazioni responsabili.
Passaggi di produzione delle sue collezioni?
Da foto di elementi naturali o animali ricaviamo i pattern per le nostre stampe. Grazie all’ausilio di software 3D i capi vengono disegnati, le stampe posizionate ed i campioni ridotti al minimo. Io sviluppo, insieme ai fornitori, i tessuti realizzati con materiali rigenerati e/o organici e periodicamente ne introduciamo di nuovi. Visito tutti i fornitori coinvolti nella produzione dei nostri materiali, dal filato alla stampa del tessuto e alla confezione. Stabilisco con loro una vera e propria relazione. Mi piace tantissimo andare a vedere i luoghi laddove tutto si crea, amo vedere le macchine e le mani degli esperti all’opera mentre realizzano i nostri capi.
Sappiamo che nel creare il suo marchio è stata fondamentale la conoscenza con il fotografo biologo Alexander Semenov. Come è avvenuto questo incontro?
Un incontro fortuito online, da un post su Facebook ho scoperto della sua esistenza e, meravigliata dalle sue fotografie e dalle creature che studiava, gli ho subito scritto chiedendo se volesse collaborare con me su una linea di abbigliamento sportivo utilizzando le stampe delle sue foto. Lui ne è stato subito entusiasta. Da lì è nata un’amicizia, ci siamo incontrati per la prima volta anni dopo a Bangkok e poi in Indonesia, dove mi ha portata a fare freediving e mi ha raccontato delle sue avventure di esploratore. Ora si trova in Antartide in una spedizione, lo sento spesso e anche attraverso Skin of Nature mi piace condividere le sue straordinarie storie.
Cosa significa essere direttrice creativa di un brand tutto al femminile?
Siamo un team piccolissimo di sole donne, creative e amanti della natura, dello sport e della moda. Siamo amiche, più che colleghe, e condividiamo sempre moltissimo. È un team un po’ nomade, raramente siamo tutte nella stessa città e per questo non è sempre facile unirsi e fare squadra. L’obiettivo è di trovare presto un modo per essere più vicine e che anche il nostro team cresca, perché no, arricchendosi anche di figure maschili.
“Poliestere rigenerato: fa parte della circolarità a livello di cross industries”: potremmo approfondire l’argomento?
Il poliestere rigenerato deriva di solito da due fonti: dal riciclo di capi o tessuti in 100% poliestere, oppure dal riciclo delle bottiglie in PET. Nel primo caso si tratta di circolarità all’interno di uno stesso settore: da tessile a tessile. Il riciclo di abbigliamento per fare altro abbigliamento chiude il circolo per un settore che diventa quindi più “circolare”. Il secondo caso si tratta di circolarità attraverso due industrie differenti: quella delle bottiglie e quella del tessile. A mio parere quello che è fondamentale è che i rifiuti vengano riciclati per diventare qualcos’altro che abbia un utilizzo ed un valore evitando pertanto la creazione di nuovo poliestere vergine.
Da dove arrivano i materiali delle sue collezioni?
Il tessuto tecnico elasticizzato che abbiamo sviluppato è realizzato in Cina in 82% poliestere riciclato dal riciclo di bottiglie in PET. Il tessuto utilizzato per la capsule Different Kind, invece, è realizzato in Corea con un filato all’avanguardia di una azienda italiana, la Fulgar. Si chiama Amni Soul Eco ed è una poliammide dalle straordinarie capacità di biodegradabilità. È completamente riciclabile e, quando alla fine della sua vita utile, si degrada in meno di cinque anni in discarica. Ultimo il tessuto in 100% cotone organico viene dalla Turchia con il quale realizziamo i capi leisure. Per le prossime capsule adotteremo anche altri tessuti naturali come il bambù o il Tencel.
Per i nomi delle sue collezioni a cosa si è ispirata?
Aquatilis deriva dal nome di “Aquatilis Expedition” ovvero il gruppo di ricerca di Alexander Semenov. Different Kind Capsule si chiama così perchè è veramente un prodotto molto innovativo e diverso, utilizza non solo uno tra i primi nylon dall’elevata biodegradabilità, ma anche un sistema di progettazione innovativo KI-72 sviluppato con l’azienda italiana Madex che è basato sul design circolare e la progettazione monomateriale.
Il suo business model?
Distribuzione multi-channel & direct-to-consumer. L’obiettivo nel medio-termine è di essere distribuiti in modo mirato e posizionante in boutique e concept store in Italia e altrove in Europa, ma anche in wellness centre, hotel, ristoranti in qualche modo legati al mondo del benessere, dello sport, della natura. La nostra breve esperienza a Hong Kong ci ha fatto esplorare questi diversi scenari retail che ci permettono di intercettare potenziali clienti anche in luoghi dove non si aspettano di trovarci e dove l’esperienza è unica e la sorpresa diventa spesso l’interruttore che accende l’interesse a scoprire chi siamo.
Il direct-to-consumer attraverso il nostro canale e-commerce dovrà prendere più forza con una user experience facile e veloce ma anche immersiva.
Lanciamo un paio di capsule all’anno e non delle grandi collezioni e credo che sia un modello ormai adottato da tantissimi players dell’abbigliamento, non solo i marchi indipendenti come noi ma anche i grandi brand. È un format che si avvicina anche di più ad una produzione responsabile, le grandi collezioni sono sempre molto più dispendiose in tutti i sensi. Abbiamo un “core” di prodotti più continuativi che andiamo man mano a rinfrescare con l’uscita di nuove stampe; con le capsule o le product-drop arricchiamo il nostro assortimento.
Progetti futuri?
Tantissimi! Vogliamo ingrandire il nostro team con persone che condividano la nostra filosofia. Abbiamo bisogno di una squadra che porti idee e know-how, dallo sviluppo del prodotto e del tessuto, alla customer experience e la strategia digitale. Stiamo lavorando ad una serie di collaborazioni con personaggi ed organizzazioni sia per innovazioni di prodotto che per iniziative speciali. Continueremo a mantenere il nostro impegno in iniziative di tipo sociale o ambientale come lo è il progetto di Watoto Swimming School a Zanzibar per il quale abbiamo disegnato, prodotto e fornito burkini e shorts per i 110 bambini partecipanti ad un corso di nuoto sponsorizzato dalla fondazione Marcelo Burlon e organizzato da Alice Firman e Roberto Ortu.
Assieme ad Alexander Semenov stiamo pensando di realizzare un documentario che parli della vita negli abissi e dell’inquinamento marino. E poi ovviamente ci sono le prossime capsule ispirate a tutt’altro ambiente naturale con le quali allargheremo la nostra offerta e scopriremo un altro ecosistema meraviglioso.
Nel breve-medio termine abbiamo anche l’obiettivo di ottenere la certificazione B-Corp e di includere nelle nostre collezioni nuovi materiali derivanti da scarti della produzione alimentare oppure da funghi. La ricerca sta facendo grandi passi in questi campi e siamo curiosi di poter testare nuove tecnologie!