Guerriera Guerrieri; sembrano nome e cognome da combattimento. Da far nascere quasi il sospetto che possa essersi trattato di pseudonimo, del tipo di quelli adoperati dai Futuristi, che nel nome d’arte racchiudevano quasi un credo e un programma, aggirando spesso una mal sopportata banalità anagrafica toccata in sorte e inadatta ai loro fiammeggianti propositi. Come, tanto per fare qualche esempio, Michele Leskovich e Luigi Colombo, che si ribattezzarono rispettivamente Escodamè e Fillìa, o Orazio Vecchi, che, non sentendosela proprio di affrontare la rivoluzione marinettiana in una condizione onomastica a dir poco arcaicizzante, si fece chiamare e si firmò Luciano Folgore.
Invece no! Si chiamava proprio così. E non si trattò di una trovata fantasiosa o ardita di un padre che, alla nascita di una figlia, a Cortona nel 1902, volle darle un nome ad un tempo assonante col cognome e da eroina risorgimentale. Nulla di tutto questo. Il tranquillo e rispettabile funzionario di banca di Cortona, Guerriero Guerrieri, altro non fece che dare a sua figlia il suo stesso nome. E probabilmente non immaginò che questa figlia, avviata sulla stessa strada di studi della mamma insegnante di lettere, destinata a un futuro di tutta calma e tranquillità, davvero sarebbe diventata donna coraggiosa, tenace e combattiva, in una parola, un’eroina, in perfetta sintonia con la locuzione latina nomen omen: un nome, un destino.
Eroina senza armi, eroina della pace in tempo di guerra a difesa dei beni che le erano stati affidati. Non ardimentosa guerrigliera sempre in movimento contro occupatori sanguinari, come le partigiane sue coetanee; ma altrettanto coraggiosa e ardente, pur ferma e chiusa nei confini di una biblioteca pubblica nazionale, in tempo di guerra in una grande città massacrata da bombardamenti: Napoli. E, come capita quasi sempre a chi ha lavorato tra libri e scaffalature, è stata dimenticata. Ed è stato dimenticato che ha salvato in piena guerra un immenso patrimonio librario tra i più preziosi e antichi al mondo.
In questi terribili tempi di guerra che stiamo vivendo giungono dalla martoriata Ucraina anche notizie di quello che viene fatto, con premurosa e disperata tenacia, per proteggere monumenti, beni culturali e testimonianze del passato dagli attacchi di invasori e dai bombardamenti. È l’azione eroica di difensori dell’arte e della memoria, dei quali non conosciamo, e forse non conosceremo mai, i nomi.
Così è stato di Guerriera Guerrieri, che, lontana dalla sua Cortona, diresse la Biblioteca Nazionale di Napoli dal 1943 al 1967 e si trovò a difenderla prima dagli occupatori tedeschi, poi dagli occupatori americani in cerca di spazi per i loro uffici e le loro milizie. E fronteggiò i disastri bellici provenienti dal mare e il dramma delle bombe piovute dal cielo.
Tre sono le principali testimonianze letterarie di quei terribili anni a Napoli, nel corso dei quali ai disastri della guerra, alla ferocia nazista, all’invadenza degli americani e della multietnica soldatesca che si trascinavano dietro, e ai bombardamenti, si aggiunse una devastante eruzione del Vesuvio. La pelle di Curzio Malaparte, Napoli ’44 di Norman Lewis e Diario di Guerra 1943-1945 di Guerriera Guerrieri: tre diverse testimonianze della guerra e dell’immediato dopoguerra.
La pelle è il celeberrimo romanzo di Curzio Malaparte che racconta a tinte particolarmente cupe e fosche la vita a Napoli in quegli anni, riferendo spesso come dati di cronaca episodi atroci e paradossali di disperazione popolare non sempre credibilissimi. Napoli ’44 di Norman Lewis, definito dal settimanale americano Saturday Review “uno dei dieci libri da salvare sulla seconda guerra mondiale” è quasi un romanzo storico in forma di diario di un ufficiale della British Army dall’8 settembre del ’43 alla fine di ottobre del ’44. Lewis racconta attraverso la sua personale esperienza, la città e i suoi abitanti con i mille espedienti per sopravvivere, con la prosa veloce e coinvolgente di vero e proprio memorialista. Il Diario di guerra 1943-1945 è l’implacabile, analitico, dettagliato resoconto dei fatti salienti di quei terribili momenti, pubblicato molti anni dopo il loro accadimento, nel 1980, anno della sua scomparsa.
“Allorché, sera per sera, stendevo questi appunti – scriveva - non pensavo certo alla loro pubblicazione: era solo un promemoria…Voleva essere, questo scritto, soltanto un modo di ricordare quello che avveniva durante il periodo bellico”. E con l’onestà che la contraddistinse sempre, precisava: “Volevo, direi quasi, giustificare il mio operato presso il Ministero dell’Educazione Nazionale da cui dipendevo”.
La Biblioteca Nazionale di Napoli sorgeva, e sorge ancora – sempre che non venga attuato un recente e folle progetto di trasferirla altrove – nel Palazzo Reale tra i giardini reali e il mare. La vicinanza al mare, in tempo di guerra, era pericolosissima. Il 28 marzo del ‘43 un incendio distrusse la nave da carico Caterina Costa che trasportava armamenti bellici, ormeggiata nel porto. La nave esplose, devastando il molo, le altre imbarcazioni e i palazzi circostanti, causando 600 morti e tremila feriti. Le finestre e gli infissi della biblioteca andarono tutti in frantumi, annullando qualsiasi sistema di chiusura.
Il 4 agosto del ’43 ben ventitré bombe caddero sul Palazzo Reale ed una colpì in pieno la biblioteca. Ma la maggior parte dei libri, e dei più preziosi, erano stati messi in salvo. Erano stati trasferiti, con’ un’operazione davvero biblica, fuori città in conventi, in abbazie, in edifici scolastici della provincia di Napoli e di Caserta.
Ma non era solo il pericolo delle bombe a dover essere affrontato. La Guerrieri dovette fronteggiare prima i tedeschi, poi i mariuoli napoletani, che spinti dalla mancanza di tutto e dalla fame, si introducevano nottetempo attraverso i varchi tra gli infissi scardinati dai movimenti d’aria dei bombardamenti, per rubare tutto ciò che si potesse vendere al mercato nero. Poi dovette far fronte agli alleati angloamericani presenti in biblioteca, mentre si riparavano i danni causati dai bombardamenti, rientravano i volumi sfollati e si ricostruivano le collezioni librarie. Ma l’autorevolezza, la grinta e la tenacia di Guerriera Guerrieri, riuscirono a incutere ai nuovi occupanti il rispetto quasi reverenziale per la sacralità del luogo, pur se in gran parte ancora devastato. Così scrive: “Nel continuo nostro vagare ansioso nelle sale stesse con l’animo sconvolto, noi incontravamo questi uomini d’ogni colore, non li vedevamo davanti agli scaffali con l’avidità del conquistatore, ma sovente con aria ammirata; forse le nostre sale deturpate, ma sempre maestose… forse quella invisibile e pur tanto potente barriera che allontana il dotto dall’uomo comune, li rendeva dei nostri libri rispettosi”.
Una donna di nome Guerriera, insomma, prigioniera, ma regina, di una biblioteca in pericolo, aveva salvato i libri dalle bombe, dal pericolo della follia distruttrice di occupatori ex alleati in ritirata, e dall’invadenza dei successivi occupatori angloamericani, con incrollabile determinazione e con coraggio. Concludeva il suo diario così: “E che la bufera passata non sia che un ricordo amaro, quale di ammalato che torna alla vita e questa più apprezza e più sollecitamente tutela”.
Noi aspettiamo con ansia e trepidazione che finisca la bufera che sta attraversando l’Ucraina e siamo vicini con il pensiero, con la solidarietà e, perché no, col cuore, anche a quelli che stanno cercando di difendere e salvare il loro patrimonio artistico e culturale. E a bufera passata – speriamo quanto prima – ci aspettiamo di conoscerli, i nomi e i cognomi di coloro che questa battaglia senza armi e silenziosa stanno ingaggiando, per non dimenticarli, come è accaduto, anche a noi napoletani, con Guerriera Guerrieri. Per noi sarebbe oggi doveroso – non è mai troppo tardi - intitolare la Biblioteca Nazionale di Napoli a Guerriera Guerrieri, perché se c’è ancora, e nella sua integrità, è grazie a lei.