Che noi siamo il frutto delle generazioni passate, del loro vissuto e del loro ingegno, siamo tutti d’accordo. È attraverso la memoria storica che poniamo le basi per il futuro. Futuro che risulterebbe sterile se non poggiasse saldamente su quello che siamo stati.
Un piccolo preambolo per raccontarvi una bella esperienza che ho vissuto nel Parco Archeologico di Cava d’Ispica, a pochi chilometri da una delle massime espressioni del Barocco siciliano, Modica.
Modica è famosa nel mondo non solo per le sue architetture barocche, anche il cioccolato che esce dai laboratori è unico nel suo genere e non dimentichiamo che la città ha dato i natali a Salvatore Quasimodo, poeta ed esponente di rilievo dell’Ermetismo italiano. Sono i suoi dintorni però che fanno della zona un polo turistico a tutto tondo, dove si respira una storia antica, dove si saziano gli occhi e il palato.
Cava d’Ispica è una vallata fluviale di 13 chilometri che taglia l’altipiano ibleo. Tra la città di Modica e Ispica. La vallata, immersa nella tipica macchia mediterranea, custodisce necropoli preistoriche, catacombe cristiane, eremi monastici e nuclei abitativi, tutto scavato nella roccia calcarea delle pareti a strapiombo. Le numerose testimonianze attestano la presenza dell’uomo nella valle, dalla preistoria fino al terremoto del 1693.
Ha origine proprio in questo periodo il luogo magico che ho visitato: un mulino ad acqua. Il mulino, di proprietà della famiglia Cerruto da generazioni, è sempre in funzione e rappresenta un classico esempio di mulino arabo, dove la ruota è posizionata in orizzontale e viene mossa dall’acqua per caduta. La sala della macina rappresenta certo un punto cardine nel percorso guidato, la sua vecchia pietra ancora dona farine di ottima qualità. Credo però che la parte più interessante sia quella che orbita intorno alla vita del mugnaio: il museo in grotta. Museo ricreato negli ambienti originali dove scorreva la vita quotidiana del mugnaio e della sua famiglia.
Il mulino, infatti, è incastonato in una rupe dove sono state scavate grotte e corridoi che servivano anticamente per il lavoro e la sussistenza del mulino stesso, ma anche come abitazione privata. Si trovano stanze adibite alla tessitura, allo stoccaggio di attrezzi e derrate alimentari. La grotta più grande accoglieva un piccolo focolare, il letto e gli oggetti di vita del mugnaio mentre, più in basso, la lavanderia e le stalle.
Inusuale per l’epoca che, quasi tutti gli ambienti, usufruivano dell’acqua corrente attraverso canali scavati nella roccia, la stessa acqua che faceva e fa girare tutt’ora la ruota e la macina.
A me piace molto quando tutto intorno respira di passato. Qui niente è lasciato al caso, tutto è originale, dagli strumenti da lavoro agli oggetti di casa. Persino alla ruota del mulino viene fatta manutenzione con gli strumenti dell’epoca. Unico richiamo alla modernità è la pompa che mette l’acqua nel circuito del mulino, il canale originale purtroppo non è più attivo.
La macina in pietra continua a girare, donando farine di grande qualità. Ogni gesto del mugnaio è lento, preciso, quasi amorevole. Si percepisce la simbiosi perfetta tra l’uomo, il mulino e l’acqua, una dimensione sospesa dove nessuno potrebbe esprimersi senza gli altri due elementi. Un equilibrio che ha portato fino ai giorni nostri una storia antica, storia di fatica e di conoscenza, dove l’uomo è in piena armonia con la natura e il territorio.